“La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno”, scriveva Alda Merini.
Ma cos’è la cattiveria? Esiste?
Ciascuno potrebbe dare una risposta ai due quesiti seguendo le coordinate offerte dalla personale esperienza di vita.
Secondo la psicologia, il fatto che l’essere umano sia biologicamente orientato verso la socialità e l’empatia e quindi verso i propri simili, al fine di consolidare il gruppo e assicurare la sopravvivenza della specie non esclude la cattiveria come possibile realtà.
La cattiveria, dunque, esiste e per comprenderne l’origine e spiegarla bisogna introdurre quello che è stato definito il fattore D.
La cattiveria umana è caratterizzata dall’esasperata attenzione che un soggetto ha riguardo al proprio tornaconto personale. È un tratto della personalità che può essere misurato e identificato grazie alle nove caratteristiche del fattore D.
Il desiderio di sminuire, umiliare, controllare e fare del male ai propri simili non sono la struttura portante della cattiveria, secondo Philip Zimbardo, psicologo sociale americano, perché il male può vestire differenti abiti.
Nella storia sono diversi i personaggi considerati “cattivi”, ma la cattiveria è ravvisabile anche nelle persone comuni che abitano il quotidiano.
Il fattore D è il denominatore comune capace di spiegare alcuni atteggiamenti appartenenti alla sfera più oscura della personalità umana, secondo neurologi, psichiatri e psicologi.
Lo psicologo Charles Spierman, più di cento anni fa, individuò un approccio, conosciuto con il nome di teoria bifattoriale secondo la quale in ogni essere umano è presente il “fattore G”, espressione dell’intelligenza generale che comprende tutte le abilità cognitive.
Ogni soggetto che adotta comportamenti intelligenti attiva il “fattore G”. Seguendo questo schema, lo psicologo cognitivo Morten Moshagen dell’Università di Ulm con il suo gruppo di ricerca, ha cercato di stabilire l’esistenza di un fattore comune presente in tutti gli individui in grado di spiegare la cattiveria umana, e questo è il fattore D, definito da 9 caratteristiche oscure.
Dallo studio dei ricercatori è emerso che le 9 caratteristiche sono presenti in misura significativa solo nelle persone che adottano comportamenti malvagi o aggressivi.
Sono state realizzate altre quattro analisi, orientate in questa direzione, che hanno confutato la validità del fattore D.
I 9 tratti distintivi di questo fattore sono: l’egoismo, il machiavellismo; l’assenza di Etica e senso morale; il narcisismo; la superiorità psicologica; la psicopatia; il sadismo; gli interessi sociali e materiali; la malevolenza.
Inoltre, le persone che presentano il fattore D tendono a considerare sempre giustificate tutte le loro azioni.
Fyodor Dostoevski scriveva: “non c’è niente di più facile che condannare un malvagio, niente di più difficile che capirlo”.