Da Villaricca a Napoli, poi all’Italia al mondo intero. Tra poco ci sarà il ventesimo anniversario della scomparsa di Sergio Bruni, uno dei pochissimi cantori napoletani che godrà per sempre dell’appellativo di Maestro.
Ricordato spesso come “A voce ‘e Napule” per aver saputo rappresentare con le sue canzoni tutti gli abitanti della città, dai ceti più agiati a quelli più popolari, Sergio Bruni, nome d’arte di Guglielmo Chianese, partecipò 12 volte al Festival di Napoli ottenendo due successi con i brani “Marechiaro marechiaro” e “Bella” e debuttò nel 1960 al Festival di Sanremo insieme a Joe Sentieri con “È mezzanotte” e a Giorgio Consolini con “Il mare”, classificandosi rispettivamente al 5° e al 6° posto. Fondamentale fu poi l’incontro con il poeta Salvatore Palomba, dal cui sodalizio nacquero alcune delle canzoni più famose della sua discografia tra cui “Carmela” del 1976 e l’album “Una voce una città” del 1980 in cui Sergio Bruni musicò il testo di Eduardo De Filippo “È asciuto pazzo ‘o patrone”.
Raiz, “Si ll’ammore è o cuntrario d”a morte” per Sergio Bruni: «Ma la Voce di Napoli non si può imitare: le rendo omaggio»
Il titolo è un verso rubato a «Carmela», l’ultimo classico napoletano, o il primo inno newpolitano che dir si voglia. Fu scritto nel 1976, lo stesso anno di «Napule è»: «È incredibile come, nello stesso momento, un maestro già avanti negli anni e un giovane scugnizzo abbiano ribaltato la nostra melodia e la narrazione della nostra città. In fondo, ma l’ho capito solo adesso, anche la mia “Nun te scurda’” non è solo la storia, vera, delle signorine partenopee e dei soldati americani nei giorni del dopoguerra. È la storia di Napoli; di una città prostituta; di una donna violata, sedotta e abbandonata; delle mille, violente, dominazioni che abbiamo subito».
«Che lle conto?», «Napule doceamara», «Amaro è o bene» (Amaro è il bene. Ce sta, ‘int’a ll’aria, ‘nu presentimento. Chisà si chesta è giá ll’urdema vota.) «Napule è mille ferite», «Bella si tu venisse ind”a sti braccia», sino al misticismo panteistico di «Che miracolo stammattina». Tra tanti magnifici episodi firmati Bruni-Palomba non ci sono quelli più civili, politici, non c’è «Chiappariello», non c’è «Napule nun t”o scurda’». Come mai? «Volevo fare qualcosa che non avevo già fatto. Di canzoni militanti con gli Almamegretta ne abbiamo fatte tante, questo è il mio Bruni, romantico cantore di un mondo al tramonto, ma resistente e, forse proprio per questo, più politico di qualsiasi canto politico»