Le viscere della città di Partenope rivelano magie antiche, risuonano di melodie del tempo, lasciando ripercorribili tracce di eterno. E’ aperto ufficialmente l’ipogeo dei Cristallini: quattro tombe di una necropoli risalente al periodo ellenistico di Neapolis, riutilizzate nel periodo romano, che da proprietà di una sola famiglia possono essere ufficialmente condivise con il pubblico. Anche se a condizioni molto contingentate e rispettose.
La storia di Napoli, mai come in questo caso, si intreccia e rivela grazie alla storia di una famiglia napoletana. Siamo nel 1888 e il Barone Giovanni di Donato scopre sotto il suo palazzo, che si trova nel Rione Sanità, a 12 metri, delle tombe sotterrate. Si cala dentro un tunnel, entrando in una dimensione ‘altra’. Fa conoscere il sito a esploratori del tempo come Galante e inizia un viaggio nell’età ellenistica. Una strada e delle tombe a camera. Riutilizzate nel periodo romano, come evidenziano i reperti, vengono consegnate all’eternità intatte grazie alla ‘lava fredde dei Vergini’ che le ha sotterrate. Il momumento che ricade in una proprietà privata appartiene oggi alla famiglia Martuscelli, erede del Barone.
Dopo secoli, grazie all’azione congiunta della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR), della Università degli Studi della Campania Vanvitelli e della Federico II (per la creazione di nuove strutture architettoniche), il sito viene aperto al pubblico. Ma per preservare intatte le tombe e il microclima che le ha protette nel tempo sono necessarie delle limitazioni nelle visite : gruppi di massimo 8 persone. Ci racconta questo percorso la direttrice dell’Ipogeo, Alessandra Calise Martuscelli, esponente della famiglia che ha ereditato il sito.
QUATTRO TOMBE IN UNA STRADA
Superata la soglia che si trova in Via dei Cristallini, 133 si può ripercorrere lo stesso viaggio del Barone di Donato (come suggerisce l’audioguida che dà voce al primo proprietario e scopritore del sito). Scendendo i 30 scalini l’odore misto di umido e mistero accoglie in uno spazio sospeso nel tempo. Mettere i piedi sull’antica strada suggestiona non poco, mentre vedere l’interruzione causata dai detriti di altra ‘lava dei Vergini’ lascia immaginare quanto ancora c’è da scoprire nel mondo sotterraneo di Napoli.
E’ possibile visitare 4 tombe a camera, con un ambiente di ingresso, cioè un’anticamera, che si trova sul piano pavimentale della strada, e un ambiente ipogeo. Quattro tombe che manifestano il dialogo tra vita e morte nel mondo greco ellenistico e poi anche romano, come evidenziano i defunti accolti in periodi successivi. La descrizione di ogni tomba meriterebbe uno spazio di riflessione, la visita però merita più delle parole. Lo spazio di ingresso esterno mantiene, in alcuni casi, attraverso delle fessure il collegamento diretto con l’ambiente ipogeo (la scalinata per scendere era normalmente chiusa), lasciando immaginare riti antichi, di contatto tra i due mondi attraverso doni, magari in cibo. E in ogni caso, come si sa, è proprio il banchetto, il simposio, il mondo del vino la dimensione preferita nel ‘passaggio’ per i greci. Così come evidenziano senza dubbio i 6 letti, klinai, che occupano l’ambiente ipogeo delle tombe con tanto di cuscini colorati morbidi anche se scolpiti nell’eterna pietra. Sono in realtà casse in tufo che contengono i defunti, concepite come letti e decorate nei minimi dettagli (tra palmette e melograni). Pronte ad accogliere le famiglie, cioè il susseguirsi di corpi in vari periodi, sono già predisposte per agevolare l’inserimento di altri corpi all’interno: ai piedi le ossa già decomposte lasciano spazio per accoglierne altre. In un ciclo continuo. Tranne in un caso, nella tomba C: in corrispondenza del primo letto-tomba sul lato destro è scritto che non è possibile aggiungere altri corpi perchè questo spazio è dedicato a una persona importante, Aristagora, una sacerdotessa di Leucotea.
La scrittura arricchisce le pareti che sono normalmente tutte definite da architetture e decorate da festoni, e (nella tomba C) da patere, da candelabri (necessari per lasciare la luce ai defunti). Una scrittura che segue il ritmo delle sepolture, il susseguirsi, per ogni letto-tomba, di nomi che allunga la lista di defunti nel tempo, Il susseguirsi del ritmo vita e morte. Il colore scelto o rosso o nero per questi nomi ha seguito l’andamento degli ultimi saluti realizzati con tenerezza, con naturalità, come evidenzia la costante presenza della scrittura, un po’ ovunque della parola di commiato χαiρε.
DETTAGLI DI ETERNO
Tra i dettagli suggestivi di questo viaggio, nel freddo mondo del tufo, non possono lasciare indifferenti le tegole o le lastre di terracotta con manici (per alzarle) che chiudevano i ‘letti’. Così come i tantissimi oggetti trovati, come la precisione nella realizzazione colorata dei letti che sembrano reali sia nella fattura che nella decorazione. L’immagine della Gorgone il cui sguardo ti accoglie nella tomba C, è una di quelle che ti porti dentro, ti accompagna per un po’, come immagine di eterno. Così perfetta e distante, composta com’è nella sovrapposizione di un volto in pietra completato da una decorazione dipinta. E la leggerezza poi, espressa nei due personaggi che sono stati scelti come i simboli di questo Ipogeo: due figure identificate come Dioniso e Arianna, lieti e sospesi ritrovati come decorazione di una patera dipinta sul muro della tomba C. Un viaggio nei dettagli e nella dolce tristezza del saluto.
Un teschio, nel microclima intatto e freddo di questo mondo sotterraneo, fa capolino da un muro, difronte all’ingresso di una tomba. Non impressiona, sembra accogliere. Sembra un guardiano, uno sguardo eterno che controlla e ricorda che, anche se con il nobile valore di aggiungere pezzi di conoscenza, suggestioni e colori di cultura, tutto vive nel nome del rispetto del mistero della vita.
Oltre e accanto a questo viaggio nel passato, il percorso è arricchito anche da uno sguardo nel presente con la presenza fino al 30 settembre della mostra Sidus Terrae (Stella della Terra) dell’artista Christian Leperino noto per il suo contaminare luoghi antichi con la plasticità di volti contemporanei: due figure femminili, volti di questo rione Sanità, emergono dalla materia
INFORMAZIONI
Nel sito dell’Ipogeo dei Cristallini www.