Occasione da non perdere, prevaricazione da non subire. Più la riforma leghista viene spinta in avanti, accelerando i tempi della ossessionante sua attuazione, più i territori meridionali prendono coscienza della necessaria, irrinunciabile autodifesa. Tra le prime reazioni, alcuni mesi fa, un documento di 50 Sindaci che chiedevano al presidente della Repubblica, Mattarella, un intervento per impedire stravolgimenti costituzionali. Beffarda l’uscita del proponente Calderoli: sono un numero così esiguo, di fronte a 8 mila 100 Comuni esistenti in Italia, che non vale nemmeno la pena di prenderli in considerazione. Male gliene sta incogliendo sia per il contenuto della divisiva riforma proposta, che per i tempi attuatori disinvoltamente previsti.
UN FRONTE UNITARIO. Scende in campo l’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni presieduta dal sindaco di Bari Antonio De Caro. Immediato lo stop alle precipitose fughe in avanti, ”visto che si tratta di cambiare gli assetti istituzionali del Paese”. Tra i primi Consigli che si sono fatti sentire, quello di Napoli dove a larga maggioranza (con l’uscita dall’aula del Centrodestra), si approva il documento illustrato dal sindaco Gaetano Manfredi (“non si tratta di combattere le autonomie ma di dare un peso maggiore a Comuni e Città metropolitane, dannoso passare dal centralismo statale a quello regionale”). Molti sindaci meridionali si sentono “insopportabilmente schiacciati”, se non esautorati, dalle Regioni. Il rischio della condanna alla irrilevanza viene quasi “somatizzato”. La Conferenza, richiesta per un serrato confronto al “livello più alto”, si terrà il 12 marzo. Una prima “conquista”.
IN CAMPO I GOVERNATORI. Tra le prime regioni a farsi sentire, la Campania. Vincenzo De Luca, col consueto tono perentorio, dice “basta con lo scippo dei fondi coesione e sviluppo destinati al Sud, a favore del Nord”. Cita un dato: la Campania dovrebbe ricevere 5,6 milioni che invece sono bloccati da tempo e “nessuno dice niente”. La Puglia di Michele Emiliano preferisce personalizzare l’attacco: “La riforma interessa soltanto Matteo Salvini che, pur di uscire dall’ombra in cui si è relegato, è disposto anche a compromettere la tenuta del Paese”. Non si può prescindere, pertanto, da un confronto serrato con Sindaci, Sindacati, Confindustria e tutte le grandi associazioni imprenditoriali. Dal Nord la voce dell’Emilia Romagna con Stefano Bonaccini: ”La proposta leghista è carta straccia. Si spacca l’Italia. Si potrebbero avere perfino 15 pubbliche istruzioni diverse. Faremmo ridere il mondo”.
INTERVIENE IL GOVERNO. Il primo altolà è diretto a Luca Zaia, governatore del Veneto. Suo proposito sganciarsi da Roma e trattenere la fetta più ampia delle tasse pagate allo Stato dai contribuenti veneti. Ma Palazzo Chigi ritiene che se questa norma venisse applicata, si sottrarrebbero all’Agenzia delle Entrate oltre venti milioni all’anno. Il secondo alt riguarda la Commissione che affiancherà il Governo per i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. I 38 consulenti non saranno i portavoce del leghismo salvinista-calderoliano, ma figure del mondo costituzionalista ed economico. Fra loro due napoletani: Maria Alessandra Sandulli (il padre Aldo ha presieduto la Corte Costituzionale) e Gennaro Terracciano ordinario di Diritto Amministrativo.
MATTARELLA, GIORGIA E LE SPIAGGE. Il Presidente della Repubblica formula rilievi al decreto “Milleproroghe” anche per quanto riguarda gli stabilimenti balneari la cui riforma, sollecitata dal Consiglio di Stato e dall’Unione Europea, non è più rinviabile. La Presidente del Consiglio accoglie i rilievi, sottolinea l’importanza delle gare e chiede ai partners di Governo (Lega e Forza Italia), più attenzione e senso di responsabilità.
RICORDARE GIORGIO RUFFOLO. Romano di nascita, deceduto a 96 anni, è stato come politico ed economista al fianco di Enrico Mattei. Ministro dell’Ambiente (deputato, senatore e parlamentare a Strasburgo) ha dato forte impulso alla politica di programmazione, con sguardo attento al Mezzogiorno grande risorsa da “sfruttare con intelligenza nell’interesse nazionale ed europeo”. Punto fermo la congiunzione di capitale pubblico e privato per andare incontro al futuro con prospettive unitarie “sempre più concrete e coinvolgenti”.