Il commercio raffina e addolcisce i modi barbari». Così scriveva Montesquieu. Molti hanno pensato che la globalizzazione economica potesse promuovere relazioni più pacifiche tra gli stati, coinvolti in una fitta rete di
interscambi. In realtà, guerre se ne sono ancora viste. Nessuna ha però avuto effetti sulla globalizzazione come probabilmente avrà quella scatenata dall’invasione dell’Ucraina.
Questo conflitto determinerà conseguenze di lungo periodo che andranno ben al di là dello shock immediato causato dall’impennata dei prezzi dell’energia e di alcuni beni importanti per la filiera agroalimentare. Gli effetti a più lungo termine sono legati alla decisione di imporre a carico della Russia sanzioni pesanti,
in parte nuove. Esse non riguardano per l’Europa il blocco delle importazioni di gas e petrolio, dalle quali restano al momento dipendenti i paesi europei (tra cui Germania e Italia). La componente principale punta all’isolamento della Russia dal sistema finanziario internazionale, che colpisce tra l’altro le possibilità di pagare le importazioni e
di essere pagati per l’export, congela le riserve all’estero e impedisce finanziamenti e investimenti occidentali. L’altro elemento importante è il blocco delle forniture di componenti tecnologicamente più sofisticate,
indispensabili in alcuni settori produttivi come per esempio l’aeronautica, anche per la manutenzione. Si vedrà a breve quali saranno gli effetti e se riusciranno a condizionare il regime di Putin. In ogni caso, si può prevedere
che a lungo termine si manifesteranno tendenze a una de-globalizzazione reattiva e non coordinata.
Ci saranno cioè spinte a riportare all’interno dei paesi attività prima delocalizzate, ricostruendo l’architettura delle catene internazionali del valore per ridurre la dipendenza da fonti esterne. Allo stesso tempo è probabile che cresca la divisione del mondo in blocchi economico-politici dentro i quali si intensificheranno di più le relazioni interne rispetto a quelle tra blocchi. Un primo banco di prova si avrà con l’evolversi dei rapporti tra
Russia e Cina. I processi in corso spingeranno la Russia, per rompere l’isolamento, a intensificare i rapporti con la Cina, e quest’ultima a cercare maggiore autosufficienza, mentre il mondo occidentale si fiderà di meno della dipendenza della propria produzione da altri mondi. La riduzione dell’interscambio che ne discenderebbe
potrebbe attenuare i processi di destabilizzazione sociale e politica indotti nelle democrazie avanzate dalla globalizzazione non regolata degli ultimi decenni. Riemergerebbero però i rischi di nuovi protezionismi, di
riduzione dei mercati, e quindi di sovrapproduzione, da sempre forieri di nuovi conflitti politici nel capitalismo.