“… cogita filiorum nos modestia delectari, vernularum licentia, illos disciplina tristiori contineri, horum ali audaciam”. Pensa che noi traiamo gioia dal decoro dei nostri figli e dalla licenza dei giovani schiavi: quelli sono tenuti a freno da una disciplina alquanto severa, di questi si alimenta l’insolenza” Seneca ” De Providentia” cap.VI
L’idealtipo di formazione dei giovani, propria del mondo classico è ben chiara nel passo di Seneca, obbedisce alla netta separazione categoriale tra l’educazione liberale, cioè specifica dei “liberi” e quella riservata ai “servi” ( immo homines..vabbè, ma comunque servi). La polarizzazione emerge evidente nel superchiasmo tra nos e illos, tra modestia e licentia, tra disciplina e audacia. Liberi, quando è usato come sostantivo, significa figli, indicando i giovani destinati per nascita a ricoprire ruoli di potere.
I Liberi sono destinati alla libertà, che , rettamente intesa, è responsabilità, quella responsabilità che deve essere dote primaria del civis. Se sei nato libero, devi piegarti alla “modestia”, devi accettare che «est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum.»(Orazio, Satire (I, 1, 106-107).)
(esiste una misura nelle cose; esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto»
Formazione significa accettare l’idea di “modus” di limite (modestia è da modus = misura), Seneca dichiara : ci fa piacere(nos delectari) la “modestia” dei NOSTRI figli e li manteniamo nei limiti, anche con un’azione disciplinante abbastanza rigida ( disciplina tristiori contineri), mentre ci diverte la “vernularum licentia”.
Verna è “lo schiavo nato in casa”( spesso figlio naturale del dominus) cui veniva concessa la “licentia” , cioè una forma di libertà di serie B.
Se il figlio del patronus doveva agire in osservanza del modus ,non superando i fines perchè solo così poteva comprendere cos’è il rectum( stessa radice di rego, solo chi regge sé stesso , può reggere la civitas), il piccolo schiavo, vernula, con la sua libertà di superare il limite, strappa sorrisi al patronus, lo fa delectare.
Il sorriso e il riso nascono sempre dal capovolgimento dei valori dominanti, al piccolino viene lasciato, finché non cresce e diventa forza lavoro, la “licentia”, la stessa che, ciclicamente, veniva consentita a tutti gli schiavi nei Saturnali, dopo i quali i rapporti sociali si ristabilivano rafforzati.
In parole povere, per essere liberi occorre accettare di essere servi del limite, gli schiavi, da piccoli possono, se lo decide il padrone, godere della licentia : fai e dici quello che vuoi, chi ha il potere te lo consente perché si diverte.
Veniamo ad oggi e facciamo sintesi.
Qual è la nostra idea di formazione, considerato che abbiamo superato la polarizzazione tra nos e illos, tra i liberi e gli schiavi?
Per abusare di Seneca, possiamo dire che abbiamo superato la seconda fase storica, dopo la prima che, dal mondo classico, è perdurata fino alla scuola ” per tutti e per ciascuno “. Nella seconda fase, la modestia , quella che consente di diventare civis, nella scuola e nella società, era insegnata mediante il mantra ” o mangi questa minestra o salti dalla finestra” , in altre parole, attraverso “la disciplina tristior” ( spesso tristissima). La terza fase , quella iniziata normativamente negli anni del boom economico, giunge all’ oggi , in cui siamo tutti più o meno convinti che formazione significa passare dalla “licentia” alla “libertas”.
I piccoli , cresciuti come principi e principesse ( appena nasce un bambino viene subito consacrato re, mediante battesimi che sono investiture, lo si vede sui social ), affidati alla scuola, devono farsi il proprio “modus” , ognuno con i suoi tempi e con le sue attitudini. Insomma, devono volontariamente deporre una corona che consentiva di fare “licito il libito”. In altre parole , quello che prima veniva imposto con una pressione per alcuni insostenibile, ora viene lasciato come compito istituzionale esclusivamente alla scuola.
Nella seconda fase, dovevi imparare a memoria tutto il memorizzabile per essere promosso, “i bravi” funzionalizzavano le conoscenze , acquisendo “naturaliter ” le competenze: erano questi le “eccellenze” e pace. Nella terza fase, quella attuale, la scuola deve partire dalle competenze per arrivare alle conoscenze . ll piccolo re , crescendo, accetta liberamente la ” necessità” , lavorando su “compiti di realtà” apprende ” a sua insaputa” quelle conoscenze che la scuola non deve imporre , ma renderne possibile l’ acquisizione. Al compimento dell’obbligo di istruzione, lo studente deve deporre la corona e rifiutare il regnum. Se avviene la scuola ha realizzato il suo compito.
E’ dai diversi livelli di deposizione della corona, deve essere costruita la valutazione delle discipline?
Immagino una scena-madre : al termine dell’UDA , un prof . di latino esclama ” Ragazzi, vi siete accorti che avete imparato a tradurre la perifrastica passiva?” Suona l’ora e il docente è felice di aver “fregato” i propri studenti, quelli che gli chiedono sempre “Prof. a che serve il latino?”
Per ritornare ai miei fondamenti marxiani, che fanno i figli dei padroni oggi?
Li mandano a studiare nelle scuole inglesi, dove , pagando rette altissime, hanno il privilegio di studiare il latino, che si insegna SOLO lì, si mettono le divise e praticano regole di comportamento a prescindere.
E’ cambiato poco, in realtà. Nella pratica quotidiana,specie nell’istruzione superiore, è destinata a crescere la schizofrenia. Rimane il fatto che i grandi docenti ce la fanno sempre Non è una cosa semplice, ma la formazione è sempre stata una scommessa. Pure Seneca che formò Nerone, non ebbe grande soddisfazione.