L’autonomia regionale differenziata prosegue il suo iter e nelle prossime settimane arriverà al voto del Parlamento. Intanto nessuno ne parla, nè le istituzioni, nè la stragrande maggior parte dei media e nemmeno molte realtà della società civile, che pure ne sono a conoscenza, in una sorta di inspiegabile consegna del silenzio, interrotto solo da qualche drappello di risoluti e instancabili volenterosi, purtroppo con scarsa visibilità e, finora, scarso ascolto da parte della politica di ogni schieramento. Così i cittadini si accorgeranno delle conseguenze solo dopo il punto di non ritorno dell’approvazione: regioni ricche del nord che potranno trattenere fino a nove decimi del proprio gettito fiscale per spenderlo nei propri territori, e che avranno competenze, come già per la sanità, per altre materie importantissime finora esclusiva dello Stato: Tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; Tutela della salute; Istruzione; Tutela del lavoro; Rapporti internazionali e con l’Unione europea. Un provvedimento che confligge con il patto di solidarietà della nostra Costituzione e che accrescerà ulteriormente le disuguaglianze. E tutto questo senza nessun dibattito pubblico, che sarebbe il minimo indispensabile di fronte a scelte così impattanti. Perchè l’autonomia differenziata non sarà solo un piccolo ulteriore scivolamento di un sistema già profondamente disuguale, sarà l’inizio di una valanga che spingerà le classi politiche e dirigenti di ogni pezzo grande o piccolo di Italia a cercare di arraffare qualcosa per il proprio elettorato e per i propri interessi, distruggendo quel patto nazionale che fino a oggi era chiamato a rispondere alle disuguaglianze sociali, a vigilare sul nostro patrimonio collettivo – i beni culturali e l’ambiente – a garantire i diritti dei cittadini, gli stessi, per tutti.
Annalisa Capaldo