Carmine Califano, autore e regista scomparso da qualche mese, titolò anni fa proprio così l’opera teatrale che ricostruiva una ferita mai sanata per Pagani: “A’ fetenzia”. Califano raccontava così: Fui contattato dalla giornalista Michela Giordano, che non conoscevo personalmente. Mi parlò di questa sua idea di scrivere un testo teatrale che rievocasse l’omicidio di un nostro concittadino, il sindacalista Antonio Esposito Ferraioli, ucciso il 30 agosto 1978. Se n’era occupata per lavoro, intervistando la madre, la fidanzata all’epoca dei fatti… insomma aveva del materiale di prima mano che le sarebbe piaciuto drammatizzare, mi disse, ma non aveva nessuna esperienza di scrittura teatrale. Scrivemmo scambiandoci mail per mesi, senza mai incontrarci. Alla fine venne fuori un testo convincente che pensai, parlandone con la compagnia, di mettere in scena. Ma prima volli che fosse sottoposto al giudizio dei familiari di Tonino. Lo volli perché il testo era molto circostanziato e in fin dei conti si trattava di un omicidio senza colpevoli (solo più tardi, il 24 ottobre 2014, una sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore (SA), ha riconosciuto Tonino Esposito Ferraioli vittima della criminalità organizzata). I familiari approvarono in pieno. Ma… ma all’incontro furono invitati anche alcuni membri dell’associazione fondata dai familiari: politici locali “professionisti dell’antimafia” per dirla con Sciascia. Obiettarono in particolare sul j’accuse che facevo dire alla mamma di Tonino a conclusione dello spettacolo. Era più l’espressione del dolore di un’anziana madre meridionale, che una presa di posizione politica. Potete ascoltarlo nella clip. In pratica diceva che, rispetto alla memoria di Tonino, ’e ianche e ‘e russe si erano comportati in egual maniera! Questo non andava bene. ‘E russe no! Occorreva toglierlo quel passaggio. E poi, lo spettacolo doveva avere un qualche riconoscimento del lavoro che l’associazione aveva svolto negli anni. Avevano già un’idea pronta: un bambino che tornava da scuola e raccontava alla mamma che quel giorno erano andati in classe alcuni membri della succitata associazione a parlare di Esposito Ferraioli. Ci parve banale, oltre che offensivo. Fu comunque lo stimolo a realizzare lo spettacolo! Al di là di questi mediocri aneddoti, che comunque hanno tagliato le gambe allo spettacolo, per esempio bloccandolo nelle scuole del territorio (in alcuni casi con appuntamenti già fissati), al lavoro fu riconosciuto il merito di aver portato alla ribalta una storia che io stesso (all’epoca dei fatti diciottenne e distratto da altri omicidi – Moro, Impastato – avvenuti nello stesso periodo) ignoravo. Nella messa in scena di ‘A Fetenzia ho probabilmente raggiunto la massima espressione del mio approccio emozionale alla regia. Grazie alla scrittura, ho potuto utilizzare l’occhio del regista quasi come una macchina da presa, condizione necessaria ad attraversare il lungo periodo storico lungo cui si dipana la vicenda. La scarna scenografia cambiava da un decennio all’altro: le foto del Presidente della Repubblica, alle pareti del commissariato, poi tribunale, si sovrapponevano, cambiavano. Prima Pertini, poi Cossiga, poi Scalfaro e Ciampi. Cambiava la divisa del poliziotto… Quando presentammo lo spettacolo ed uscirono i manifesti per le strade, ne trovammo molti strappati. E nei giorni precedenti alla prima, arrivarono diverse chiamate mute sul mio cellulare. Peccato non averlo potuto portare in giro per quel che meritava, soprattutto nelle Scuole. Il giorno dopo la prima, su Il Mattino uscì una critica – già pronta non avendo visto lo spettacolo che avrei potuto nel frattempo anche cambiare – nel quale si sollevavano esattamente tutte quelle polemiche fatte in quell’incontro avvenuto mesi prima. Chiesi ed ottenni sullo stesso giornale, l’intervento del fratello di Tonino che prendeva le distanze, biasimando, il comportamento dei membri dell’ associazione. Membri poi, credo, defenestrati dai ruoli direttivi della stessa associazione. Ma questo non ha impedito loro di continuare col “professionismo” di cui sopra!
Il Cast:
Nancy Pepe (la madre di Tonino)
Rosmunda Marra (la fidanzata di Tonino)
Vincenzo D’Amore (il sostituto procuratore)
Salvatore Damiano (il suocero di Tonino)
Luciano Salvati (un poliziotto)
Francesco Fimiani (Tonino)
Vanna De Prisco (una sindacalista)
i colleghi di Tonino
Alfonso Vitolo, Pasquale Capaldo, Roberta Considerato
avvocati e testimoni
Marianna Considerato, Nello Miraglia, Ciro Scherzo, Costantino Scuteri
regia Carmine Califano
Ma perchè Tonino finì nel mirino della malavita organizzata? Erano anni difficili per Pagani, attraversata da una guerra di camorra che da una parte vedeva gli uomini di Raffaele Cutolo, pronti a conquistare un nuovo feudo, mentre dall’altra c’erano gli esponenti locali, pronti a difendersi dagli attacchi. In questo scenario si consumava l’impegno sociale e politico del giovane cuoco, stanco delle continue collusioni tra amministratori e camorra.
Cuoco nella mensa dello stabilimento paganese della FATME, azienda leader nel settore dell’elettronica, Tonino diventò presto delegato sindacale, sempre generoso nel difendere i compagni e scrupoloso nel preparargli i pasti. Un giorno nella sua cucina arrivò una partita di carni avariate, l’ennesima dopo i suoi tanti reclami. Allora decise di denunciare, ma non ne ebbe mai il tempo.
Per quell’omicidio mancano ancora i nomi dei mandanti e degli esecutori. A pochi anni di distanza fu avviato un processo a carico di Giuseppe De Vivo, pregiudicato di Pagani, e di Aldo Mancino, imprenditore ed ex amministratore comunale. Il processo era guidato dal sostituto procuratore Nicola Giacumbi, che venne ucciso dalle Brigate Rosse nel marzo 1980. All’inizio degli anni Novanta i due indagati furono prosciolti.
Nel 2002 il pm antimafia Vito Di Nicola ha chiesto di riaprire l’indagine. Con sentenza del 24 ottobre 2014 il Tribunale di Nocera Inferiore, Giudice dott. Carlo Mancuso, accogliendo il ricorso presentato dalla famiglia Esposito Ferraioli ha riconosciuto Tonino Esposito Ferraioli vittima della criminalità organizzata La Corte di Appello di Salerno, con sentenza del 12 aprile 2017, ha respinto il gravame proposto dal Ministero dell’interno, confermando Antonio Esposito Ferraioli vittima della criminalità organizzata