Recita così, lo slogan sul giubbotto che Andrea Feniello, fratello di Stefano, una delle vittime della tragedia dell’hotel Rigopiano che il 18 gennaio del 2017 venne travolto da una slavina a Farindola, provocando 29 morti e 11 sopravvissuti, indosserà nella maratona in bici che avrà inizio il 18 febbraio partendo dalla sua casa di Verona con arrivo il 23 febbraio a Rigopiano.
“Un gesto simbolico per chiedere giustizia e verità per mio fratello e le altre vittime di quell’hotel”– racconta Andrea Feniello, che giungerà sulle macerie del resort proprio nel giorno della conclusione dell’udienza preliminare i cui imputati, in tutto 30, che rispondono a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi, hanno scelto la celebrazione del processo con rito abbreviato che si sta svolgendo dinanzi al Gup del Tribunale di Pescara.
Un dolore quello di Andrea Feniello e della sua famiglia, tutti originari di Valva, nel salernitano dove vivono i loro parenti, che dal giorno della tragedia si è trasformato in un grido di richiesta di verità e giustizia per le 29 vittime innocenti di Rigopiano –“morti- tuona Feniello-che si dovevano e potevano evitare”.
Così, Andrea Feniello, per ricordare Stefano e tenere alta l’attenzione sulla vicenda, a sei anni dalla morte e dal ritrovamento del corpo senza vita del fratello sotto le macerie del resort travolto dalla valanga, ritorna a Rigopiano- “Ritornerò in quel posto che mi ha tolto il pezzo più importante della mia vita e della mia famiglia per gridare giustizia- racconta Feniello. -La pedalata da Verona a Rigopiano-aggiunge-è un segnale allo Stato e alla Magistratura perché le Istituzioni sappiano che le famiglie delle vittime di Rigopiano ci sono e sono presenti e chiedono giustizia affinché chi ha sbagliato venga paghi con la legge e non accadano mai più altri Rigopiano”.
Voglia di giustizia quella di Andrea e della sua famiglia, accompagnata dalla richiesta di verità sulla morte del fratello che in un primo momento nei giorni seguenti la slavina, il nome di Stefano venne inserito nella lista delle persone disperse ma vive sotto le macerie e comunicato alla famiglia da parte dei soccorritori salvo poi, scoprire, la famiglia stessa il giorno seguente, che Stefano era stato estratto già privo di vita dalle macerie del resort. Una comunicazione errata di cui però, nessuno ne riferì l’errore alla famiglia che riconobbe il corpo del giovane di Valva privo di vita nell’obitorio dell’ospedale. “Ancora sto aspettando che mi venga chiesta scusa per quella notizia errata-racconta Feniello-anche su questa vicenda-aggiunge-io e la mia famiglia vogliamo la verità. Perché nessuno ci ha detto che il nome di mio fratello ci era stato comunicato per sbaglio? – si chiede. Poi, la fiducia nel lavoro della Magistratura- nonostante il dolore che mi porto dentro da quel giorno- conclude-vivo ogni giorno nella speranza che mio fratello abbia giustizia in tempi rapidi”.