Lo chiede Legambiente a trent’anni dall’approvazione della legge n. 157/1992. Lo fa in occasione della presentazione del report dal titolo “La tutela della fauna selvatica e il bracconaggio in Italia”. Ricerca attraverso cui accuratamente analizza la legge e la sua genesi.
La ricerca parte dalle evoluzioni: “Dal 1992, anno di approvazione della legge quadro, l’attività si è più che dimezzata passando da un milione di praticanti a circa 500.000 ma, soprattutto, è drasticamente invecchiata andando da oltre il 60% dei praticanti con meno di 40 anni di età all’attuale 9% dei praticanti nella medesima fascia età”. Fari anche “sulla piaga del bracconaggio”.
Nel report si legge: “Trent’anni fa veniva approvata la legge n. 157/1992 che tutela fauna selvatica omeoterma (mammiferi e uccelli) e disciplina l’attività venatoria. Una legge – l’unica che tuteli in minima parte la fauna selvatica – figlia del compromesso seguito alla bruciante sconfitta referendaria del 1990 che chiedeva l’abolizione della caccia in Italia. Ad oggi a distanza di 30 anni risulta ormai ‘datata’ e non più rispondente alle urgenze connesse con la crisi della biodiversità.
La normativa tutela un misero 1,1% di tutte le specie animali presenti stabilmente o temporaneamente nel nostro territorio. Parliamo di 643 specie e sottospecie (comprese le specie di mammiferi e uccelli marini) protette su un totale complessivo di 57.460 specie e sottospecie di animali selvatici noti per l’Italia. Inoltre non regolamenta le tante attività umane come agricoltura, forestazione e viabilità che hanno quotidiana relazione con la fauna selvatica omeoterma”.
In Campania dal 2009 al 2020, anni a cui si riferiscono i dati analizzati da Legambiente e ricevuti dalle Forze di Polizia “sono stati riscontrati 2.937 illeciti contro la fauna selvatica, con 2.202 sequestri e all’arresto di 18 persone”.
“Maglia nera alla provincia di Napoli con 1.297 illeciti, 1.136 sequestri e 13 persone arrestate. Segue Salerno con 569 illeciti, 352 sequestri e 1 persona arrestata. In provincia di Caserta sono stati 535 gli illeciti con 381 sequestri e 3 arresti. Sulle coste pontino‐campane e sulle piccole isole nelle province di Latina, Caserta e Napoli, vengono uccisi migliaia di uccelli migratori.
Esiste un prezziario orientativo dei ‘prodotti’ di queste attività illegali: un verzellino da 25 a 50 euro, un verdone da 25 a 50 euro, un cardellino fino a 50 euro. Un piccolo passeriforme vivo, come allodole o tordi, se appena catturato va d 50 a 100 euro ciascuno. Invece se già da tempo è ambientato alla cattività, quindi con minor rischio di non sopravvivere, il prezzo va da 100 fino ad alcune migliaia di euro a seconda anche delle abilità canore.
L’affitto mensile in Campania di un bunker illegale con relativo stagno artificiale per sparare ai migratori da 7.500 a 15.000 euro; la modifica o la realizzazione di un’arma vietata per effettuare bracconaggio, dotata di silenziatore e puntatore laser, da 2.000 a 5.000 euro; un certificato Cites riciclato da un esemplare di rapace morto viene pagato anche 2.000 euro”.
Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania, commenta: “Ribadiamo l’urgenza di modificare, adeguandola alle urgenti crisi di oggi, la legge quadro per tutelare tutte le specie animali selvatiche, inserendo anche i delitti per gli illeciti contro gli animali selvatici nel codice penale, regolamentando la coesistenza con le tante attività umane che quotidianamente hanno relazione con la fauna selvatica; prevedendo inoltre adeguati strumenti e risorse affinché ciò si realizzi, compreso il rafforzamento del sistema sanitario veterinario per la prevenzione di zoonosi e patologie animali che possano avere pesanti ricadute sociali”.
L’associazione ambientalista, oltre a chiedere un aggiornamento della legge quadro, ribadisce inoltre l’importanza di “ripensare la pianificazione del territorio agro-silvo-pastorale per la tutela della biodiversità e di tutte le specie animali selvatiche; impedire che sia una sola categoria sociale a ‘guidare’ le scelte di gestione della fauna selvatica omeoterma; rafforzare con personale, strumenti e risorse e specializzare il personale degli organi inquirenti; approntare un sistema pubblico trasparente, digitale, regolarmente alimentato e accessibile a tutti di pubblicazione dei dati sulla gestione della fauna selvatica”.