I dati statistici sono, spesso, considerati noiosi e ostici, ma evidenziano aspetti del vissuto altrimenti sommersi.
La statistica è uno strumento che si avvale di un metodo che non connota in senso positivo o negativo comportamenti, anche quando appaiono incomprensibili o lontani dal comune sentire.
Secondo i dati raccolti in un’indagine dell’Osservatorio sulle tendenze e comportamenti degli adolescenti tra i 13 e i 18 anni su un campione di 7000 individui in città campione in tutta Italia nel 2016: il 95% degli intervistati ha un profilo social network (fino alla gestione di 5/6 profili e 2/3 App di messagistica istantanea); il 71% lo utilizza anche in orario scolastico; il 12% si sveglia la notte per leggere le notifiche sul cellulare; il 64% ha paura che si scarichi il telefono o che non prenda fuori casa; il 32% degli adolescenti è affetto da “nomofobia”, ossia dalla paura di rimanere senza connessione e conseguentemente sperimenta ansia, rabbia e fastidio.
L’indagine evidenzia che l’11% dispone di un profilo finto che nessuno conosce e con questo si addentra nei meandri della rete.
I ragazzi intervistati scattano mediamente dai 3 agli 8 selfie al giorno, con punte massime di 100.
Il termine “selfie” in italiano indica la parola “autoscatto” e descrive la ripresa, con l’ausilio di un dispositivo digitale, che l’individuo fa di sé stesso per condividerlo, spesso, sui social network.
Secondo gli esperti è una nuova modalità per fotografare e si traduce: in un bisogno di ammirazione; in un bisogno di esserci e di non essere dimenticati; in un bisogno di onnipotenza; in un bisogno di sperimentare diverse rappresentazioni di sé; in un bisogno di costruire immagini di sé nel processo identitario.
Il selfie non è un semplice autoscatto, ma il tentativo di documentare in tempo reale la vita del protagonista, promuovendola tra un vasto numero di destinatari virtuali. Alla luce di ciò e tradendo l’imparzialità imposta dal dato statistico, potremmo sostituire la citazione latina “Cogito ergo sum” con quella un po’ beffarda “Selfo ergo sum”.
Ancora la ricerca evidenzia che il 31% fa selfie per ricordo; l’11% per noia; l’8,5% per ridere; il 15% condivide tutti i selfie sui social e su whatsApp; il 18% ha partecipato ad una moda o catena sui social (le catene sono sfide alcoliche in cui si bevono ingenti quantità di alcol in poco tempo e in luoghi o posizioni improbabili e a rischio; alcune mode riguardano la magrezza o particolari del corpo che devono corrispondere a determinati parametri).
L’autostima e l’emotività di molti ragazzi, come emerge dall’indagine, dipendono dal numero dei follower e dai <mi piace>, come dai commenti positivi per il 55% degli intervistati; il 17,5% li conta e guarda anche chi li mette.
Per quanto riguarda l’accesso alla Rete, il 94% utilizza Internet per parlare con gli amici; il 58% per noia; il 56% per studiare; il 69% per guardare film in streaming e ascoltare musica; il 44% per giocare online; il 24% per guardare siti porno; il 6,4% per l’invio di messaggi, testi, immagini sessualmente esplicite che definisce il “sexting”.
Il 6,3% è vittima del cyberbullismo, mentre il 18,6% subisce episodi di bullismo tradizionale; il 29% ha paura di essere contattato da qualcuno ed essere adescato; il 12,5% gioca online d’azzardo (il fenomeno è in espansione); l’1,1% dichiara di aver subito la “vendetta pornografica”, ossia la pubblicazione delle proprie foto intime sui social dopo la fine di una relazione; il 4% dichiara di essere stato minacciato di veder pubblicate foto intime (le ragazze per ottenere piaceri sessuali, i ragazzi per ottenere beni materiali); il 10% dei ragazzi del campione ha dichiarato di aver fatto selfie intimi e senza vestiti; il 3% ha pubblicato foto intime per mettersi in mostra; il 2% ha dichiarato di aver fatto sesso davanti ad una webcam.
Infine, i ragazzi hanno dichiarato che il 94% dei genitori non controlla il loro cellulare e i movimenti che fanno nella rete.
Da quanto riportato, emerge un quadro che dimostra quanto la generazione attuale sia distante da quelle precedenti. Nel tempo, il passaggio da una generazione ad un’altra ha subito una contrazione importante, passando dai dieci anni ai cinque, fino a rilevare differenze sostanziali nello stile, nei comportamenti, nel linguaggio nel giro di un triennio, quindi tra i nati del 2005 e quelli del 2008.
La generazione dei Baby Boomers (1946 – 1964) appare lontanissima da quella indicata con la lettera Z comprendente i nati tra il 1997 e il 2012 che annovera tra i suoi, i figli della generazione X (1965- 1980).
Alla Generazione Z, definita dei nativi digitali, succede la Gen Alpha che comprende tutti i nati tra il 2020 e il 2024 il cui inizio coincide con l’anno in cui è stato lanciato il primo iPad ed è anche la prima completamente digitale, ignara del mondo senza tecnologie.
La caratteristica prevalente dei ragazzi di oggi è quella di possedere un cellulare saldamente ancorato alla mano in una sorta di continuità fisica che diventa meccanica.