C’è chi si sente giovane perché, in cinquant’ anni, non ha combinato niente e c’è chi si sente giovane perché tutto quello che ha combinato l’ha dimenticato. È il caso mio. Ma procediamo con disordine. Il disordine dà qualche speranza, l’ordine nessuna.
Incontro J. Regista dei film Sexy. È disperato. “Ventisei metri di nudo mi hanno tagliato, capisci? Ventisei metri di nudo”. “E che era? Un’elefantessa?”.
“Ah! come sto bene! Oggi mi sento proprio colpevole. Ieri sera avevo ancora un piccolo complesso di innocenza che mi tormentava, ma dopo il vostro trattamento suggestivo notturno, è passato. Meno male. Che bello sentirsi totalmente, incondizionatamente colpevole! Scusi, dove ci si confessa? Qui? Grazie!”.
Fiuggi ’58. Con l’ottavo bicchiere in mano sto lì. Mi viene incontro Peppino De Filippo, ma più giovane e grassottello. È Ennio Flaiano. Dice che vuole scrivere una commedia, Caffè e antipatia, l’antitesi esatta di Tè e simpatia. È la storia di un uomo normale, che si vede lentamente mettere al bando dalla consorteria degli “altri”. L’anormale è lui. Ascoltandolo, arrivo al nono bicchiere. Al decimo mi ribello. Basta acqua! Perché soffrire? perché consegnare alla Nera Signora un corpo curato? Se glielo dobbiamo dare, diamoglielo il più malandato possibile. Avrà fatto un cattivo affare. La cosa finisce a fettuccine “in quantità industriale” e abbacchio in piatti alla Salomè.
“L’angoscia mi scompensa” dice M. “Dimentico atti necessari, do importanza ai futili, ricordo persone antipatiche e sento urgenze inesistenti. Giro intorno a una parola come un somaro alla mola, non riesco a evitare la rima. Sono tutto da spremere, tutto mi dà spunto, ma fino all’angolo… dietro non so. Sfarfallo di pensiero in pensier, di niente in niente, e mi par d’essere un genio a rate. Invecchio. La mente mi precede, non so tenerle dietro. Ancora qualche anno e la guarderò agire per conto suo, me immobile”.
Concert Mayol. Esposizione stanca di sederi. Mulatte col nerofumo sotto i seni. Quante appendiciti! Odor d’olio d’arachide, di nero, di dolce disinfettante. La pianista e gli altri orchestrali hanno le facce di quelli che suonano nei caffè di Torino. Casalinghe e un po’ rassegnate. Quando finisce era ora.
A quarant’anni l’uomo fa il punto. A cinquant’ anni fa la virgola, e con il punto e virgola può continuare, seppure faticosamente, il periodo delle sue riflessioni.
Quel tipo di mogli che sposano il portafogli.
Una vita idiota, tutti i giorni le stesse azioni, gli stessi incontri, le stesse facce. Eppure tiene un diario minuziosissimo. Per assicurarsi il suo alibi giornaliero. Non si sa mai.
“Ho scritto una commedia con un titolo formidabile” grida “e non posso rappresentarla. La commedia è intitolata Lingua in bocca. Devo cambiare titolo. Perché? La lingua dove sta? In bocca, no? La bocca è il suo posto naturale. Nossignore, non vogliono. Valli a capire un po’ tu, quelli là, valli a capire!”.
È un tecnico del sedere. Studia sedie moderne, che non sembrano sedie, ma che sono più comode delle sedie. Peccato che nessuno ci si sieda, perché è difficile prenderle per sedie.
Chi si indigna più oggi? Al massimo, in certe occasioni, uno può sentir vibrare tutte le fibre tessili del suo vestito.