Una certa vulgata storica sostiene che in seguito ai problemi legati alla crisi economica del III secolo d. C., la vita sociale della città di Nuceria precipitò in uno stato di abbandono e conseguente degrado, dal quale stentò a riprendersi. In realtà nel III secolo d. C. Nuceria godeva fama di città operosa, dove era facile trovare lavoro, lavoro di qualità. Infatti, oltre al suo porto commerciale a Pompei, Nuceria possedeva un fiorente distretto industriale della lavorazione di pietre: un travertino di colore biancastro (tendente al giallo dopo una lunga esposizione agli agenti atmosferici), ricco di inclusi vegetali mineralizzati (il calcare di Sarno) e un tufo di colore grigio-bruno (il tufo grigio di Nuceria). Il tufo grigio della tufara di Fiano (una località nei pressi di Nocera Inferiore) era considerato il migliore per la sua resistenza. Il suo spessore poteva raggiungere le decine di metri per questo era impiegato in edilizia soprattutto per la costruzione di muri portanti.
Questa grande quantità di cave che inghiottivano centinaia di persone ogni giorno, dimostra che Nuceria era anche una città in espansione per le continue opere di costruzione. Le miscele di cemento, la fabbricazione di mattoni, la lavorazione di travi di legno, le tante decorazioni, attività certo faticose che lascia intendere, tuttavia, una città economicamente viva, produttiva, benestante. È ragionevole, dunque, affermare che in questo periodo Nuceria fosse una città ricca di monumenti e di edifici impreziositi da questa pietra manipolata dal lavoro di abili e famosi artigiani. La testimonianza di questa grande vitalità nella città di Nuceria e, soprattutto di un’importante attività estrattiva, tanto da essere conosciuta in tutto l’Egeo, c’è giunta grazie a una storia d’amore che merita la nostra attenzione.
Uno dei primi romanzi greci di cui abbiamo testimonianza è intitolato Racconti efesii intorno ad Abrocome e Anzia dello scrittore greco Senofonte Efesio. Dell’autore non sappiamo quasi nulla. Tuttavia, alcuni passi del suo romanzo possono essere accettati come riferimento per collocare la sua vita tra il II e il III secolo d.C., cioè quando parla dell’irenarco di Cilicia, un magistrato di cui non abbiamo accenno in alcun testo anteriore all’epoca di Adriano imperatore romano dal 117 al 138, e nel fatto che non fa alcun accenno all’incendio e il saccheggio del Tempio di Artemide di Efeso, avvenuto nel 263 d.C. a causa dei Goti. L’opera ci è pervenuta in cinque libri sebbene nel Lessico Bizantino Suida o Suda, si parla di dieci libri. Ecco, infatti, cosa dice del nostro autore la Suda, volume III, pag. 495, 24-6: “Senofonte; efesio; scrittore di storie: La storia efesia: sono dieci libri d’amore su Abrocome e Anzia; e sulla città di Efeso e altro”. La Suida o Suda, che è insieme un lessico e un’enciclopedia storica del X secolo scritta in greco dagli storici bizantini, è fonte importantissima per la conoscenza dell’antica storia letteraria greca.
In quest’opera, in sintesi, si narrano le vicende avventurose di due giovani ragazzi: Abrocome figlio di Licomede e Temisto, e di Anzia figlia di Megamede e di Evippe, tutti cittadini di Efeso, ed entrambi di una tale bellezza da destare meraviglia nella popolazione. I due giovani durante i festeggiamenti per Artemide si innamorano. Poco tempo dopo, col consenso dei genitori e dei concittadini si sposano e, per evitare un sinistro vaticinio dell’oracolo di Apollo, decidono di intraprendere un viaggio verso l’Egitto. Durante il viaggio i due protagonisti saranno esposti a molte peripezie, tra le quali una cattura da parte dei pirati, intrighi, prigionie, naufragi e tentativi di violenza carnale. Non manca, comunque, il lieto fine in cui i due protagonisti finalmente si ricongiungono, senza che sia venuta meno la loro reciproca fedeltà e fanno ritorno in patria. A differenza degli autori di romanzi antichi Senofonte non ambienta il suo racconto in tempi lontani e in terre ignote, ma al suo tempo, e nei Paesi del Mediterraneo che aveva probabilmente visitato. Senofonte, dunque, si è rivelato una preziosa fonte storica per le nostre affermazioni poiché, anche se non lo dichiara apertamente, è ragionevole pensare che per un certo periodo egli sia vissuto a Nuceria o nei suoi dintorni. Infatti, a differenza della Suda, dopo un’attenta analisi del testo si evince che Senofonte mostra di non conoscere molto bene Efeso, la città che è pure luogo d’inizio e di fine del suo romanzo, mentre mostra di conoscere bene la città di Nuceria poiché nel libro V (8,1-5; 10,1-3) fa capitare Abrocome a Nuceria in cerca di Anzia. L’episodio di Abrocome che cerca Anzia descritto da Senofonte nel suo romanzo, quindi, si è rivelato un prezioso documento storico perché, anche se a grandi linee, ci permette di comprendere com’era realmente la città di Nuceria intorno alla metà del III secolo d.C.
Vediamo allora cosa fece Abrocome quando giunse a Nuceria.
8.1. (…) Intanto Abrocome, partito dalla Sicilia, approdò a Nuceria, in Italia, e, sebbene, per la mancanza del più stretto necessario non sapesse cosa fare, si mise per prima cosa alla ricerca di Anzia; 2. d’altronde, questa era, per lui, la ragione della sua vita e del suo andare errando. Poiché le sue ricerche erano del tutto vane (la ragazza, infatti, era a Taranto presso il padrone del bordello), si occupò come salariato presso alcuni lavoranti di pietre. 3. E siccome il suo corpo non era abituato a sottoporsi a fatiche intense e gravi, il lavoro gli riusciva penoso; era ridotto in cattive condizioni e spesso, compiangendo la sua sorte diceva: “Ecco, Anzia, il tuo Abrocome occupato in questo abietto mestiere e ridotto in condizioni di servo. 4. Se avessi almeno una speranza di ritrovarti e di passare con te il resto della mia vita, questa mi consolerebbe di tutto: ma ora forse anche io inutilmente e senza alcun profitto sopporto queste fatiche, mentre tu giaci morta in qualche parte, logora dal rimpianto per Abrocome.
Perché, o mia diletta, sono convinto che mai, neppure morta, ti dimenticherai di me”. 5. In tal modo si lamentava Abrocome, mentre penosamente sopportava le sue fatiche (…).
10.1. (…) Questi in un primo tempo, a Nuceria, continuava il suo duro lavoro, ma alla fine, non reggendo più alla fatica, decise di imbarcarsi e di tornare a Efeso. 2. E così una notte, scese al mare, fece in tempo ad imbarcarsi su una nave che stava salpando e partì ancora una volta per la Sicilia, per proseguire poi là per Creta, Cipro e Rodi e quindi per Efeso: sperava nel lungo viaggio, di venire a sapere qualcosa di Anzia. 3. Portando con sé il poco che gli occorreva, prese il largo (…).
Questo denso episodio ci dimostra che in quel periodo Nuceria si avvaleva ancora di un solido sistema imprenditoriale e, con un porto, dove si approdava e si partiva pure di notte, anche di un florido traffico di merci. Una città, quindi, che poteva suscitare l’interesse di chiunque per la presenza di mercanti ebrei, egiziani e siriaci, provenienti dall’Oriente, ma anche di un via vai di lavoranti che già alle prime luci dell’alba si apprestavano a svolgere le più dure fatiche per imprenditori arroganti, senza privarsi, tuttavia, degli immancabili affaristi e ruffiani, che assicurando facili guadagni e comode distrazioni, si avventavano soprattutto su inconsapevoli viaggiatori. Nuceria, insomma, in quel periodo non si faceva mancare proprio nulla, anzi, con tali caratteristiche, attirava su di se nuove opportunità economiche per intere famiglie e possibili intese fraudolente per individui spregiudicati provenienti dalle tante città in crisi non solo del bacino del Mediterraneo