Torquato Tasso dopo aver seguito il padre nei suoi spostamenti in diverse città italiane, nel 1565 entra a far parte della corte degli Estensi, signori di Ferrara, dove trascorre i dieci anni più felici e produttivi della sua vita. Nonostante i piaceri della vita di corte e il successo della sua attività di letterato, con il passare degli anni il poeta accentua il lato inquieto e tormentato del suo carattere. Infatti, preoccupato da eccessivi scrupoli religiosi, dovuti soprattutto al clima della Controriforma in cui stava vivendo, assalito dal dubbio di essere incorso in qualche eresia nello scrivere il suo poema, vuole sottoporre l’opera al giudizio del Tribunale dell’Inquisizione che non fu del tutto favorevole. In seguito a questo giudizio comincia a manifestare segni di mania di persecuzione così fugge da Ferrara, dove si credeva continuamente spiato, e si sposta in diverse città italiane. Nel 1579 torna a Ferrara in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio del Duca Alfonso II d’Este, ma sentendosi trascurato esplode in una violenta crisi d’ira contro il Duca e la corte. Alfonso II dopo questa ennesima crisi, fece rinchiudere Torquato Tasso nell’ospedale psichiatrico S. Anna a Ferrara. A questo punto c’è da evidenziare che durante questo lungo periodo di prigionia, un editore pubblica, senza il suo consenso, la sua opera maggiore con il titolo La Gerusalemme Liberata.
Nel luglio del 1586 il Duca Alfonso II d’Este decise di liberare Torquato Tasso e lo affidò al cognato Vincenzo Gonzaga, che lo portò con sé a Mantova. Dopo qualche barlume di tranquillità, provato dalla lunga prigionia, riappare ancora una volta la crisi persecutoria così Torquato Tasso lasciò Mantova e iniziò una serie di viaggi nervosi e inquieti in varie città d’Italia, al servizio di vari nobili e signori, facendo tappa a Roma, a Napoli e a Nocera de’ Pagani. Infatti, verso la fine di marzo del 1588, Torquato Tasso giunse a Napoli e rimase quasi stupito e sorpreso per la meravigliosa bellezza della città. Sebbene fosse invitato cortesemente in casa sua da Don Matteo di Capua Conte di Paleno, figlio del grande Ammiraglio del Regno, preferì soggiornare presso i monaci di Monte Oliveto dai quali per opera dell’Abate Niccolò degli Oddi era stato atteso a lungo. Saputo del suo arrivo, si recarono subito a fargli visita in quel monastero molti letterati, nobili e signori. Questi nobili e signori di solito erano Ferrante II Carafa Duca di Nocera de’ Pagani, il Conte di Paleno, Don Vincenzo e Don Pierantonio Caracciolo, il Signor Ascanio Pignatelli e il Signor Orazio Feltro. È lo stesso Torquato Tasso, infatti, a informarci dell’amicizia con questi nobili illustri, e in particolare con Ferrante II Carafa Duca di Nocera de’ Pagani, in due sue lettere. Nella prima, scritta il 10 giugno del 1589, rammenta a Orazio Feltro che: “(…) V. S. baci in mio nome le mani al Sig. Principe di Molfetta, al Sig. Duca di Nocera, ed il Sig. Conte di Paleno, e mi facciano veder qualche segno, che non sia l’arco del patto, acciò sappia come governarmi; ma prego Iddio che m’inspiri (…)”. Nella seconda, scritta il 20 settembre del 1590, comunica a Francesco Spolverino le sue intenzioni di ritornare a Napoli e di avvisare anche i suoi benefattori tra cui il Duca di Nocera de’ Pagani Ferrante II Carafa: “Molto Rev. Signor mio Osser. Io Sono ritornato a Roma; e se del mio ritorno in Napoli si sa alcuna cosa, com’io credo, non essendo invitato, stimo d’essere escluso: e però in quella parte ch’appartiene alla città, o a’ Cavalieri Napolitani, non posso fare altra deliberazione senza nuovo invito. Prego nondimeno V. S. che voglia esser certo autore della mia venuta, avvisandone il Sig. Conte di Paleno, il Sig. D. Vincenzo Caracciolo, il Sig. Orazio Feltro, ed ultimamente il Sig. Duca di Nocera, acciocché niuna cosa si creda al romor della fama, ma il tutto all’autorità; cioè, che io sono ritornato a Roma stanco di fare nuove esperienze della mia fortuna, e molto desideroso della benevolenza di cotesti Signori, e della gloria, nella quale vorrei avere qualche parte con la pubblicazione dell’opere mie”.
Dal contenuto di queste lettere si capisce chiaramente che Torquato Tasso a Napoli aveva conosciuto il Duca Ferrante II Carafa e che frequentava anche il suo magnifico palazzo ducale di Nocera de’ Pagani. Il palazzo ducale sorgeva sull’area occupata attualmente dalla caserma militare dismessa dedicata alla memoria del tenente Bruno Tofano, chiamata comunemente anche “caserma rossa”. Infatti, la prima volta che Torquato Tasso giunse nella città di Nocera de’ Pagani fu dopo la seconda settimana di settembre, cioè sei mesi dopo il suo arrivo a Napoli. Questo ci è pervenuto ancora una volta da una lettera di Torquato Tasso scritta da Nocera de’ Pagani il 16 settembre del 1588 al Cardinale Vincenzo Lauro suo protettore e benefattore. Ecco quanto si apprende da questa lettera: “Questa mattina ho baciate le mani al Signor Duca di Nocera, il quale mi ha ritenuto seco a pranzo, e fatti molti favori: i quali tutti ho riconosciuti dalla sua cortesia, ed affabilità, perché invero è un cortesissimo, affabilissimo, e splendidissimo Signore. Laonde in altro tempo, ed in altra fortuna avrei numerato questo giorno tra’ felici, e segnatolo, come si dice, con bianca pietra; ma in questa mia infermità d’animo e di corpo niuna cosa mi può piacere, la qual mi tenga in maggior dubbio della salute. Credeva, che le raccomandazioni di V. S. Illustrissima, in questa parte almeno, mi dovessero giovar molto; però nell’altre non volli essere importuno, né con V. S. Illustrissima, né con questo Eccellentissimo Signore; ma nel chieder la sanità, o, s’è lecito a dirlo, la vita, sono stato forse troppo timido con un Cavaliero; ma con un Cardinale ho voluto al fine lasciare ogni temenza da parte, non mi parendo fargli offesa in supplicarlo d’opera, se non m’inganno, pia e cristiana: e, s’io m’inganno, ci dovrebbe essere chi mi mostrasse il mio errore, acciocché io non fossi costretto a precipitare in qualche altro maggiore. Ma forse V. S. Illustrissima non ha tanto voluto raccomandare altrui la mia vita e la sanità, quanto darmela ella medesima in casa sua. Se questa opinione è vera, com’è conveniente alla bontà di V. S. Illustrissima, io mi doglio di non averla pregata a tempo, che mi facesse medicare; ma il pentimento è forse tardo. Laonde la supplico che voglia giovarmi così lontano, e scrivere al Signor Duca ed al medico di nuovo in mia raccomandazione; perché senza aiuto de’ medici, e di medicinali io non so se mai più rivedrò Roma: tanto mi nuoce il pregiudizio del tempo, invecchiandosi più sempre l’infermità con gli anni, e divenendo quasi incurabile, o almeno malagevolissima a curare; ma nelle cose difficilissime si può conoscer la virtù di V. S. Illustrissima, la quale è stata prima medico dei corpi, e non se ne dee sdegnare, e poi degli animi; ed ultimamente è salita, per molti suoi meriti colla Chiesa Apostolica, in così alto grado, che non può negar grazia e pietà a chi gliele dimanda, senza far torto all’atre sue nobilissime e cristianissime azioni. Nostro Signore l’inspiri a giovarmi tanto colle raccomandazioni, ch’io possa poi ricevere il giovamento della presenza: e bacio a V. S. Illustrissima con riverenza le mani”.
Il Duca Ferrante II Carafa, come si evince dal contenuto di questa lettera, si prodigò molto sia moralmente sia economicamente per Torquato Tasso. Per ricambiare la generosità di Ferrante II Carafa, Torquato Tasso gli dedicò una delle Rime d’occasione e d’encomio come dichiara egli stesso in questa lettera scritta il 12 febbraio del 1591 a Orazio Feltro: “Dogliomi d’essermi dimenticato delle parole di Pindaro, e d’una mia canzone, nella quale, lodando il Duca di Nocera, l’aveva quasi tradotte”. Probabilmente questo componimento poetico, fu realizzato a palazzo ducale di Nocera de’ Pagani durante la sua prima visita e una copia fu consegnata dal poeta direttamente nelle mani del Duca Ferrante II Carafa. Come già accennato in precedenza, il poema La Gerusalemme Liberata fu pubblicato nel 1581 all’insaputa di Torquato Tasso. Egli, infatti, non l’aveva ancora data alle stampe perché la consegnò a una commissione di intellettuali che la giudicassero secondo la rigida morale della Controriforma che stroncarono l’opera e ne rilevarono molti errori. La Gerusalemme Liberata, dunque, fu pubblicata di frodo, e come accade sempre in questi casi, mieteva successi ovunque. Torquato Tasso, allora, preso dagli scrupoli, rimise mano al suo capolavoro per renderlo ancora più conforme alle rigide regole della Controriforma, vi lavorò dal 1582 al 1593, e lo stampò nel 1593 a Roma con il titolo La Gerusalemme Conquistata. Con questa opera Torquato Tasso era convinto di aver costruito un poema perfetto, migliore della Liberata, ma qualche tempo dopo la Conquistata cadde nell’oblio. Abbiamo volontariamente evidenziato La Gerusalemme Conquistata perché nel primo Libro, 64, 1 è citata tra le tante anche la città di Nocera. Ecco, infatti, il breve contenuto del testo: “Ed altri abbandonò Melfi, e Nocera”.
Qualcuno, a ragione, potrebbe ipotizzare che Torquato Tasso abbia inserito la città di Nocera de’ Pagani nella sua opera per compiacere il Duca Ferrante II Carafa suo grande benefattore. La spiegazione, però, è anche un’altra. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che Torquato Tasso era un grande letterato e sicuramente durante la sua permanenza a Nocera de’ Pagani trascorse molte ore delle sue giornate nella fornitissima e segretissima biblioteca privata del Duca Ferrante II Carafa, anch’esso uomo di cultura, dove sicuramente apprese da antichi documenti, i molteplici conflitti tra i Nocerini e i Saraceni delle epoche passate. Certamente Torquato Tasso rimase colpito dall’ardore di quelle vicende e vittorie storiche perciò si convinse che la città di Nocera de’ Pagani, baluardo della cristianità, per il valore e il coraggio dimostrato contro gli infedeli, entrava di diritto nell’ambiente storico della sua opera maggiore.