Il Signor I. è morto di quei brutti mali che non si nominano. Lavorava in una delle aree più inquinate e dimenticate d’Italia, Priolo Gargallo, in Sicilia. Suo nipote mi raccontava che di sicurezza lì, a quei tempi poi, nemmeno l’ombra.
Però, che lavorare in quelle condizioni facesse male qualcuno lo sapeva e dava da bere un bicchiere di latte.
Stesso trattamento di cui ho letto nelle carte del processo (se così si può definire), per i 159 dipendenti della ditta Marlane, in Calabria. 94 poi deceduti in un arco di tempo di circa 40 anni, nessun colpevole.
Come per i militari abbattuti in Patria, nel tempo, dall’uranio “respirato” in missione e dalla burocrazia.
Oggi però non è il 10 ottobre, non è sulle vittime della mancata sicurezza sui luoghi di lavoro che si accendono i riflettori, ma sulla prevenzione.
Un insieme di misure, procedure, informative, attività, comportamenti che in cima alla piramide hanno un datore di lavoro che abbia voglia di investire in qualcosa di efficace, a seguire chi collabora con lui deve condividerne valori e avere le competenze per rendere applicabile ciò che si pensa e infine… i lavoratori che certamente devono fare la propria parte e rispettare le regole.
Sembra facile, sembra appunto.
Fare sicurezza costa al datore di lavoro perché deve investire nelle competenze, nelle attrezzature, nei dispositivi di sicurezza, nelle manutenzioni, nella formazione.
Si deve pensare a produrre o a fare la riunione? Una scelta che costa e allora scegli di andare avanti, per lo più, mettendo le carte a posto.
Tutto in regola, è stata una fatalità.
Tutto in regola, addirittura si dava in più anche un bicchiere di latte, si affermava che facesse bene.
E il lavoratore? “Deve tenersi stretto lo stipendio, già è difficile trovarne uno, figurarsi cambiarlo”. Dice Anna, la ragazza del centro estetico che mi racconta di aver comprato l’abbigliamento da lavoro al marito, “perché manco quello passano”.
E allora il senso di questo 28 Aprile Giornata Mondiale per la Salute e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro dove sta?
CULTURA.
Parlare di sicurezza, sensibilizzare alla sicurezza, arrivare al cuore delle persone, dei lavoratori, creare una coscienza sociale intorno a questo tema, serve ad alzare la soglia di attenzione, della sensibilità, di ciascuno di noi a fare quel qualcosa in più per poter lavorare in sicurezza tutelando la vita umana, la salute.
Arrivare al giorno in cui ogni datore di lavoro consideri i costi sostenuti per la salute e sicurezza dei lavoratori un dovere morale, prima ancora che di legge.
Al giorno in cui ogni lavoratore potrà affrontare il lavoro non con spirito di sopravvivenza e sotto ricatto per la mancanza di alternative.
Al giorno in cui alcun processo sarà chiuso senza condanne.
Ci arriveremo, sì, se continueremo a seminare cultura, disseminandone ovunque il senso, ritrovandoci il 28 Aprile sempre di più intorno ai valori innegabili della VITA, della SALUTE, della SICUREZZA da insegnare e difendere, giorno dopo giorno.
Un passo avanti sarà progresso, sarà Giustizia.
Ora per allora.