Deve essere rigettata anche la richiesta di riduzione della sanzione, posto che le condotte accertate a carico del Presidente e della Società calcistica sono gravi; addirittura la predisposizione di falsa documentazione finalizzata all’ottenimento di un sussidio pubblico potrebbe integrare fattispecie penalmente rilevanti così da determinare la Procura Federale ad esercitare i poteri riconosciuti dall’art. 49 C.G.S. CONI (“Il Procuratore federale, se durante le indagini prende notizia di fatti rilevanti anche per l’Ufficio del Pubblico Ministero, trasmette senza indugio copia degli atti al Presidente federale affinché questi informi l’Autorità giudiziaria competente “).
Rischia di avere rilevanza penale la vicenda Cura Italia per Paolo Maiorino. Di seguito l’intera sentenza della Corte Federale d’Appello, che respinge i reclami su ammenda e squalifica di due anni per il patron appesantendone persino la posizione. Relatore nell’udienza, tenutasi in videoconferenza il 13 dicembre 2021, il Cons. Francesca Morelli e uditi, per i reclamanti, l’avv. Eduardo Chiacchio e, per la Procura federale, la Dott.ssa Serenella Rossano.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue. RITENUTO IN FATTO
Il presidente Maiorino e la società calcistica sono stati deferiti per violazione dell’art. 4, comma 1, C.G.S. e dell’art. 33 del regolamento settore tecnico FIGC:
a) per non avere provveduto al tesseramento del sig. Emilio Pesce, consentendogli comunque di svolgere l’attività di preparatore
atletico della squadra juniores per la stagione 2020-2021, attività per la quale gli era versata una retribuzione in assenza di accordo economico;
b) per avere predisposto quietanze fittizie a beneficio di alcuni giocatori, relative a inesistenti rimborsi spese per il mese di ottobre
2020, allo scopo di consentire a tali giocatori di presentare la domanda per la concessione del contributo previsto dal decreto “Cura
Italia”, pari a 800 euro per i mesi di novembre e dicembre 2020 e pari a 400 euro per i mesi da gennaio a marzo 2021, chiedendo
altresì ai giocatori percettori di tale contributo il ristorno a favore della società calcistica di un contributo pari a 300 euro.
La società calcistica è stata chiamata a rispondere di tali addebiti a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art.6, comma 1,
C.G.S. per il comportamento del Presidente Maiorino, e a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 6, comma 2, C.G.S.,
per la condotta dei tesserati.
Il reclamo proposto nell’interesse della società sportiva contesta la decisione del Tribunale Federale laddove si sostiene non esservi
prova di una autonomia decisionale, organizzativa e tecnica del settore giovanile, mentre, a dire del difensore, il mancato
tesseramento del sig. Pesce sarebbe imputabile esclusivamente al sig. Gerardo Torre, responsabile di quel settore.
In tal senso, il ricorrente sottolinea come lo stesso Pesce avesse dichiarato di avere intrattenuto rapporti esclusivamente con Torre
ed oltretutto come, nell’anno 2019/2020, la ASD Nocerina calcio non avesse alcuna squadra di allievi regionali.
Si sottolinea altresì che le indagini svolte dalla Procura Federale avevano evidenziato la piena autonomia gestionale, organizzativa, tecnica ed economica del settore giovanile diretto dal Torre, settore al quale la Nocerina Calcio non destinava neppure ricorse economiche. Si conclude, sul punto, sostenendo che né il Presidente Maiorino né la società erano o potevano essere al corrente del mancato adempimento dell’obbligo di tesserare il sig. Pesce, sicché andrebbe esclusa la responsabilità diretta della società, con
riqualificazione degli addebiti ai sensi dell’art. 6, comma 2, C.G.S. per responsabilità oggettiva per fatti commessi dai tesserati.
Con riferimento agli altri addebiti, relativi alla emissione di quietanze false destinate a fare ottenere ad alcuni giocatori il contributo previsto dal decreto “Cura Italia” che, una volta percepito, sarebbe stato in parte stornato in favore della societàcalcistica, il ricorrente deduce: la mancata formulazione da parte della Procura Federale dell’istanza di verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c. , in sede di giudizio innanzi al Tribunale Federale; il mancato accoglimento di tale mezzo istruttorio su iniziativa di parte
reclamante; il mancato esperimento della prova testimoniale.
Si sottolinea, a tale proposito, che il Presidente Maiorino aveva disconosciuto l’autenticità delle sottoscrizioni, apparentemente a lui riconducibili, apposte in calce alle quietanze indicate nel capo di incolpazione.
Nonostante il rituale e tempestivo disconoscimento di tali sottoscrizioni la Procura Federale non aveva mai formulato istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c. così incorrendo nella decadenza da tale facoltà e nell’impossibilità di valersi di tali documenti come mezzo di prova.
L’inutilizzabilità delle quietanze renderebbe, a dire del ricorrente, l’accusa del tutto priva di fondamento.
In via subordinata si reitera l’istanza, già formulata innanzi al Tribunale, di effettuare una perizia grafologica per accertare la provenienza delle sottoscrizioni in calce alle quietanze, e di procedere all’audizione del teste Pepe Aniello, che dovrebbe riferire circa la redazione e la compilazione delle quietanze.
Afferma, infine, il ricorrente, che l’intera attività illecita, compresa la richiesta di storno in favore della società di parte delcontributo fraudolentemente ottenuto dai calciatori, sarebbe stata organizzata ed attuata, in piena autonomia, dal sig. Torre, unico responsabile del settore giovanile.
Anche in questo caso si chiede quindi che venga esclusa la responsabilità diretta della società, con riqualificazione degli addebiti aisensi dell’art.6, co.2, CGS per responsabilità oggettiva per fatti commessi dai tesserati.
In subordine si rileva come, a tutto concedere, la responsabilità del Presidente Maiorino sia configurabile non già in qualità di ideatore o fautore del progetto illecito ma nei limiti della culpa in eligendo o in vigilando , con conseguente richiesta di riduzione del trattamento sanzionatorio.
La decisione impugnata, con riguardo alla responsabilità del Presidente Maiorino per il mancato tesseramento del sig. Pesce, ha ritenuto provato che costui avesse svolto l’attività di preparatore atletico senza essere tesserato e percependo un compenso “ in nero” – a nulla rilevando che tale attività fosse svolta in favore degli allievi o degli juniores – e che, stando all’art. 33 del regolamento del settore tecnico, se vi è in capo ai tecnici l’onere di chiedere il tesseramento, questo evidentemente postula un accordo con la società, in persona del legale rappresentante, che ha anche l’obbligo di sottoporre il tecnico a visita medica, al fine di accertarne l’idoneità sotto l’aspetto fisico.
Sarebbe quindi del tutto ininfluente l’asserita autonomia decisionale del responsabile del settore giovanile, sig. Torre, posto che tali obblighi (la stipula dell’accordo e la sottoposizione a visita medica) sono posti esplicitamente dalla normativa sopra evidenziata a carico della società e del suo legale rappresentante.
Per quanto riguarda il secondo addebito, quello relativo alla emissione di quietanze fittizie volte a giustificare la richiesta di un sussidio pubblico, poi girato in parte alla società, il Tribunale Federale ha ritenuto irrilevante accertare la riconducibilità delle sottoscrizioni in calce alle quietanze.
Si è infatti sostenuto che vi è prova del fatto che i tesserati non ricevettero alcun rimborso spese da parte della società, che fu il Torre a suggerire loro di utilizzare le false quietanze relative ad inesistenti rimborsi spese al fine di accedere ai benefici previsti dal decreto “Cura Italia”, che tali quietanze erano di per sé insufficienti ad accedere al contributo e dovevano essere accompagnate da una attestazione rilasciata dalla società di appartenenza.
Di conseguenza, il Tribunale Federale ha ritenuto nodale, al fine di riconoscere la responsabilità del Presidente Maiorino, non già la sottoscrizione delle quietanze ma bensì la paternità dell’attestazione, senza la quale il contributo non avrebbe potuto essere erogato. Di qui l’irrilevanza degli accertamenti sulla sottoscrizione delle quietanze (anche data la mancata proposizione di querela di falso in sede civile).
Quanto allo storno, in favore della società, di parte dei contributi statali assegnati ai giocatori, pur risultando che le sollecitazioni in tal senso provenivano dal Torre, il Tribunale Federale ha rilevato come costui abbia dichiarato che tutto avveniva in sintonia con il Presidente Maiorino e che, in ogni modo, non vi è prova della autonomia economico finanziaria del settore giovanile tanto esaltata dalla difesa, posto che non vi era alcun budget di spesa o fondo autonomo messo a disposizione di quel settore dalla società calcistica e che, a quanto risulta dalle deposizioni testimoniali, i contributi sollecitati dal Torre erano necessari per far fronte ai costi
di utilizzo dei campi di allenamento e ad affrontare le trasferte. Peraltro, la consapevolezza, in capo al Maiorino, del fatto che Pesce fosse pagato “in nero” e che i giocatori dovessero versare alla società parte del contributo statale ottenuto grazie alle quietanze fittizie, risulterebbe dalle dichiarazioni dello stesso Pesce, ritenute attendibili dal Tribunale e sostanzialmente non contestate nel ricorso.
In una memoria presentata prima dell’udienza, il difensore dei reclamanti sottolinea che la società calcistica non ha partecipato alCampionato Allievi provinciali dell’anno 2020/2021 poiché, a causa della pandemia da COVID, era stata decretata la sospensione definitiva del Torneo Juniores; da ciò si dovrebbe ricavare l’inesistenza dell’obbligo di tesserare un preparatore atletico della squadra Juniores per la stagione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare – per evidenti ragioni soggettive e oggettive – occorre procedere alla riunione dei reclami.
Il Collegio osserva che la circostanza che il sig. Emilio Pesce avesse svolto attività di preparatore atletico della squadra giovanile della società sportiva ASD Nocerina, pur non essendo tesserato, non è contestata dalla difesa, che fonda i reclami su tre punti:
– i rapporti con Pesce erano stati tenuti esclusivamente dal responsabile del settore giovanile, Torre che, nell’esercizio della piena autonomia che la società gli riconosceva, aveva deciso di valersi della sua collaborazione senza procedere al tesseramento e senza stipulare alcun accordo economico, quindi versando una retribuzione “in nero”;
– nell’anno 2020-2021 il campionato giovanile era stato sospeso a causa della pandemia da Covid, il che priverebbe di rilevanza disciplinare l’impiego del Pesce senza tesseramento e senza accordo retributivo.
La seconda osservazione, a sostegno della quale è stata presentata una memoria con documentazione allegata, è assolutamente priva di rilevanza, posto che la mancata disputa del torneo non smentisce la circostanza, pacificamente risultante dagli atti, che Pesce abbia svolto, di fatto, l’attività di preparatore atletico dietro compenso, verbalmente pattuito, di 250 euro mensili.
Tant’è vero che la decisione del Pesce di presentare l’esposto da cui è nata l’indagine è scaturita proprio dall’irregolare percezione di quella somma. Parimenti vano il tentativo, da parte della difesa, di attribuire la responsabilità dell’accaduto al solo Torre, allegandone una piena autonomia decisionale.
Il Tribunale federale ha correttamente rilevato come tale autonomia sia stata semplicemente allegata e non dimostrata dalla difesa (non vi sono deleghe scritte, non vi è prova di un’autonomia patrimoniale del settore giovanile, nel senso che tale settore non aveva un proprio budget di spesa, non risulta che le dimensioni della società calcistica, nel settore dilettanti, fossero tali da richiedere una articolazione settoriale autonoma).
Da tempo la giurisprudenza civile e penale ha elaborato i criteri che consentono di riconoscere alla delega di funzioni l’effetto di mandare indenne da responsabilità il delegante e, nel caso che ci occupa, tali condizioni, come si è detto, non esistono. Se esiste infatti la possibilità per il superiore di delegare parte dei suoi compiti ad altri soggetti, si tratta tuttavia di un atto sostanzialmente imposto dalla complessità delle strutture aziendali, che renderebbe gravoso onerare un unico soggetto delle diverse funzioni connesse alla posizione di vertice rivestita.
È necessario, altresì, che il delegato possieda i requisiti ed esperienza necessaria per svolgere l’incarico affidato e che vengano a esso attribuiti poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura dell’incarico, oltre all’autonomia di spesa (in tal senso Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019 Rv. 276335; Sez. 3, n. 14352 del 10/01/2018 Rv. 272318; Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 Rv. 261108).
D’altro canto, vale la pena di sottolineare come vi sia una prova positiva della concreta ingerenza del Presidente Maiorino nella gestione del preparatore atletico; la decisione impugnata riporta infatti le dichiarazioni di Pesce secondo cui fu lo stesso Maiorino a subordinare il pagamento di quanto ancora la società gli doveva alla percezione di quel denaro che i giocatori avrebbero dovuto stornare in favore della società dopo avere percepito il sussidio previsto dal decreto “Cura Italia”.
L’attendibilità di tali dichiarazioni non è stata contestata dalla difesa, se non in termini generici ed apodittici, e non risulta smentita da altre risultanze istruttorie, sicché, anche per tale via, si giunge a ritenere provata una responsabilità diretta del Presidente nella vicenda Pesce.
Infine vale la pena sottolineare, in linea con quanto sostenuto dal Tribunale in un punto della motivazione non censurato dalla difesa, che taluni adempimenti – primo fra tutti la stipula dell’accordo economico – facevano necessariamente capo al legale rappresentante della società, il quale, quindi, non poteva ignorare che la persona che svolgeva il ruolo di preparatore atletico degli allievi non aveva né tessera né contratto.
Per quanto riguarda il secondo addebito, la difesa pone l’accento sulla presunta contraffazione delle sottoscrizioni in calce alle quietanze che falsamente attestavano l’esistenza di rimborsi spese in favore dei calciatori, rilasciate per consentire loro di ottenere un sussidio pubblico.
In realtà, la questione relativa alla formazione ed alla sottoscrizione di tali quietanze è già stata ritenuta irrilevante dal Tribunale Federale, che non ha accolto la sollecitazione difensiva – reiterata nei reclami – a disporre accertamenti sul punto, sul semplice presupposto che la responsabilità del Presidente emerge da altre prove.Prima fra la quali la sottoscrizione, da parte del Presidente, delle attestazioni allegate alle quietanze, in cui si dà conto dell’iscrizione della squadra al campionato 2020/2021 e del regolare tesseramento dei richiedenti il sussidio.Pur se il contenuto, in sé, di tali attestazioni non è falso, è evidente che l’essere state rilasciate dal Presidente proprio per essere allegate alle quietanze, queste sì false, che avrebbero consentito ai giocatori di richiedere il sussidio, dimostra il ruolo attivo del reclamante nel meccanismo fraudolento.
Tale conclusione è avvallata dal contenuto delle dichiarazioni di Torre, la cui attendibilità non è stata contestata dalla difesa, secondo cui tutto avveniva “in sintonia” con il Presidente Maiorino, il quale era perfettamente al corrente di ogni circostanza, e di quelle, già richiamate, del Pesce, che pongono il reclamante come parte consapevole ed attiva nella vicenda dell’ottenimento dei contributi con mezzi fraudolenti e delle richieste di storno di parte di essi in favore della società.
A prescindere, quindi, dalla pur condivisibile affermazione secondo cui il disconoscimento di un documento prodotto in giudizio avrebbe dovuto essere proposto attraverso la proposizione di una querela di falso, l’attribuzione della paternità della sottoscrizione in calce alla quietanza è assolutamente irrilevante al fine di determinare la responsabilità del Presidente Maiorino che, come detto, è fondata su altri solidi elementi di prova.
Le osservazioni esposte, dunque, inducono a rigettare le richieste formulate in principalità dai ricorrenti.
Deve essere rigettata anche la richiesta di riduzione della sanzione, posto che le condotte accertate a carico del Presidente e della Società calcistica sono gravi; addirittura la predisposizione di falsa documentazione finalizzata all’ottenimento di un sussidio pubblico potrebbe integrare fattispecie penalmente rilevanti così da determinare la Procura Federale ad esercitare i poteri riconosciuti dall’art. 49 C.G.S. CONI (“Il Procuratore federale, se durante le indagini prende notizia di fatti rilevanti anche per l’Ufficio del Pubblico Ministero, trasmette senza indugio copia degli atti al Presidente federale affinché questi informi l’Autorità giudiziaria competente “).