Il racconto, il lògos, la parola narrata, segna gli albori della civiltà, dal Genesi e dagli aedi ininterrottamente sino a noi. Raccontare è un bisogno ancestrale dell’essere umano come il sentir raccontare. Il bambino chiede alla mamma di raccontargli una favola prima di dormire perché ascoltare tranquillizza e incanta.
Nei primi anni di insegnamento, furono i miei alunni a farmi scoprire la magia del narrare. Spiegando Dante ai liceali, mi accorsi presto di quanto cambiasse la loro attenzione quando, anziché leggere, lo “narravo” a memoria, di quanto fosse forte il potere di fascinazione della voce e delle sue infinite sfumature, di quanto li avvincesse il racconto, di quanto divenisse coinvolgente e magnetica una lezione con un approccio performativo.
E così la storia, il latino, l’arte, persino la matematica. Ogni disciplina, ogni argomento può essere narrato. Il grande racconto della conoscenza. Piero Angela, scomparso di recente, è stato un grande divulgatore scientifico perché ha saputo ‘raccontare’ la scienza. E il bravo narratore sa appassionare perché è appassionato.
Narrare, narrarsi, sentirsi narrati.
Scoprii la pedagogia narrativa nel 1996, in un convegno del CEM (Centro Educazione alla Mondialità), come veicolo del riconoscimento dell’identità e dell’alterità, come fondamento della convivialità delle differenze. Mai come oggi trovo necessario riannodare il filo del racconto, per ricucire il prima col poi in una realtà frammentata e polverizzata, per rimettere in ordine i pensieri e provare di nuovo a interpretare in sequenza logica un mondo oscuro e ostile, ma, soprattutto, per aiutare i nostri bambini, i nostri ragazzi, i nostri giovani, a ritrovare il bandolo dell’intrico in cui sono irretiti, il filo di Arianna per uscire dai labirinti in cui sono rinchiusi, per salvarsi dai Minotauri delle loro paure, sempre più spaventosamente giganteschi.
Ti racconto una storia.
Tu raccontami, raccontati.
Ti ascolto.
Teresa Staiano – dirigente scolastico II ISTITUTO COMPRENSIVO NOCERA INFERIORE