Questa mattina, presso la Curia vescovile di Nocera Inferiore, ha avuto luogo il Convegno dal titolo “Curare e prendersi cura, oggi”, in occasione della Giornata diocesana del malato che si celebra il 22 febbraio, dies natalis del Servo di Dio Alfonso Russo, fondatore della Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza.
L’intervento di Fra Massimo Pepe, Responsabile Diocesano per la Pastorale della Salute, insieme a Fra Pietro Anastasio, Segretario per l’evangelizzazione della Provincia religiosa Salernitana – Lucana, e le conclusioni di Monsignore Giuseppe Giudice, Vescovo di Nocera Inferiore – Sarno, hanno consentito di porre l’attenzione sull’importanza del prendersi cura del malato soprattutto in tempi, come il nostro, dove a causa della pandemia l’isolamento dei ricoverati presso le strutture sanitarie di ogni tipo, è risultato spesso impossibile.
San Giovanni Paolo II nel 1992è stato il Pontefice che ha istituto la Giornata Mondiale del Malato con l’intento di accendere i riflettori e aprire alla riflessione sulla sofferenza nella vita umana; e proprio lui ha sperimentato il patimento che la malattia impone, dimostrando che il dolore può essere condiviso e diventare testimonianza di fede.
Sì, la sofferenza spaventa e spinge chicchessìa ad evitarla. Siamo fatti per essere felici e vivere appieno l’esistenza. Ma cosa accade quando ci si imbatte nella malattia e la prospettiva del quotidiano si trasforma in qualcosa di molto difficile da sopportare?
Ci si sente soli e il contatto con l’altro diventa importante, perché è anche nell’assistenza che si manifesta l’essere cristiani e dove non c’è fede, l’essere umani.
L’esperienza mostra che solo nella carità c’è pace, ma anche la Dottrina Cristiana insegna che è nell’apertura al prossimo la misura della carità, dell’essere uomini e donne di fede.
Le domande di alcuni presenti hanno evidenziato proprio quanto rilevante sia la Dottrina e quanto, spesso, si mostri maggiore attenzione all’opera che diventa testimonianza. Quest’ultima si piega all’interpretazione soggettiva e rischia di divenire, sì opera buona, ma priva dei riferimenti dottrinali che contraddistinguono la Fede.
Il dolore è silenzio che si rivela nel mistero dell’esistenza; è la via maestra, come ha ben raccontato una signora nel suo toccante intervento durante l’incontro, per l’accesso all’incomprensibile che diventa comprensibile accettazione, e crescita personale che trasforma e avvicina a quanto di più alto si manifesta nei giorni terreni e svelamento di Verità in quelli ultraterreni.
La pandemia ha sicuramente congelato i gesti d’amore, isolando e separando, mietendo vittime nell’assenza di un contatto che rincuora e culla l’anima. È forse il momento di abbandonare la paura e ritrovarsi uniti.