Ai confini con l’Umbria, alle pendici del Monte Lacerone, San Francesco individuò un borgo immerso nei boschi e una grotta, simile a quella della Terra Santa, chiamato Greccio dove rievocò la Natività. Il primo presepe fu il suo dopo essere ritornato dalla Terra Santa. In questo primo allestimento presepiale, la Vergine Maria, San Giuseppe e Gesù Bambino, non erano presenti, mentre l’asino e il bue sì; e sopra quella mangiatoia Francesco organizzò un altare portatile per celebrare la Messa.
Secondo la tradizione del tempo i presepi erano animati, fu il pontefice francescano Niccolò IV che per primo fece richiesta a tale Adolfo di Cambio della prima rappresentazione della Natività inanimata.
Nel tempo il Presepe è stato adattato alle varie epoche e ai differenti luoghi arricchendosi di personaggi che popolano il paesaggio che si espande intorno alla scena principale rappresentata dalla grotta dove il Salvatore è nato.
Nel libro “Il vero presepe” di Luisella Scrosati che ha curato i testi e Marina Lonati Colombo che ha selezionato le illustrazioni, è possibile scoprire il reale significato spirituale, teologico e storico di ogni figura presente nella Natività nella quale si riconosce che Dio si è fatto Bambino.
La grotta è il simbolo dell’utero materno che rimanda alla fecondità della Terra e a quella umana, e nel presepe indica Gesù Cristo considerato la più grande fecondità che la Terra abbia mai avuto.
L’acqua che scorre dalla sorgente, la sola che può dare vita e verso la quale è rivolto il desiderio dell’uomo, rappresenta la salvezza; il fuoco, quello della Misericordia divina che purifica e allontana il fuoco dell’Inferno, accanto al Bambino appena nato richiama il roveto ardente che non si consuma mai e simboleggia la natura divina che arde in quella umana senza distruggerla.
Il pozzo è il luogo presso il quale nella Bibbia si sanciscono amicizie, fidanzamenti e matrimoni; è il collegamento tra il sotto e il sopra, il basso e l’alto che collega i tre elementi della creazione: l’acqua, la terra e l’aria; rappresenta Gesù che avendo natura umana e divina incarna il Cristo inteso come ponte tra Dio e gli uomini.
Il castello di Erode allude alla prepotenza del potere che si associa al male che tenta di perturbare e distruggere, ma si scontra con i piani di Dio.
Le pecorelle sono gli uomini vicini e lontani che il Buon Pastore desidera radunare in un unico gregge; la capra e l’agnello ricordano il sacrificio di Cristo; il cane simboleggia i sacerdoti che hanno il compito di proteggere il gregge dei fedeli; il gallo che canta anticipa l’arrivo della Luce vera; la chioccia con i pulcini rammenta la premura materna di Dio.
I personaggi del presepe intenti ad esercitare il proprio mestiere sono coloro che vivono nella fatica e traggono forza e capacità dal Dio fatto uomo che benedice il loro lavoro; tra questi alcuni figuranti risultano ingannevoli: l’oste che promette una falsa consolazione e una temporanea felicità, la prostituta simbolo della seduzione del mondo che tenta il cuore dell’uomo, allontanandolo dall’amore di Dio fino a spingerlo all’idolatria.
C’è poi il pastore Meraviglia che nel bimbo appena nato contempla il mistero di Dio resosi uomo, e il pastore Benino che giace abbandonato nell’erba e accoglie nel sonno la rivelazione divina.
La mangiatoia a Betlemme (la città del pane in ebraico e la citta della carne in arabo) ricorda che il pane per diventare tale prevede che i chicchi di grano vengano frantumati, impastati e poi cotti nel forno a testimonianza che la morte dà la vita, e il Bambino nella grotta è la massima espressione dell’offerta sacrificale della propria carne che conduce successivamente alla vita.
Il bue rimanda ai giudei e l’asinello ai pagani, intendendo che tutti in una visione universalistica sono destinati alla salvezza, mentre gli angeli riferiscono della riconciliazione attuata da Cristo che conferisce nuovamente agli uomini il riconoscimento per essere concittadini degli spiriti celesti.
Il Natale è l’evento che a mezzanotte di ogni anno, segna la storia umana e la divide in prima e dopo la nascita di Cristo che implica il riconoscimento di Dio per amarlo o il suo rifiuto che si attua nell’ignorarlo.
Nel testo della Scrosati particolare attenzione è dedicata all’Epifania, alla corona dell’Avvento e all’albero di Natale.
Fu San Bonifacio nel 724 a superare il culto pagano introducendo l’umile abete al posto della quercia imponente e superba, proponendo offerte di amore e di bontà, simboleggiate dalle candele sui rami dell’albero, in sostituzione dei sacrifici umani.
Le luci sui nostri alberi sono il segno per aver riconosciuto il Signore della vita.