Le cure palliative “la cura che non cura” la “cura che non cura” Io mi curo di te, non potendoti curare mi prendo cura di te. Le cure palliative non sono un mostro a tre teste, non sono “un contentino” per il paziente. Le cure palliative sono definite dall’OMS come le “cure globali attive, rivolte ai pazienti la cui patologia non risponde, o non risponde più, ai trattamenti di tipo curativo” e, ancora, “sono un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza, per mezzo dell’identificazione precoce, della approfondita valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi, fisici, psicosociali e spirituali”. Il nome di queste cure “palliative” deriva da pallium il mantello che indossavano i monaci per proteggersi. Le cure palliative proteggono il paziente nella sua globalità di persona, durante l’ultimo tratto della sua vita. Sono una protezione dal dolore psicofisico, dalla paura di soffrire, dal sentirsi in colpa per essere un peso ai familiari, dal senso di impotenza.
Centrale è la persona nella sua completezza, la dignità del paziente e la sua chiusura, la fine della vita e quello che si lascia, come tu decidi di finire è un segnale per il familiare. La speranza di chiudere bene visto che ne hai la possibilità e non avviene la morte improvvisa. Come un bel libro, una volta finito, lo chiudi e ti lascia un buon impatto. Una persona non muore fino a che rimane nel ricordo e nelle vite delle persone. La morte può fare paura ma dobbiamo ricordarci che non è la fine. L’obiettivo delle cure palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita possibile per i malati e le loro famiglie, perseguitato sempre attraverso un’accurata analisi dei bisogni e dei desideri del paziente. Affermano il valore della vita; considerano il morire come un processo naturale; non intendono né affrettare né ritardare la morte. Hanno lo scopo di accompagnare il paziente e la famiglia in questa nuova fase della vita, avvicinare mano nella mano la persona alla morte.
La sofferenza come insieme di diversi fattori sfocia nel Dolore Globale: Sorgente somatica: sintomi di debolezza, effetti collaterali, patologia non cancerosa, cancro Depressione: Perdita della posizione sociale, perdita di prestigio sul lavoro e di guadagno, perdita del ruolo in famiglia, stanchezza cronica ed insonnia, senso di abbandono, alterazioni dell’aspetto Rabbia: difficoltà burocratica, mancanza di visite da parte di amici, ritardi nella diagnosi, irritabilità, fallimento terapeutico Dobbiamo accettare il fatto che la nostra vita è mortale, che non va prolungata oltre certi limiti, che non dobbiamo pretendere di eternizzarla pensando che la morte sia il male assoluto. Il dono della vita è il dono della vita mortale e Dio è anche nella morte. Oggi prevale il concetto della vita come opposta alla morte, della vita come bene e della morte come male e questa idea della separazione è spaventosamente distruttiva