È da diversi anni che si discute e si cerca di dimostrare l’importanza della lettura. Copiosi studi scientifici hanno evidenziato i numerosi effetti benefici procurati dalla lettura di un libro sugli individui.
La lettura stimola la mente, riduce lo stress, migliora le conoscenze, espande il vocabolario, migliora la memoria, rende più forte la capacità analitica del pensiero, migliora il livello di attenzione e di concentrazione, migliora le abilità di scrittura, dona tranquillità. Eppure ancora sono molte le persone che incontrano difficoltà nello scegliere di ritagliarsi dei momenti per immergersi nelle pagine di una storia.
Come persuadére chi non mostra interesse per i libri? Personalmente, non credo che sia opportuno cercare di convincere qualcuno a fare qualcosa per la quale non si nutre interesse.
Leggere è un’esperienza che ciascuno deve volere vivere.
In un mio intervento proprio sulla lettura proposto in una scuola media, ho compreso quanto sia importante evitare di imporne il piacere.
Non avevo e non ho ricette magiche per suscitare la curiosità degli studenti ammaliati da proposte digitali che rispondo ad esigenze di quella che è la Generazione Z, ossia i nati tra il 1996 e il 1980, figli della Generazione X, quella dei nati tra il 1965 e il 1980 e degli ultimi baby boomers.
La caratteristica degli appartenenti alla Generazione Z è l’essere nativi digitali in un contesto globalizzato, abituati a vivere in una social life in cui la fruizione del tempo libero e non solo, segue percorsi nettamente differenti da quelli delle generazioni precedenti.
È evidente che la velocità è l’elemento che contraddistingue lo spazio di questi giovani e conseguentemente alcune attività, come la lettura che impone ritmi meno serrati, risultino meno interessanti.
Quando mi sono trovata di fronte a tutti quei ragazzi che un po’ per forza erano nell’aula ad ascoltarmi, ho pensato di portare loro la mia esperienza di lettrice.
Se il mondo delle parole ha sempre incontrato il mio favore, è anche vero che la lettura è stata una scoperta consapevole da un momento in poi nella mia esistenza, qualcosa che è sbocciata all’improvviso dopo che qualche seme era stato seminato.
Le favole che mi erano state raccontate, con le versioni consumate sul giradischi di un tempo, i riferimenti di qualche insegnante o di un familiare, la solitudine di qualche giornate prive della frenesia del fare, hanno fatto sì che scegliessi un libro a farmi compagnia. Sì, perché le storie dei libri hanno la capacità di riempire quegli spazi vuoti, basta solo provare.
Ai ragazzi un po’ rassegnati per il fatto di dovermi ascoltare, ho raccontato quello che mi capita quando varco l’ingresso di una libreria e ho notato che l’interesse, da parte loro, è aumentato.
Entro senza sapere dove dirigermi, mi lascio sorprendere dai colori, dalla disposizione di tutti quei libri ordinati per argomento, indugio su qualche titolo, proseguo, abito lo spazio con la curiosità di chi non deve cercare necessariamente qualcosa; capita, a volte, che non acquisto nulla e che un libro lo riponga e mi conceda il tempo di sceglierlo per davvero.
Scelgo cosa leggere, sempre, in modo istintivo: classici, contemporanei, qualunque cosa richiami la mia attenzione. Lascio che sia la storia o l’autore a chiamarmi e la magia si ripete sempre: percorro le vicende accompagnata da un entusiasmo che lievita e mi pervade fino all’ultima parola.
A volte, piango, altre sorrido, altre ancora provo un dolce dispiacere nel chiudere un percorso, ma ho sempre voglia di continuare a scovare nuove avventure.
Il segreto? é nel titolo del libro scritto da Susanna Tamaro, ossia “Va dove ti porta il cuore”.