Il richiamo al manto di San Giovanni, al simbolismo religioso, alla necessità di palesare l’antitesi tra superstizione e fede. Durante l’omelia alla messa del patrono è andato in scena un ennesimo esercizio di retorica, quella spiccia, usata come da tradizione quando ci sono assembramenti popolari devozionali. Ma cosa vuole la chiesa locale e quali sono le reali motivazioni della mancata processione della sacra statua?
È questo che non è emerso durante l’omelia
del parroco e vicario diocesano Don Enzo Leopoldo, che ha sostituto il Vescovo che stavolta non ha presieduto come da tradizione. Ancora una volta non si è colta l’opportunità di fare chiarezza, superando anche certe velate ipocrisie che pervadono il territorio. All’interno della religiosità popolare una processione rappresenta un evento sacro, una manifestazione comunitaria di fede- lo scrive il catechismo della Chiesa cattolica, lo ha ribadito anche Paolo VI in una storica enciclica che richiamava anche ai dettami dei concili di Nicea e Trento sull’iconoclastia e simbolismo . La processione, si sa, a causa della congenita ambiguità dell’uomo, in cui convivono positività e negatività, la stessa può essere gestita in modo non ideale. Trattandosi di una festa religiosa è naturale che la guida di una comunità locale abbia tutto il dovere di sforzarsi di eliminare gli aspetti degenerati di una festa. Ed è qui il punto dell’ambiguità del parroco che fin dal rallentamento delle restrizioni pandemiche ha sollevato diverse motivazioni per la mancata processione ma che invece a parer mio palesa altre necessità della Chiesa locale e del suo Pastore. Andrebbe detto chiaramente è una volta per tutte che religiosità popolare non si può identificare con la cultura popolare perché nella prima emerge l’aspetto teleologico che investe l’avventura religiosa dell’uomo e il rapporto con il sacro, nella seconda vengono fuori gli aspetti che amo definire archeologici: quelli psicologici, storici, culturali e sociali. Possiamo dire che la religiosità popolare non si identifica anche se vive e si incarna nella cultura popolare.
Ma di questa cultura popolare e tramandata superstizione antropologica angrese , la stessa Chiesa locale ne ha usufruito a piene mani negli anni.
Che gli angresi abbiano fede in San Giovanni, è un fatto, come pure che diano un valore variegato in quella statua, pure, che siano autentici fedeli, chi può dirlo? E in cosa si commisura una fede popolare, se tramandata ed alimentata nei secoli, anche dalle stesse istituzioni religiose, per simboli e tradizioni? Il devozionismo, la religiosità popolare può presentare dei rischi come la carenza di valori teologici, la superstizione fino a più o meno velate forme di magia. E dunque, va auspicato che in questo periodo di transizione e di traduzione popolare in parte interrotta, la Chiesa locale colga l’opportunità di individuare un nuovo modo per evangelizzare la religiosità popolare. Il ruolo della religiosità popolare è importante e forse oggi è fra i pochi baluardi che possiamo contrapporre ad una secolarizzazione pericolosa che non è solo ideologica ma anche frutto di un materialismo ispirato alla concezione edonistica della vita. Questa cultura coltiva il «super individualismo»: l’uomo cioè quale unica fonte di verità. La religiosità popolare può aiutarci a riscoprire nell’incontro col Risorto il volto autentico dell’umano. E dunque l’auspicio è che la Chiesa locale usi il metro della schiettezza nell’esprimere intenzioni e bisogni, piuttosto che utilizzare forme retoriche ormai desuete e non in grado di parlare ad una generazione che ha più di altre necessità di andare oltre al simbolismo, con smantellamento di apparati, voluti nei secoli da chi oggi con ambiguitá professava altro, per riscoprire il senso religioso del proprio esistere ed essere cittadini cattolici . La crisi endemica delle chiese, belle cattedrali, ma vuote, deve sollecitare ad individuare nuove forme per parlare a disorientate generazioni che spesso motivano la loro unica connessione ad un territorio sempre piu desertificato, con un simbolismo devozionale forse improprio ma autentico.