Ancora oggi, come emerge da ricostruzioni e commenti, Berlusconi è convinto di raccogliere dalla quarta votazione in poi (dove serviranno “solo” 505 voti invece dei due terzi richiesti per le prime tre) quanto gli servirà per coronare il suo sogno: diventare presidente della Repubblica. Telefonate, contatti, colloqui che da Arcore o da Villa Grande a Roma sono in corso da settimane per aggiungere ai teorici 414 voti del centrodestra, quei 100 voti necessari al raggiungimento del quorum. Certo tutto è ancora da vedere, c’è da verificare la fedeltà – data oggi a parole – di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Anche perché, per rendere chiara la sua posizione e cercare di convincere i dubbiosi a votarlo, Berlusconi sta assicurando che con lui, dovesse salire al Colle, non ci sarnno nuove elezioni. Mentre nel caso di elezione di Mario Draghi Forza Italia uscirebbe subito dal governo. Con conseguenti urne. Insomma, come la si voglia leggere (con direzioni di partito annunciate, con vertici di coalizioni previste per dopo la Befana per capire cosa fare per scegliere il successore di Mattarella) Berlusconi rimane per ora il dominus della scena. Una presenza ingombrante, sia per i suoi nemici e detrattori sia – soprattutto – per i suoi alleati. Con questi ultimi che ad oggi non sanno ancora che pesci pigliare. Attendono quindi, tutti però, di capire cosa farà Berlusconi, se andrà fino in fondo o alla fine farà suo malgrado il candidato di bandiera. E per individuare il profilo migliore per la carica e così impedire che l’elezione si risolva in uno scontro tra fazioni, difficilmente controllabile, con un nuovo capo dello Stato contestato e non credibile e con nuove elezioni politiche svolte in un clima pericoloso. In ogni caso l’altro candidato nei fatti al Quirinale, Mario Draghi, dopo l’endorsement nella conferenza stampa di fine anno e tornato nel suo silenzio aspetta di capire cosa accadrà, di vedere quale fine farà l’”autocandidatura” di Berlusconi.
Il 4 gennaio è arrivato. Dopo Natale, dopo Capodanno ecco l’ulteriore data che dovrebbe incominciare a dare un significato alla confusione politica di queste ultime settimane, di questi ultimi mesi: domani il presidente della Camera Roberto Fico stabilirà la data di convocazione del Parlamento in seduta comune per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Una convocazione che dovrebbe cadere tra il 24 e il 25 gennaio, anche perché la settimana precedente – quella che va da lunedì 17 – il Parlamento sarà impegnato nella conversione di alcuni decreti, tra cui quello sul Super Green Pass. Un giorno, quella in cui si annuncia la convocazione delle Camere e dei delegati regionali, prevista dalla Costituzione trenta giorni prima che scada il settennato in corso
Ma politicamente nulla è cambiato rispetto a qualche giorno fa. Mattarella, nel suo discorso di fine anno ha ribadito – anche se circolano ancora oggi ipotesi di un suo prolungamento vista la nuova esplosione di contagi – il suo addio al Quirinale invitando le forze politiche a cercare (più che un nome evidentemente) un profilo super partes, “capace di spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico solo del bene comune”. L’ex Cavaliere Berlusconi ha inviato quasi in concomitanza con il capo dello Stato un messaggio di auguri agli italiani, senza fare però un solo accenno a Mattarella e al settennato che si chiude. Una sorta di contro-discorso di fine anno, quasi a voler lasciare intendere il suo fermo convincimento di essere in grado vincere la corsa al Colle senza volersi presentare, in tutta evidenza, come una candidatura super partes.