Siamo arrivati all’estate astronomica ereditando una delle più gravi crisi idriche che l’Italia abbia mai conosciuto. Basti pensare per esempio che, nell’estremo Nord-Ovest italiano, in quel di Torino si è consumato il semestre dicembre-maggio più secco dall’inizio delle rilevazioni nel 1802, con appena 94 mm di pioggia e neve fusa caduti ed equivalenti a un quarto delle precipitazioni che normalmente si sarebbero dovute verificare. In forma più o meno intensa è comunque tutta l’Italia a patire un deficit pluviometrico molto pesante che raggiunge a livello nazionale il 50% della cumulata climatologica sul periodo gennaio-maggio e che risulta peggiore di quello registrato nello stesso pentamestre del 2017, anno che poi si chiuse come il più secco dal 1800.
Le immagini dei fiumi, o di quel che ne rimane, che scorrono ora solo in TV e che riempiono le pagine dei quotidiani raccontano, in modo nudo e crudo, una situazione che passo dopo passo è andata sempre più peggiorando dalla fine dello scorso autunno, cioè da quando l’ingresso delle perturbazioni atlantiche è stato reso sempre più difficoltoso dalla presenza, a ovest dell’Italia, di figure di alta pressione subtropicale persistenti e inclini ad assumere spesso la stessa posizione. Piogge scarse in pianura e, soprattutto, poche nevicate in montagna – specie sui rilievi alpini centro-occidentali – hanno lentamente portato ad un impoverimento delle falde che ora vediamo in tutta la loro drammaticità.
I cambiamenti climatici potrebbero essere fortemente responsabili sia di questa situazione anomala che delle violentissime ondate ripetute di caldo, due facce della stessa medaglia. Negli ultimi anni l’anticiclone delle Azzorre, che garantiva estati gradevoli e con temperature nella media, si è spostato più ad ovest del solito e questo si riflette in una modulazione degli Alisei che porta l’anticiclone africano a stazionare esso stesso più ad ovest.
Quest’ultimo fattore favorisce il movimento di aria calda dal nord africa verso l’Atlantico europeo.
In pratica nel risultato finale le eventuali basse pressioni che si sviluppano stazionano più facilmente nella stessa zona per settimane o più. E lo stesso fanno, ovviamente, i promontori di alta pressione adricana che portano tempo caldo e stabile, come quello che ormai abbiamo sulla testa da due mesi abbondanti – via via più stagnante – senza pause significative.
Una situazione da «siccità perfetta», potremmo dire. Perché ci troviamo di fronte a una crisi idrica che è arrivata all’apice della gravità proprio nel periodo peggiore dell’anno: l’inizio dell’estate. Vale a dire l’inizio di una stagione che, per sua natura, lascerà sostanzialmente immutato nei prossimi mesi il quadro di un’Italia che sta soffrendo la sete e che potrebbe avere sempre più sete. Per l’atmosfera non è questo, infatti, il momento in cui può darsi da fare per provare a invertire la rotta. Perché l’estate è il trimestre in cui la stabilità del tempo raggiunge la sua massima espressione di forza e di continuità temporale. Qualche strappo alla regola potrà anche regalare fasi instabili più o meno circoscritte nello spazio e qualcuna di esse potrà magari essere anche un po’ più convinta, ma si tratterà sempre e comunque di cure palliative che non avranno effetti tangibili sulla risoluzione di questo problema.
Ci vorrà una «cura miracolosa» per risalire la china ed avviare così la siccità almeno verso una sua graduale attenuazione. Questa «cura miracolosa» ha un solo nome: un lungo «treno di perturbazioni atlantiche» in transito sul binario Italia. Purtroppo bisognerà aspettare ottobre o novembre per sperare che questo tipo di dinamica possa realizzarsi. Oggi non rimane che affidarci a quanto ci dice la climatologia per ipotizzare quando potremmo iniziare a lasciarci alle spalle questa lunga fase arida, consapevoli però che il clima ci dice il tempo che mi aspetto senza ovviamente garantirlo: sappiamo infatti che anche la primavera dovrebbe essere una stagione piovosa, ma quest’anno la dinamica atmosferica pare averlo dimenticato. Andiamo allora avanti guardando all’autunno nella speranza che la futura stagione faccia il proprio dovere e magari cercando di ascoltare di più, nei tempi giusti, chi solleva l’esistenza dei problemi legati alle gravi anomalie della circolazione atmosferica affinché la macchina della prevenzione possa essere messa in moto con sufficiente anticipo. Perché sollevare adesso il problema della siccità e prendere provvedimenti equivale a chiudere il recinto quando i buoi sono scappati.