A livello internazionale dalle scorse ore si stanno sommando orrori a orrori, come a memoria umana non si ricordava dai tempi dei campi di sterminio nazisti. Inoltre, di fronte alla possibilità di essere coinvolti anche marginalmente nel conflitto in atto, è in corso un riassetto degli schieramenti, quando non delle alleanze vere e proprie. Ieri l’ OPEC, l’organizzazione dei paesi produttori di idrocarburi, ha risposto picche alla richiesta di aumento delle forniture di gas richiesto dalla EU.
Lo ha fatto e lo ha giustificato come atto di rispetto dovuto a Mosca, che aderisce a una sua organizzazione clone, l’OPEC plus. Concentrandosi sulle vicende del Paese, è facile prendere atto che, seppure in scala ridotta, la situazione, in quanto a criticità, non è granché diversa. Quanto stanno continuando a fare i discendenti dell’oramai tragicamente passato alla storia coronavirus, non fa più notizia. Giunto all’ennesima generazione senza perdere minimamente la forza letale che gli è propria, la sua triste attività è narrata ormai tra i fatti di cronaca, mai più in prima pagina. Altri fatti di natura diversa, non pertanto meno pericolosi, stanno sempre più attentando al vivere civile di questa società. Solo per completezza di informazione, il Covid nel Paese sta mietendo più di mille vittime a settimana, ma la notizia non fa più sensazione, offuscata da quanto di più grave sta accadendo appena fuori del confine a est della EU. Al di là di una escalation di omicidi e altri fatti di sangue, compiuti anche per futili motivi, gli italiani stanno assistendo a un comportamento attuale di una loro parte completamente antitetico a quello ben descritto nell’inno nazionale, rimanere uniti. Il riferimento è alle forze politiche, più precisamente a parte di esse, che trovano pretesti per scontrarsi anche su questioni di interesse limitato e non urgenti, piuttosto che cercare di essere più che coese, come questo passaggio della storia richiede. Ne consegue che un giorno sì e quello successivo anche, gli abitanti del Bel Paese e non solo loro, debbano ricevere notizie di probabili crisi di governo presto smentite, che destabilizzano ancor più la parte produttiva della popolazione.
Quella stessa che si sta ancora leccando le ferite inferte dalla pandemia. Fin qui per quanto riguarda il comportamento della classe politica. Come se non bastasse, ancora una volta alcuni rappresentanti del mondo accademico e tutte le alte sfere di quello religioso non perdono occasione per dare spettacolo oltre che inutile, anche di intralcio alla mission di chi più capisce, precisamente di cercare di spegnere i fuochi di guerra che, giorno dopo giorno, stanno assumendo sempre più le dimensioni di roghi. Per par condicio, anche se in una circostanza tutt’altro che piacevole, sia permesso mischiare il sacro con il profano. Due capi spirituali, quello della chiesa cattolica Francesco a Roma e quello della scismatica ortodossa Keryll a Mosca, stanno sciupando l’occasione della questione ucraina che, se ben gestita, avrebbe permesso a entrambi di rifare il maquillage alle loro dottrine. Più precisamente, il successore di Pietro cunctat, temporeggia, come già faceva nell’Urbe il console Quinto Fabio Massimo, quando doveva prendere una decisione strategica. Al di là di sermoni di non facile interpretazione, che lasciano il tempo che trovano, o di dichiarazioni di principio come quella comparsa in queste ore sul Corriere della Sera, di azioni concrete provenienti dai palazzi del Vaticano non se ne è visto finora nemmeno l’accenno. Eppure è noto che, in passato, i soldati della chiesa hanno messo il petto di fronte alle armi del nemico, pur di difendere la fede. Basti ricordare le Crociate. L’omologo del papa a Mosca, seppure in salsa scismatica ortodossa, Keryll, si rifiuta di interloquire con Francesco e appoggia apertamente il pensiero e l’operato di Putin.
Sarebbe facile dire “non esistono più le religioni di una volta, signora mia!”, fornendo così supporto alle considerazioni della casalinga di Voghera. Solo che così facendo, si mirerebbe a un obiettivo sbagliato, essendo le anomalie descritte riconducibili ai capi, non alle istituzioni da loro presiedute. Fin qui nel sacro, ora uno sguardo al profano, nel significato più autentico del termine. Anche parte del mondo accademico italiano sembra aver perso la bussola e la misura, e è opportuno evidenziarlo, non fosse per altro che per non fare due pesi e due misure. Dopo le esternazioni del Professor Orsino che, osservando quanto indicato dal Senato dell’ antica Roma, de minimis non curat pretor, cioè quanto è ancora oggi sintetizzato nei campi da: chi più sa, tace, possono ritornare nel nulla da dove provengono, analogo comportamento non può essere adottato nei confronti del Professor Canfora. Questi, nel corso di una dichiarazione pubblica, è stato autore di dichiarazioni che definire sprovvedute sarebbe ancora poco. Quello stalinista post litteram si è sbizzarrito, alla maniera propria dei vetero comunisti, a proporsi come una one man band, cioè a accentrare su se stesso tutte le funzioni di un tribunale, sparando sentenze alla destra e alla sinistra, su cento novantanove alla prima e una alla seconda. Senza entrare nel merito delle stesse, in questo momento più che mai, entrambi quei docenti non hanno reso un buon servizio alla stabilità del governo. Viene però alla mente l’espressione mai smentita che la miglior difesa è l’attacco.
A pensarci bene, il comportamento di Canfora ricorda da vicino quello attuale di Putin. Con l’aggravante che le sue motivazioni sembrano attinte fideisticamente dal pensiero pieno di rancore di Marx prima maniera. In effetti è quanto sta accadendo anche a Pechino dove, facendo un fritto misto tra modernità e tradizioni, esasperato quasi fino a bruciarlo, la popolazione si è ritrovata in una forma di dittatura non molto diversa da quella da cui i regimi comunisti che si sono succeduti avevano dichiarato di volerla affrancare. In tal modo l’equilibrio geopolitico è divenuto oltremodo magmatico, trascinando verso il basso tutti i sistemi socioeconomici, nessuno escluso. Il governo si trova quindi a subire pressioni esterne, oltre le pur forti interne, che in tempi normali sarebbero potute essere anche utili. Il momento attuale richiede la massima coerenza e compattezza di tutte le parti sociali. Non pensino, in particolare la Santa Sede e il mondo accademico, di poterlo usare i tristi scenari in essere come ribalta e cassa di risonanza per le proprie costruzioni teoriche, per quanto condivisibili possano essere. In uno dei vangeli è scritto che esiste un tempo per ogni cosa.