“Esiste la destra, esiste la sinistra, perché non deve esistere il centro?”. E’ questo l’interrogativo da cui prende le mosse Clemente Mastella, questa mattina a Roma per presentare la sua nuova creatura politica. ‘Noi di Centro’ nasce al Teatro Brancaccio in una sala gremita.
Merito delle truppe mastellate, alle quali va il primo ringraziamento dell’ex Guardasigilli ma anche della “partecipazione spontanea, c’è gente venuta da Trieste come dalla Sicilia”. Tra i volti noti della politica, Mastella saluta Quagliariello e Rosato. “Altri verranno” – assicura. Ma non Calenda. “Lui ci snobba? Non ci interessa. Soffre di un evidente complesso di inferiorità nei miei confronti, forse perché ero già parlamentare quando lui doveva sbrigare le raccomandazioni al Cis di Nola. Ora si comporta da pariolino presuntuoso. E perché poi? Perché è arrivato terzo, neanche secondo, alle amministrative di Roma”.
Calenda escluso, dunque. Per tutti gli altri centristi, invece, l’appello è a fare squadra, “Non ci illudiamo, noi da soli non ce la facciamo. Dobbiamo unire quanti si riconoscono nei valori centristi”. Per fare cosa? L’approdo, per Mastella, non può che essere una “Margherita 2.0”, una forza “che ha il potenziale elettorale del 10/12%” e disponibile ad allearsi con una delle altre coalizioni: “Quale? Lo vedremo, ma sceglieremo noi, non saremo scelti”.
Il sindaco di Benevento, preceduto nel suo intervento dal solo Giorgio Merlo, parla per poco più di mezz’ora. Tante le citazioni, la prima ricorda il ritorno in video di Enzo Tortora – “siamo di nuovo qua” – l’ultima la Torino Liberale di Gobetti: “Tutto dobbiamo fare da noi”. Nel mezzo, nessuna nostalgia di ciò che è stato – “la Dc è storia passata e chiusa” – e un giudizio impietoso sulla politica attuale che “vediamo in maniera sbalordita soccombente rispetto a quello che sarebbe il suo compito”.
Quanto ai contenuti, spazio a un europeismo concreto e “non quello barocco e fintamente progressista che si mette a discutere del nostro Natale”, ai rapporti tra politica e magistratura, all’attenzione per le fasce più deboli della popolazione.