Una squadra che muoveva la palla rapidamente, giocando per 90 minuti un calcio fatto di tanti passaggi, tutti eseguiti con grande precisione e seguendo una filosofia così definita da diventare un’ossessione. Un gioco che potrebbe essere definito precursore di quello mostrato dal Barcellona di Pep Guardiola o dal Milan di Arrigo Sacchi. Il Gioco Corto di Viciani sembrava così irreale per i tempi, che nel suo libro (Il Gioco è bello quando è corto), Gianluca Diamanti si chiedeva se fosse davvero mai esistito. «La Ternana ha davvero camminato sulla Luna? O è stato solo un sogno collettivo mai avveratosi?».
Terni, in Umbria, è celebre soprattutto per le sue fabbriche di acciaio, non certamente per il calcio. Viciani arrivò nel 1967 e alla sua prima stagione guidò la Ternana alla promozione in Serie B. Lasciò Terni per allenare Atalanta e Taranto, ma tornò nell’estate del 1971 per dare il via a un miracolo.
Nel 1972, la Ternana fu promossa per la prima volta in Serie A. Un risultato reso ancor più soddisfacente dal fatto che il Perugia, storico e odiato rivale, in quel momento non aveva mai giocato nella massima serie. Le partite più importanti di quella stagione, non solo in termini di punti ma anche di autostima, furono quelle contro la Lazio, che fruttarono una vittoria per 1 a 0 e un pareggio 1 a 1. La gente della capitale considera i ternani come bifolchi, e dava l’impressione di considerare le partite a Terni come una passeggiata in campagna.
L’allenamento di Viciani era focalizzato sulla preparazione atletica, fatto del tutto inusuale nell’Italia dei primi Anni Settanta. I suoi calciatori correvano più veloci e più a lungo degli avversari, combinando la loro intensità con un intricato gioco di passaggi. La promozione divenne matematica con una vittoria per 3 a 1 contro il Novara, ottenuta il 13 giugno 1972. Giorgio Mastropasqua, che poi avrebbe giocato con Juventus, Atalanta, Bologna, Lazio e Catania, nel 1972 aveva 21 anni: «Quella era una squadra incredibile, con un grande allenatore. All’epoca ero molto giovane e giocavo nel ruolo di libero, con Fernando Benatti e Mauro Agretti rispettivamente alla mia destra e alla mia sinistra. Angelino Rosa giocava al centro della linea difensiva, proprio davanti a me, anche se a volte ero io a stargli davanti perché ero un libero all’olandese. In porta c’era Giancarlo Alessandrelli, mio compagno anche alla Juventus, ma probabilmente il nostro segreto era il centrocampo, dove avevamo giocatori come Romano Marinai, Antonio Cardillo e Bruno Beatrice che correvano su e giù per il campo, senza alcuna sosta. Salvatore Jacolino era il centravanti, e a volte era aiutato da Franco Selvaggi e Nicola Traini. Come potete vedere, non c’erano giocatori famosi. Nessuno ha lasciato la Ternana per vivere una carriera importante altrove. Per questo la chiave era Viciani: non ho mai visto un allenatore come lui nel resto della mia carriera. Era più filosofo che allenatore. A volte citava Camus o Pericle, ma con i suoi giocatori operava come un dittatore». Come disse uno dei giocatori di quel periodo, «non è vero che non ci faceva fare quello che volevamo, ma la cosa importante era che ciò che volevamo fosse quello che voleva lui».
Viciani voleva un gioco fatto di passaggi. «Un gioco di calci e corse è noioso – disse – Qualcuno ha forse inventato il libero che gioca in quella posizione solo per raccogliere tutti i lanci lunghi?». Viciani fu un fondamentalista del suo credo. Nella sera della finale di Coppa Campioni 1972 tra Ajax e Inter, disse in televisione che avrebbe fatto il tifo per gli olandesi. «Per l’Inter è necessario perdere di 3 o 4 gol: sarebbe importante per tutto il calcio italiano. Perché sono gli olandesi a giocare il vero calcio, mentre in Italia gli allenatori sono interessati solo a un gioco difensivo, un calcio orribile e antiestetico». L’Ajax vinse 2-0 e il calcio italiano imparò la lezione. Tuttavia, Viciani era letteralmente ossessionato dal modello olandese e, in quanto tale, fu il precursore di allenatori come Nils Liedholm e Arrigo Sacchi. «Il più importante esperimento di calcio collettivo in Italia fu introdotto da Corrado Viciani – ha detto Luigi Cavallara, autore del libro Interismo-Leninismo -. Aveva a disposizione un sacco di giocatori di livello medio e li ha costretti a giocare con passaggi corti per farli muovere insieme sul campo».
«Gli italiani hanno bisogno di imparare il verbo ‘correre’ nel calcio – disse Viciani -. Per ora conoscono solo la forma infinita… Quando giochi, ti stanchi sia fisicamente che psicologicamente. Ma se giochi in maniera automatica, riduci lo stress. Tutti dovrebbero sapere come trovare libero un proprio compagno di squadra, tutto deve scorrere automaticamente. Guardate cosa succede con la nazionale tedesca o con quella olandese. Sembra che corrano molto, ma in realtà sono soprattutto bene organizzati».
La Ternana ha fatto il suo debutto in Serie A il 24 settembre 1972 allo stadio San Paolo di Napoli. Come era accaduto spesso in Serie B, la Ternana dominò la partita ma perse con un solo gol, beffata da un’ingenuità che a certi livelli può costare cara. La domenica successiva, il primo di ottobre, lo stadio Libero Liberati ospitò la sua prima partita di altissimo livello: come avversario, il Milan di Gianni Rivera, Karl-Heinz Schnellinger, Albertino Bigon e Pierino Prati. La Ternana controllò la partita. Cardillo, Beatrice e Marinai corsero dal primo all’ultimo minuto, mettendo decine di palloni nell’area milanista. Il Milan faticò ad arginare il fenomeno, ma la partita finì senza gol. Fino a dicembre, la Ternana sembrava in grado di potersi salvare, ma il loro stato di forma crollò improvvisamente. Lo stile di gioco di Viciani era troppo faticoso da sostenere a quel livello e la Ternana non vinse una sola partita nella seconda parte della stagione. Raccolse appena 16 punti e, ovviamente, fu retrocessa.
Viciani tornò ad allenare in Serie B, ma al Palermo, e impostò nuovamente il suo Gioco Corto. Anche se non riuscì a centrare la promozione, raggiunse la finale di Coppa Italia contro il Bologna. I rosanero andarono in vantaggio con Sergio Magistrelli, ma nel tempo di recupero l’arbitro Sergio Gonella assegnò al Bologna un rigore molto contestato. Beppe Savoldi lo realizzò, il Bologna vinse ai rigori e la favola di Corrado Viciani terminò.