Debutta stasera al Teatro Genovesi di Salerno “Rapsodia in nero. Maschere di fango”, lo spettacolo di Carmine Tavarone, un’opera che trae ispirazione dalle vicende narrate nella “Medea di Portamedina” di Francesco Mastriani, da cui trae i nomi dei personaggi. A firmare la regia è Marcello Andria, con il coordinamento coreografico di Antonella Iannone, la scenografia di Alfredo Marino e i costumi di Angela Guerra. La colonna sonora è a cura di Marida Niceforo, anche attrice in scena. Lo spettacolo avrà una replica pomeridiana domani alle 19 e altre due repliche il prossimo fine settimana.
Lo spettacolo trasporta lo spettatore nella Napoli del 1936: il fascismo è al suo apogeo e celebra i suoi fasti con la conquista dell’Etiopia, raccogliendo un consenso pressoché unanime e impegnandosi, sul fronte interno, a cancellare anomalie e brutture che possano appannare l’immagine di uno Stato esemplare, fondato sull’idea tradizionale di famiglia. Su questo sfondo si consuma l’epilogo della triste vicenda di Coletta Esposito, una giovanissima figlia del popolo abbandonata dalla madre in tenera età e a lungo rinchiusa fra le mura di un ospizio per fanciulle sole.
Al cast – composto da Felice Avella, Maurizio Barbuto, Rossella Cuccia, Lea Di Napoli, Alfredo Marino, Mariorosaria Milito e Marida Niceforo – il compito di portare in scena una storia di oscura drammaticità, sospesa fra l’orrore per i crimini perpetrati e la compassione per le violenze e le sopraffazioni subite. Nella sua inesorabile e già segnata rovina, Coletta si è aggrappata fiduciosa a un uomo, Cipriano Barca, illudendosi di poter riscattare in un amore esclusivo i torti e le privazioni accumulati negli anni dell’adolescenza. Quando anche questo ennesimo inganno si svelerà in tutta la sua crudezza, lacerata dalle troppe sofferenze e accecata dall’odio, non troverà altra via di uscita che la più atroce e spietata delle vendette, quella, duplice, della Medea di Euripide. Coletta è un’eroina tragica, “al nero”, come preannuncia il titolo della pièce, circondata da personaggi insidiosi, ambigui se non palesemente negativi, che l’hanno abbandonata o hanno approfittato di lei.
«In una soluzione che, alludendo a distanza al Teatro-inchiesta, sovrappone di continuo i piani della narrazione amalgamando cronaca e flashback,» scrive Andria nelle sue note di presentazione, «la regia tende a sfumare i contorni più cupi e duri, posando uno sguardo pietoso sulla marginalità degli ultimi e sulla emblematica figura centrale, che riassume in sé le vessazioni di cui le donne sono fatte oggetto da secoli. Un ruolo non secondario gioca la colonna sonora, rigorosamente d’epoca, che accompagna dal vivo e commenta con intonazioni delicate il tragico evolversi dalla storia di Coletta.»