Secondo la prima leggenda le strisce della pastiera devono essere 7, disposte in modo tale da creare dei rombi. La storia racconta di una sirena “dormiente”, come in letargo, che in primavera emerge dalle acque per salutare il popolo della sua città. Come da tradizione, la sirena canta, allietando tutti i napoletani. Questi ultimi, per ringraziare la creatura mitologica, le portano farina, ricotta, uova, grano, acqua di fiori d’arancio, spezie, vaniglia e zucchero. Gli ingredienti, mescolati insieme, formano la pastiera e sono 7, come le strisce che vanno a ricoprire il dolce partenopeo. La seconda leggenda riguarda invece il mare: pare che una volta, sulle spiagge di Mergellina, le mogli dei pescatori abbiano portato sette ceste con ricotta, frutta candita, grano, farina, burro, uova e fiori d’arancio come offerte per il “Mare”, così da “ingraziarsi” l’elemento acquatico e far tornare i propri mariti a terra, sani e salvi. Al mattino, quando le donne tornano in spiaggia per riaccogliere gli uomini si accorgono che i flutti d’acqua avevano mischiato tutti gli ingredienti. In una delle ceste è comparsa però una torta tutta nuova: la pastiera appunto.
La storia della pastiera colloca questo dolce sicuramente in epoca pagana, per celebrare il ritorno della Primavera: la ricotta dolce è la “modernizzazione” delle offerte votive tipiche delle cerimonie politeiste, a cui sono stati aggiunti il grano, simbolo di ricchezza e fecondità, e le uova, simbolo di vita nascente. La prima volta che il termine “pastiera” è comparso su un ricettario è stato alla fine del ‘600 grazie ad Antonio Latini. Si tratta di un dolce molto lontano da quello che vediamo oggi sulle nostre tavole. Più simile a una torta rustica, la ricetta cita grano e ricotta ma sostituisce la pasta frolla con del marzapane e chiede abbondante parmigiano grattugiato, pepe, sale, pistacchi e latte di pistacchi. Latini non fa alcun riferimento al numero di strisce sulla pastiera.
Il dolce è sicuramente conosciuto già da prima però: lo scrittore Giambattista Basile, in “La gatta Cenerentola”, sesto racconto del Pentamerone contenuto ne Lo cunto de li cunti, menziona la pastiera fra le delizie del banchetto finale.
Non c’è quindi alcun riferimento storico al numero di “laganelle” da apporre sulla pastiera per formare una cancellata, per un dolce che porta scompiglio in ogni casa, ma anche tanta gioia. (G.A.)