Il Comando Provinciale dei Carabinieri di Salerno ha eseguito un’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Salerno su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Il provvedimento ha disposto la custodia cautelare in carcere per 13 persone e gli arresti domiciliari per altre 8 persone.
Nei confronti dei soggetti arrestati sono ipotizzati i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi comuni da sparo e da guerra, violenza privata e illecita concorrenza con minaccia o violenza, commessi nel periodo compreso tra il 2014 e il 2019.
Al contempo, sono stati eseguiti Decreti di perquisizione personale e locale, e notificate contestuali informazioni di garanzia, a carico di 11 indagati in stato di libertà.
L’operazione si è svolta prevalentemente tra Scafati e i comuni limitrofi della provincia di Napoli. Nei confronti di alcuni dei soggetti interessati, la misura detentiva è stata eseguita presso gli istituti penitenziari in cui essi erano già ristretti per altre cause. Il provvedimento cautelare si basa su gravi indizi di colpevolezza acquisiti dai Carabinieri di Nocera Inferiore, nell’ambito di un procedimento penale avviato a partire dalla metà del 2017 in seguito a una serie di danneggiamenti ai danni di attività commerciali e atti minatori verificatisi a Scafati.
Gli elementi acquisiti configurano l’esistenza di un’organizzazione di tipo mafioso, denominata clan Buonocore/Matrone, operativa a Scafati di cui è stato ritenuto organizzatore, promotore e capo il 47enne Giuseppe Buonocore, genero dello storico boss scafatese Francesco Matrone, detto “Franchino ‘a belva”, attualmente ristretto al regime di 41 bis dell’Ordinamento penitenziario.
Il Buonocore, sin dalla scarcerazione, avrebbe pianificato e attuato, sotto la propria direzione strategica e operativa, la riorganizzazione di un sodalizio teso ad acquisire il controllo criminale del territorio scafatese e la gestione di affari illeciti. L’indagato, a tal fine, si sarebbe avvalso di parte della preesistente struttura del Clan Matrone e dei consolidati rapporti criminali con soggetti contigui o alleati col suocero. Primo fra tutto il 61enne Ferdinando Cirillo, il quale, in ragione dell’autorevolezza vantata negli ambienti criminali, si ritiene abbia costituito un solido ausilio in termini di consulenza, mediazione e rapporto strategico.
Tra i principali interesse associativi attribuiti al gruppo criminale si evidenziano il traffico di armi, il controllo del settore delle slot machine e l’attività estorsiva ai danni di operatori economici del comprensorio, consistita nella riscossione di pagamento in contanti e nell’imposizione a fini di lucro di forniture e servizi, in primi la collocazione di macchine da gioco presso bar ed esercizi di ristorazione. Nell’iniziale fase espansiva, la concorrenza dell’accaparramento delle fonti di lucro nei settori economici di interesse è stato terreno di scontro tra il gruppo criminale facente capo al Buonocore e le preesistenti formazioni già operanti nell’area, il locale clan Loreto/Ridosso e il clan stabiese dei Cesarano. Scontro che si è sviluppato in reciproci attentati, uno dei quali (spari all’indirizzo della casa di Giuseppe Buonocore) mai denunciato ma oggetto di acquisizioni nel corso di intercettazioni ambientali eseguite successivamente. L’iniziale conflittualità subiva un sostanziale affievolimento e le risultanze delle indagini hanno consentito di ricondurre all’evoluzione degli assetti di vertice in seno al clan Cesarano, con la reggenza assunta da Vincenzo Cesarano, cugino dello storico capoclan Ferdinando Cesarano e all’applicazione di misure cautelari per estorsione di figure apicali quali Luigi De Martino, Giovanni Cesarano e Raffaele Belviso.
L’impianto d’accusa ha tra i pilastri fondamentali le dichiarazioni accusatorie di quasi tutte le vittime di estorsione le quali hanno denunciato, o almeno in parte ammesso, le condotte degli indagati. In un caso hanno consentito di fare luce su analoghe attività criminose poste in essere in anni precedenti dal clan Loreto/Ridosso.
Tra le imputazioni ascritte figurano: 6 estorsioni tentate o consumate riconducibili al clan Cesarano tra Scafati, Castellammare di Stabia e Pompei; 12 estorsioni tentate o consumate riconducibili al clan Buonocore/Matrone a Scafati; 3 estorsioni poste in essere dal clan Loreto/Ridosso a Scafati.