Che transizione ecologica serve all’Italia e alla Campania e che in direzione dovrà andare la prossima legislatura? Legambiente, in vista delle elezioni del 25 settembre, presenta ai partiti in corsa la sua Agenda per la prossima legislatura. Un documento che raccoglie 100 proposte, suddivise in 20 ambiti tematici, con riforme e interventi sulla transizione ecologica e che hanno al centro: lotta alla crisi climatica, dimenticata in questa campagna elettorale, innovazione tecnologica, lavoro e inclusione sociale. Temi e contenuti fondamentali per il futuro del Paese, e che per l’associazione ambientalista si traducono in: nuove leggi da approvare, come ad esempio quelle sull’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili, sul consumo di suolo, sul riordino dei bonus edilizi, in materia di lotta alla gestione illecita dei rifiuti, alle illegalità lungo le filiere agroalimentari, e per la tutela della fauna e della flora protette; semplificazioni; velocizzazione degli iter autorizzativi a partire dagli impianti a fonti rinnovabili e dell’economia circolare; approvazione di decreti attuativi mancanti, da quelli sull’end of waste per il riciclo a quelli della legge di recepimento della direttiva RED II sulle rinnovabili, sull’agricoltura biologica o sui controlli del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA), solo per citarne alcuni.
L’Agenda di Legambiente è stata presentata oggi a Napoli dal presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani e dal quello regionale Mariateresa Imparato alla presenza dei rappresentanti dei principali partiti (Fratelli D’Italia, Pd, Lega, Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Azione, Verdi, Sinistra Italiana, Impegno Civico,), una rappresentanza delle imprese , delle principali associazioni di volontariato e del Terzo settore.
Le proposte dell’ Agenda politica di Legambiente riguardano anche azioni utili ad affrontare le storiche vertenze presenti nella nostra regione. A partire dalla bonifica che aspettano interi territori, liberando dai veleni i cittadini che vivono da Napoli Est a Bagnoli, alla Terra dei fuochi fino al territorio del bacino idrografico del Sarno. Proposte necessarie anche per completare quelle che rischiano di diventare invece “le eterne incompiute” nella nostra regione. Dal ciclo di depurazione delle acque, a quello dei rifiuti, fino alle misure utili a migliorare la qualità dell’aria. Tutti settori e materie che vedono la Campania bocciata dall’Europa e sotto procedura di infrazione con ripercussioni importanti per le tasche e la salute dei cittadini. Per questo è necessario facilitare la realizzazione di una rete impiantistica innovativa su tutto il territorio regionale tale da rendere la Campania autosufficiente con gli impianti di digestione anaerobica e compostaggio per la produzione di biometano e compost di qualità e tutti gli impianti di riciclo dei rifiuti che oggi vengono osteggiati da esponenti di tutti i partiti in questa Regione in tutti i territori. Un’opposizione trasversale che blocca lo sviluppo dell’economica circolare in Campania con importanti ripercussioni su quelle che sono le eccellenze industriali che da anni hanno investito in questo settore. La stessa opposizione che si ritrova per gli impianti di produzione di energia rinnovabile. Eppure la Campania e il Mezzogiorno potrebbero essere l’hub nazionale della produzione di energie rinnovabili. Per questo occorre promuovere un programma straordinario di realizzazione di impianti a fonti rinnovabili, realizzando un numero considerevole di grandi impianti industriali e di comunità energetiche come quella di San Giovanni a Teduccio, sviluppando al massimo l’eolico a terra e offshore ( non risultano ad oggi progetti presentati per la Campania), il fotovoltaico sui tetti e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc.), il moderno agrivoltaico che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica senza consumo di suolo, come stiamo sperimentando a Giugliano insieme a Coldiretti Campania con il confronto con aziende, enti locali e territorio. Per andare in questa direzione bisogna velocizzare l’iter di autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili, potenziando la Commissione VIA/VAS del MITE e gli uffici competenti delle Regioni e vincere i pregiudizi e le fake news di una classe politica poco coraggiosa che strumentalizza territori provocando conflitti li dove si devono e si possono realizzare gli impianti.
Misure obbligatorie per migliorare la qualità dell’aria e liberare interi territori dal nemico invisibile, lo smog. Per questo bisogna sicuramente anche far uscire la Campania dall’immobilità rafforzando il trasporto pubblico, a partire da un impegno serio per una delle peggiori linee d’Europa come la Circumvesuviana e promuovendo i piani integrati di mobilità nelle città e nei territori (PUMS) come piani locali di transizione. La qualità dell’aria insieme a quella dell’abitare passa anche per l’efficientamento energetico delle abitazioni e degli edifici pubblici per bloccare sprechi e dispersioni di calore. Negli edifici i consumi energetici rappresentano una quota rilevante della spesa delle famiglie e degli enti pubblici, la povertà energetica si sta ampliando e si presenta ormai come una piaga sociale, eppure gli interventi di riduzione dei consumi e gli interventi a favore delle fasce più in difficoltà viaggiano a ritmi lentissimi sia per l’edilizia pubblica che per i condomini privati. L’Italia deve adottare politiche efficaci e adeguate ad affrontare la situazione delle periferie, riqualificare da un punto di vista energetico e antisismico il patrimonio edilizio, intervenire sugli spazi pubblici, ridurre i problemi di accesso alla casa e di degrado del patrimonio edilizio esistente. Una grande opera necessaria dalle periferie delle grandi città fino alle aree interne. Queste ultime un patrimonio naturalistico della nostra Regione che ricadono spesso in aree protette regionali e nazionali che oggi sono roccaforte di biodiversità che ha bisogno di essere salvaguardata con l’apertura di ecocantieri per manutenzione dei territori e prevenzione del rischio. Approvare un emendamento di modifica dell’art.10 bis della legge 120/2020 (semplificazioni in materia di demolizione di opere abusive), per ricondurre a un’interpretazione autentica della disposizione che affida ai prefetti la responsabilità degli abbattimenti in caso d’inerzia dei Comuni, oggetto di ordinanze anche antecedenti l’approvazione della norma, nel pieno rispetto della ratio legis e fugando ogni margine di dubbio circa la sua applicazione. Chiudere con la stagione dei condoni edilizi, obbligando i Comuni a evadere definitivamente le richieste di sanatoria presentate con le tre leggi di condono del 1985, 1994, 2003. Tale situazione oltre a provocare rischi per le persone, danni erariali per diversi miliardi, impossibilità a realizzare progetti di riqualificazione ambientale e paesaggistica, crea molte disfunzioni ai cittadini e alla Pubblica Amministrazione.
“L’agenda di Legambiente presentata – commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania-è una sfida politica per la nostra regione: con 100 proposte di riforme e di interventi concreti indicano la strada per il raggiungimento degli obiettivi internazionali al 2030. Indicano la strada per vincere la sfida climatica e quella sociale. Mirano a far diventare la transizione ecologica la nuova politica industriale del Paese, quella priva di ricatti per i cittadini, di scelte tra salute e benessere. Oggi per vincere queste sfide ci sono tutte le innovazioni e le tecnologie adatte, bisogna pianificarle e governarle. Ci sono le soluzioni per cambiare il nostro modello economico e convertirlo, oggi c’è bisogno soltanto della volontà politica. I partiti della nostra regione vogliono giocare questa partita? Noi non staremo a guardare e anche in questa fase storica non faremo mancare il nostro contributo per gli interessi nazionali e regionali, a partire dalla difesa dell’ambiente, delle imprese e delle famiglie che fanno delle nostra penisola, nonostante tutto, un autentico Belpaese”.
L’agenda di Legambiente prevede , tra gli altri interventi da mettere in campo: uno spostamento di risorse pubbliche dai settori più inquinanti a quelli più innovativi e con minor impatto ambientale, intervenendo sui sussidi ambientalmente dannosi; potenziamento in organico e competenze degli uffici centrali e territoriali preposti al rilascio delle valutazioni di impatto ambientale, delle autorizzazioni e ai controlli; investimenti in nuove infrastrutture green, a partire da impianti eolici a terra e mare, fotovoltaici sui tetti, agrivoltaici, impianti industriali dell’economia circolare, quelli per smaltire l’amianto, mobilità urbana a zero emissioni, trasporto pendolare, ammodernamento di acquedotti, adeguamento dei depuratori esistenti e realizzazione dei nuovi, riqualificazione degli edifici scolastici, solo per citarne alcuni.
“Nei prossimi cinque anni – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – il nuovo esecutivo non potrà permettersi gli errori commessi dal governo Draghi, nato sotto l’egida di una auspicata transizione ecologica che avevamo salutato con favore in occasione delle consultazioni, insieme a Greenpeace e WWF , e che invece si è caratterizzato per una narrazione in negativo della “rivoluzione green” paragonata ad un bagno di sangue, per le politiche orientate alla diversificazione dei paesi da cui ci approvvigioniamo di gas fossile e non per quelle finalizzate alla riduzione delle bollette e della nostra dipendenza dall’estero, puntando su semplificazioni efficaci e iter autorizzativi veloci di impianti a fonti rinnovabili e dell’economia circolare, nuovi accumuli e reti. Da parte di tutti i partiti, a cominciare da quelli che sosterranno il prossimo governo, ci aspettiamo più coerenza rispetto allo storico voto unanime del febbraio scorso, che ha portato all’inserimento nella Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e dell’interesse delle future generazioni.”
Accanto alle 100 proposte, Legambiente indica anche 3 fari da seguire: 1) l’Europa che ha una leadership importante a livello internazionale nella lotta alla crisi climatica; 2) la riconversione ecologica del tessuto produttivo, che può garantire milioni di nuovi posti di lavoro, l’apertura di nuovi impianti produttivi o la riconversione di quelli già esistenti; 3) la giusta transizione ecologica, un obiettivo da perseguire in primis penalizzando economicamente le aziende più inquinanti, a partire da quelle che hanno fatto extraprofitti clamorosi nel settore delle fossili; favorendo le riconversioni delle competenze professionali e dei cicli produttivi a maggior impatto ambientale, utilizzando anche le risorse europee del Just Transition Fund; contrastando gli interessi ecomafiosi che stanno già puntando ad acquisire appalti e risorse dedicati alla riconversione ecologica dell’economia; combattendo la povertà energetica e facilitando l’accesso a servizi e più innovative ai meno abbienti.