Soltanto nel 2021 c’è stato un aumento netto rispetto al 2020 del 30% se parliamo di attacchi informatici, questi rivolti a praticamente tutti i fronti possibili del mondo telematico italiano, con due casi tristemente molto noti.
Il primo è sicuramente l’attacco hacker avvenuto ai danni della regione Lazio lo scorso 30 luglio, attacco che ha causa l’interruzione di diversi servizi per un tempo di circa un mese; tra questi servizi c’erano il sistema sanitario online, il servizio per la prenotazione dei vaccini Covid-19 e anche il meccanismo per il rilascio dei green pass.
Come se non bastasse tale attacco ha anche reso inutili per diverse settimane diverse delle macchine utilizzate dagli uffici tecnici dell’organo pubblico, causando disguidi e problemi ramificati e rallentando ancor di più i già non particolarmente snelli cavilli burocratici che infestano il quotidiano di praticamente tutti noi italiani.
L’altro attacco tristemente noto è quello relativo alla SIAE, ovvero alla Società Italiana Autori Editori che regola la retribuzione nel mondo della musica. L’attacco alla SIAE si è risolto con un considerevole furto di dati riservati, di fatto appartenenti a migliaia di artisti diversi che sono stati poi pubblicati in parte sul dark web con tanto di richiesta di riscatto. Il riscatto stesso è stato richiesto in bitcoin ed aveva un valore di tre milioni di euro circa; niente male per qualcosa effettuato utilizzando semplicemente il ransomware Everest.
Entrambi gli attacchi informatici di cui abbiamo parlato poc’anzi sono avvenuti a causa di mancanze tecniche degli operatori delle società o di partecipate a queste società. I cybercriminali, sfruttando la scarsa dimestichezza degli operatori con il mezzo telematico, hanno portato a termine attacchi phishing che si sono poi rivelati terribilmente fruttuosi in termini di dati personali, portando quindi ad attacchi su scala molto più larga.
Il successo di questi attacchi, purtroppo, denota un problema molto presente all’interno della quotidianità italiana: in pochi conoscono la sicurezza informatica e in ancora meno conoscono i metodi di protezione più convenienti dal punto di vista monetario. Solo negli ultimi anni le VPN, complici delle campagne pubblicitarie molto aggressive portate avanti da diverse aziende, hanno sdoganato il termine almeno presso i più giovani.
Una VPN, infatti, può far la differenza tra un attacco andato a termine ed uno fallito grazie alle sue funzionalità. Con il termine VPN si intende infatti una particolare tipologia di servizio che sfrutta in egual modo particolari protocolli di comunicazione e la crittografia per uno scopo comune.
Qual è questo scopo vi chiederete? Quello di rendere anonimo un dispositivo sulla rete, nascondendone tanto l’indirizzo IP quanto i dati ricevuti ed inviati. Clicca qui per scoprire BlufVPN online e capire che, nel giro di qualche clic, gli attacchi man in the middle ed i blocchi geografici si possono affrontare senza avere specifiche conoscenze di informatica.
La VPN è un servizio che permette ad un utente di collegarsi ad internet attraverso un vero e proprio tunnel, ovvero un particolare tipo di collegamento soggetto a crittografia dentro la quale è possibile accedere soltanto per mezzo di un client.
In questo modo la navigazione viene resa anonima dalla crittografia e dalla sostituzione dell’indirizzo IP con quello del server a cui ci si connette per arrivare al tunnel. Attraverso la sostituzione dell’indirizzo IP quello che succede è che, grazie alla disposizione capillare dei server VPN, le aziende permettono agli utenti di aggirare i blocchi geografici.
La presenza di crittografia all’interno del sopracitato tunnel permette al servizio di proteggere il traffico da occhi indiscreti; semmai qualcuno di esterno alla VPN dovesse entrare in possesso di un’intercettazione del traffico si troverebbe davanti soltanto dati completamente illeggibili.