Il 5 febbraio ricorrono due eventi importanti per gli ambientalisti.
Nel 1997 fu emanato il Decreto Ronchi, la legge che porta il nome del Ministro dell’Ambiente, Edoardo “Edo” Ronchi, che presentò la legge che rivoluzionò il sistema di gestione dei rifiuti in Italia, introducendo, per la prima volta, nozioni e azioni che hanno segnato una svolta legislativa importante:
incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio dei rifiuti;
definire una gerarchia di gestione dei rifiuti;
introdurre il concetto di gestione integrata;
incentivare la riduzione della produzione di rifiuti;
risvegliare la coscienza ambientale di cittadini e istituzioni;
incentivare la riduzione dello smaltimento in discarica;
introdurre un sistema di tassazione equo, basato sulla quantità di rifiuti prodotti e sul tipo di attività svolta;
sviluppare sinergie e collaborazioni tra imprese e comuni.
E fu così che l’economia circolare iniziò a muovere i primi passi e iniziarono a nascere aziende, molte presenti sul nostro territorio, che grazie alla green economy prendendo posto sul mercato hanno creato posti di lavoro.
Del fatto però che nei rifiuti si nascondesse un tesoro, materie prime rinnovabili da destinare alla produzione di nuovi beni, più facili da reperire e, soprattutto, più vicine rispetto a quelle da estrarre oltre oceano, lo hanno capito anche le mafie che si sono ben presto inserite nel loro traffico illecito.
Questa infografica del 2011 mostra le rotte che dall’Italia portavano i rifiuti nei Paesi extra europei illegalmente per rifornire le fabbriche dei prodotti che troppo spesso acquistiamo incuranti della loro sostenibilità, intesa quale punto di equilibrio tra aspetti economici, ambientali e sociali del tutto assente in moltissime realtà, come ad esempio, la Cina. Per provarne ad avere un’idea suggerisco la visione del docufilm Plastic Cina (https://cinemambiente.it/movie/su-liao-wang-guo/)
Caccia al tesoro alla quale assistiamo anche per strada, in qualunque regione d’Italia. Ultimamente questo fenomeno si è acuito anche sul nostro territorio e tante sono state le denunce di cittadini indignati e preoccupati per il ritrovamento di bustoni (spesso neri, sic!) aperti il cui contenuto, di tutto di più, è riversato al suolo. Immagino però la pari indignazione degli autori del “reato” che aprendo il sacco esclamino: “ma guarda che roba, buttare tutto questo ben di Dio!”.
Eh, già, se di illecito dobbiamo parlare nel caso di cernita dei rifiuti, dobbiamo dire altrettanto del conferimento del “tutto mischiato”.
E anche qui mi viene da immaginare un pronto avvocato difendere il suo assistito dicendo: “signor Giudice, il calendario della raccolta riporta che il lunedì sera si può conferire “indifferenziato” ed è chiaramente esplicitato dalla Treccani significa non differenziato, pertanto la colpa è dell’Ente Comune che non fornisce informazioni corrette e non il mio cliente che ha seguito alla lettera!”.
Corretto bisognerebbe denominarlo più correttamente “residuo”, cioè ciò che non si può differenziare. Un segnale in più per cittadini pigri che probabilmente redigono attentamente la lista della spesa per poter risparmiare il centesimo, ma ne sprecano tanti non differenziando correttamente e comprando oltre il necessario.
Infatti, ogni anno in Italia vengono sprecate oltre 5 milioni di tonnellate di cibo, circa 85 chilogrammi pro capite, pari al 15,4 % dei consumi alimentari totali con un costo di 12,6 miliardi di euro e oltre 24,5 milioni di tonnellate di carbonio emesse. In Europa lo spreco arriva a 90 milioni di tonnellate, ovvero 180 kg a persona all’anno, ma anche a livello mondiale i numeri sono allarmanti: il 17% del cibo a disposizione dei consumatori si perde o si spreca, con un costo di mille miliardi di dollari l’anno (dati Fao).
Se da un lato si spreca un surplus, o mangiando più del dovuto, ammalandosi di patologie connesse al sovrappeso, in un’altra parte del mondo ci si ammala per deficit nell’alimentazione e anche una uno yogurt scaduto sarebbe un ottimo spuntino.
Altro esempio, questo, di mancanza di sostenibilità e per ricordarcene, nel 2014, il 5 febbraio è riconosciuta come la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che, per la nona edizione, ha come tema centrale “One health, one earth. Stop food waste”.
Possiamo contribuire in tanti modi quotidianamente. Il virus ci ha dimostrato quanto siamo interconnessi e influenzabili l’un con l’altro, immaginate gli effetti mondiali di un contagio positivo in termini di sostenibilità?
I cambiamenti climatici rallenterebbero e gli effetti diminuirebbero e in quel posto dove oggi anche i rifiuti sono un pasto super desiderato, si potrebbe avere la possibilità di coltivare il cibo.
Non è fantascienza.
Cosa possiamo fare nel nostro piccolo di tanto importante?
Nulla di più di quello che oltre venti anni fa Edo Ronchi ci ha chiesto di fare: differenziamo, acquistiamo prodotti composti da materiali riciclabili, riutilizziamo il più possibile, regaliamo ciò che ancora funziona e non ci serve più, acquistiamo solo ciò che ci serve (magari usando buste riutilizzabili!), conserviamo i cibi in modo da prevenire il deperimento.
Se vai al ristorante e ti resta del cibo: portalo a casa. Anche se si tratta di una cena romantica, se non apprezza il tuo spirito ambientalista, non ti merita!
Se hai un’attività commerciale: dedica un comparto alla vendita di materiali ancora buoni da consumare in scadenza ad un prezzo ridotto, oppure dona i prodotti scaduti.
Ho da poco scoperto una app “too good to go” nata per dare valore ai prodotti invenduti e consentire di ridurre gli sprechi. Ho notato che diverse attività commerciali, anche a Nocera Inferiore, hanno aderito.
A breve la proverò e vi dirò che ne penso! A tutti quelli che, arrivati alla fine di questo articolo, stanno pensando di commentarmi ricordandomi che gli sforzi del singolo sono vani se gli Enti non fanno il proprio dovere, rispondo dicendo: ricordiamocene quando votiamo! … Intanto, ciascuno la propria parte!