Zia Maria e Zia Clelia all’UE ? Le zie paterne, signorine del secolo scorso, avevano convinzioni che costituivano modello univoco di interpretazione della realtà, tra Donna Prassede e la “morale dell’ostrica”.
Era interessante il loro linguaggio, tra citazioni con pretesa di letterarietà e massime e motti della tradizione popolare. “ Chi è causa del suo mal, pianga se stesso” , “ Dimmi a chi sei figlio, ti dirò a chi rassomigli”, “ Chi lascia ‘a via vecchia p’à nova , sape chelle che lascia e nun sape chello che trova” , “ Amore con amor si paga” , sono solo un florilegio dei precetti cui si attennero per tutta la loro non breve vita.
Quello che mi lasciava sempre carica di disappunto era il loro commento su coloro che allontanatisi per diletto o per forza dal proprio scoglio, si ritrovavano a correre pericolo o a vivere disavventure. C’era un incidente d’auto ? La “colpa” era di chi aveva scelto di lasciare la casa. Ti ammalavi? Non avevi saputo riguardarti: zia Clelia scendeva in spiaggia con un foulard per proteggere la sua cervicale in caso di brezze marine il 15 agosto. Qualcuno andava via, per motivi di studio o di lavoro? “Nun era necessario! Noi siamo sempre rimaste qua e ci siamo sempre trovate bene!”
Il peggiore fra tutti era “ Fattell’ cu chi è meglio e te e facci le spese! “ . Se uscivo con ragazzi della mia età, chiedevano “ A chi appartiene?”, se a loro ignoti sarebbero stati senza dubbio portatori di problemi e pericoli. Andavano allontanati. Zia Maria e Zia Clelia non se ne sono mai andate.