Essere al Sud di un qualsiasi Nord è un po’ come abituarsi a contare solo sulle proprie forze, ad arrangiarsi, sapendo che nessuno sarà mai disposto ad aiutarti. Essere al Sud di un qualsiasi Nord è sapere che al minimo aiutino ti verrà rinfacciato il doppio.
Essere al Sud di un qualsiasi Nord è come una madre che ti rinfaccia di averti messa al mondo, essere considerati un peso, una zavorra, direbbe Gramsci, qualcosa di cui liberarsi per poter spiccare il volo senza freni e vincoli di sorta.
Essere al Sud di un qualsiasi Nord è quasi una colpa primordiale, un peccato originale che in realtà non si è mai commesso, che viene addossato da chi detiene ignobilmente il potere o la maggior parte delle ricchezze. Ma queste ricchezze non sono state distribuite in modo giusto ed egualitario, non è il Sud ad essere parassita e fannullone, ma è il Nord ad essersi appropriato indebitamente delle ricchezze e della manodopera sottopagata per giunta dei lavoratori meridionali, dopo aver affamato e depredato un intero popolo. Da quel momento è Stato semplice far passare il Sud per ignavo, sfaticato e ladrone, vale a dire il formaggio sotto e i maccheroni sopra, oppure il toro chiama cornuto l’asino.
Il Sud sarebbe più ricco e ubertoso di qualsiasi Nord se venissero riequilibrate in partenza le condizioni economiche e sociali.
Cambiare strategia, quindi, rivoluzionare la mentalità di un Nord che considera il Sud e i suoi abitanti inferiori e non produttivi: queste sono idee di comodo, moralmente scorrette, eticamente criminali, perché non solo il Sud brulica di intelletti eccelsi ma anche di volenterosa forza lavoro, che ahimè è ancora costretta ad emigrare ed arricchire in mille modi il Settentrione.
Si è parlato anche troppo della collaboratrice scolastica campana che ogni giorno avrebbe fatto la pendolare da Milano a Napoli, con il treno. Ovviamente quella era una bufala, una fake news come si dice oggi, ma di fondo ci sono delle verità inconfutabili: moltissime sono le persone, tantissime laureate e specializzate, costrette ad emigrare al Nord in cerca di un lavoro almeno dignitoso, che un domani possa portare un contratto a tempo indeterminato di 1000 euro al mese o poco più. Io stessa ho dovuto trasferirmi a Milano, sradicando me stessa e la mia famiglia, i miei figli, dalla loro casa, dai loro affetti, dai loro sogni. Ho dovuto farlo perché qui al Sud, dopo essermi laureata a 23 anni e 11 mesi con una tesi sulla Quistione meridionale di Gramsci fra l’altro e dopo aver studiato economia ad un master alla Federico II, seguito corsi sulle donne e la necessità che queste entrassero nei centri dirigenziali della politica, aver creduto nella mediazione culturale dei popoli, aver lottato in prima persona per quel cambiamento in cui ancora mi costringo a credere e a far credere i miei figli e i miei alunni, ero tuttavia disoccupata o precarissima. Ho sperimentato tutti i tipi di contratto, co.co.co., co. Pro., Partita Iva, work experience, volontariato, servizio civile, a nero anche, purtroppo: sono stata umiliata, sottopagata, non pagata affatto. Per diversi anni ho elargito la mia forza lavoro al Nord, facendo sacrifici enormi, perché è vero che al Nord una topaia ammuffita mi costava 800 euro al mese, bollette a parte ovviamente, che il cibo costa di più e non è buono come qui, che spesso si è soli e bisogna affidare i propri figli a Dio, perché si è costretti a lasciarli soli, a responsabilizzarli, dicono, anche molto presto, perché badate bene, non tutti possono permettersi il lusso della tata e dei nonni, pur facendosi il mazzo.
La vita è cara, più cara di qui, ci sono più servizi, magari la metro funziona meglio che a Napoli e a scuola si fanno più Pon o per prenotare una visita in ospedale si attende di meno rispetto al Sud, ma credetemi si paga tutto a caro prezzo, sia pratico che morale e non è tutto oro quello che luccica.
In soldoni voglio dire che qui al Sud con il minimo sforzo da parte di ognuno di noi e della politica buona le cose potrebbero davvero cambiare e staremmo da Dio, senza dover contare su altri o emigrare e arricchire un Nord già troppo tronfio e gonfio.
Cambiare è possibile, anzi è doveroso, quindi che se ne parli, che nascano movimenti politici ed associazioni, si scenda in piazza, si scriva su questo, si facciano riunioni come quella di oggi, non si lasci nulla di intentato, indigniamoci pure, ma agiamo!
Non lasciamo morire il Sud, per l’amor di Dio, perché qui davvero non ci mancherebbe nulla se solo ci credessimo tutti e se la smettessimo di accettare che i padroni delle aziende ci fanno lavorare in nero o ci mandano a casa dopo 2 mesi di sfruttamento, senza preavviso per il non rinnovo del contratto.
Annalisa Capaldo