Sono in molti tra gli utenti che segnalano la difficoltà di avere la possibilità di una visita domiciliare del proprio medico di base. Abbiamo effettuato alcune verifiche anche in relazione alla pandemia che ha determinato com’è naturale un cambiamento di scelte dei medici . Un articolo del collega giornalista de Il Sole 24 ore speciale Sanità Pietro Verna tiene conto di una sentenza del Consiglio di Stato che interpreta e ribalta una sentenza del TAR Lazio. Così scrive il giornalista: “La visita a domicilio dei pazienti Covid costituisce parte integrante dei compiti del medico di medicina generale, a prescindere dalle funzioni attribuite alle Unità Speciali di Continuità Assistenziali- USCA dall’art. 4 bis del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” ( c.d. decreto “Cura Italia).
Lo impone l’art. 4 , comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza- LEA” secondo cui il Servizio sanitario nazionale (SSN) garantisce, attraverso i propri servizi ed attraverso i medici ed i pediatri convenzionati, la gestione ambulatoriale e domiciliare delle patologie acute e croniche secondo la migliore pratica ed in accordo con il malato, inclusi gli interventi e le azioni di promozione e di tutela globale della salute. Fermo restando l’art. 33 dell’ Accordo nazionale dei medici di medicina generale che prevede «visite domiciliari a scopo preventivo, diagnostico, terapeutico e riabilitativo da parte del che ha in carico il paziente» e l’art. 3 dell’ Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale stipulato il 28 ottobre 2020 che contempla il coinvolgimento di questi ultimi «per l’effettuazione dei tamponi antigenici rapidi o di altro test di sovrapponibile capacità diagnostica».
Con questa motivazione il Consiglio di Stato (sentenza 18 dicembre 2020, n. 8166) ha ribaltato la pronuncia del Tar Lazio che, muovendo dal presupposto che l’art. 4- bis del decreto legge n. 18 del 2020 avrebbe individuato nelle USCA le sole strutture sanitarie preposte alla gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19, aveva dichiarato illegittima l’ordinanza del presidente della Regione Lazio che aveva affidato tale compito anche ai medici di medicina generale («la ratio dell’art. 4 bis DL 18/2020 deve individuarsi nella necessità di non distrarre i medici di base dal proprio compito d’istituto, con attribuzione di compiti del tutto avulsi dal loro ruolo all’interno del SSR»).
Interpretazione che il Consiglio di Stato ha respinto. Lo ha fatto evidenziando che la norma “emergenziale” in narrativa:
-mira ad «alleggerire» i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i medici di continuità assistenziale «dal carico derivante dall’esplosione pandemica, affiancando loro una struttura capace di intervenire a domicilio del paziente, a richiesta dei primi, ove questi, attanagliati […] dalle intuibili limitazioni temporali e fisiche, o anche legate all’indisponibilità temporanea di presidi efficaci, non possano recarsi al domicilio del paziente o ritengano, in scienza e coscienza […] che sia necessaria o preferibile l’intervento della struttura di supporto»;
-non deroga ai LEA, ma ne garantisce la loro effettività «attraverso un supporto straordinario e temporaneo […] destinato ad operare in sinergia e nel rispetto delle competenze e prerogative dei medici di medicina generale e degli altri medici indicati»;
-fa salvo l’assetto organizzativo del SSN perché «se il legislatore non fosse intervenuto nessuno avrebbe dubitato che i medici di medicina generale, in forza del D.P.C.M. 12.1.2017 e dell’Accordo collettivo che ne dà attuazione sul versante della medicina generale, avrebbero avuto l’obbligo di effettuare accessi domiciliari».
Decreto “Cura Italia”- art. 4 bis
“Al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta […] l’attività assistenziale ordinaria, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono […] presso una sede di continuità assistenziale già esistente, una unità speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. […] Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta […] o comunicano all’unità speciale […], a seguito del triage telefonico, il nominativo e
l’indirizzo dei pazienti di cui al comma 1”.
Cercando nel sito dell’istituto superiore di sanità abbiamo trovato questo testo pubblicato che chiarisce quanto previsto dall’accordo tra i medici di base è ipnotico Ministero della Sanità. Ci si permette di ricordare che i medici di base non sono dipendenti delle Asl ma professionisti che svolgono attività in regime di convenzione.
Il medico di base è tenuto a visitare, gratuitamente, a casa tutti i suoi assistiti, quando lo richiedano.
Questo è quanto stabilito dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) (1), il documento che definisce i doveri del medico di base nei confronti dei propri assistiti e del Ministero della Salute. Ci sono, però, dei vincoli che è importante conoscere. Per prima cosa, nell’ACN si legge che dovrebbero chiedere la visita a domicilio solo le persone “non trasferibili”, cioè coloro che hanno difficoltà reali a recarsi in ambulatorio. Considerando che ogni medico di base può avere fino a 1.500 assistiti, per non caricarlo di richieste inappropriate, si dovrebbe sempre valutare se davvero siamo impossibilitati ad andare presso l’ambulatorio. In questo modo, permetteremo al dottore di avere il tempo di visitare a casa chi ne ha davvero bisogno.
In secondo luogo, il medico deve visitare a casa nella giornata gli assistiti che chiedono la visita entro le ore 10.00 del mattino, mentre chi la chiede più tardi sarà visitato entro le ore 12.00 del giorno successivo. Nei casi urgenti, invece, il dottore deve cercare di visitare il paziente il prima possibile. Se il medico fa parte di uno studio associato, è possibile che non sia lui a visitare direttamente, ma un suo collega. Infine, il sabato mattina e nei giorni prefestivi il medico è tenuto a visitare a domicilio solo chi ne fa richiesta entro le ore 10.00 del mattino; dopo questo orario ci si deve rivolgere alla guardia medica (1). Insomma, il nostro medico deve venire a casa a visitarci se ne abbiamo bisogno, ma fino a quando è possibile cerchiamo di andare noi in ambulatorio!