Tra i momenti che, forse, hanno contribuito a contraddistinguere più di ogni altro la vita del Papa teologo, che ne hanno cioè caratterizzato e delineato quel suo precipuo tratto personale, non può esser taciuta una vita vissuta “nel silenzio”.
Affermazione paradossale, se si pensa alla mole di lavoro prodotta e agli interventi pubblici che il teologo bavarese ha dovuto presenziare.
Si tratta di un silenzio ispirato al silenzio di Gesù, così importante nel rapporto con Dio Padre suo, il quale nei Vangeli – soprattutto nelle scelte decisive – viene spesso presentato ritirato tutto solo in un luogo appartato dalle folle e dagli stessi discepoli per pregare nel silenzio e vivere il suo rapporto filiale.
“Reimparare il silenzio” – affermava nell’Udienza generale del 7 marzo 2012 – per “scavare uno spazio interiore nel profondo di noi stessi, per farvi abitare Dio, perché la sua Parola rimanga in noi, perché l’amore per Lui si radichi nella nostra mente e nel nostro cuore, e animi la nostra vita”.
Silenzio che, soprattutto sul Golgota, assumerà un ruolo fondamentale. Nell’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini Papa Ratzinger scriveva a riguardo: “Qui siamo posti di fronte alla Parola-della-croce. Il Verbo ammutolisce, diviene silenzio mortale, poiché si è detto fino a tacere, non trattenendo nulla di ciò che ci doveva comunicare”. E aggiungeva: “La croce di Cristo non mostra solo il silenzio di Gesù come sua ultima parola al Padre, ma rivela anche che Dio parla per mezzo del silenzio”.
In quell’ammutolimento di cui i mass media ci hanno spesso resi spettatori, trasmettendoci scene inedite dal monastero Mater Ecclesiae di un Papa emerito silenzioso – di cui siamo stati spettatori-silenziosi, o per meglio dire ascoltatori -, forse non si nasconde soltanto la fragilità di una vita volta ormai al suo naturale decadimento, ma un silenzio-dialogante. Quando il Verbo di Dio cresce nella vita dell’uomo – scriveva Agostino d’Ippona – le parole dell’uomo vengono meno: “Verbo crescente, verba deficiunt”.
In un’epoca in cui non si favorisce il raccoglimento, in cui si ha l’impressione che ci sia paura a staccarsi anche per un istante dal fiume di parole e immagini che segnano e riempiono le giornate, il silenzio di Ratzinger risuona come un monito per farci riflettere.