Non vi spaventate del titolo napoletano a metà. E’ un antico detto napoletano, citato spesso da Joe Marrazzo quando conversava con l’allora giovane Fabrizio Feo, giornalista-amico di Ilaria Alpi, tra i protagonisti della bella mattinata alla finalmente totale “Ilaria Alpi”, che da oggi diventa denominazione dell’intero circolo didattico, che ha sede centrale via Siciliano. Dalle e dalle si piega anche u’ metall’: tantissime volte, la preside delle medie di allora Teresa De Caprio, quando non esisteva ancora l’istituto comprensivo, ha ricordato le tante sollecitazioni scritte fatte a Prefettura e altri organi per ottenere l’ok. A parte i 10 anni di attesa dalla morte, obbligatori per procedere alla pratica ufficiale, Ilaria Alpi era scomoda anche da morta. Oggi, nell’ideale staffetta con l’attuale preside Annarosaria Lombardo, tutto è diventato realtà.
Domenica 20 marzo 1994, Ilaria Alpi viene uccisa a Mogadiscio (Somalia): una vicenda lunghissima che comprende la creazione di una Commissione parlamentare, presunti tentativi di depistaggio, incarcerazioni e assoluzioni e richieste d’archiviazione. Ma per risalire all’inizio del caso, bisogna andare indietro fino a quel giorno, quando la giornalista del Tg3 fu fatta fuori insieme al suo operatore Miran Hrovatin. I due si trovavano in Somalia per seguire la missione “Restore Hope” che vedeva impegnati militari italiani. Feo e De Caprio hanno sottolineato i misteri che ancora avvolgono la vicenda, probabilmente dovuti alla commistione di fenomeni che passano sopra le teste di nazioni, governi, giudici: traffico internazionale di rifiuti e di armi. Omissioni, depistaggi, morte sospetta del condannato poi assolto, interviste tagliate in maniera brutale senza farne ritrovare la minima traccia, I genitori di Ilaria sono scomparsi, portandosi dietro il dolore di una perdita ma anche della mancanza di certezze su colpevoli e mandanti.
Il 12 gennaio del 1998, il cittadino somalo Hashi Omar Hassan si trova a Roma per testimoniare alla commissione sulle presunte violenze dei soldati italiani in Somalia. Viene arrestato per concorso in duplice omicidio volontario e indicato come componente del commando. La richiesta d’arresto è firmata dal pm Franco Ionta che aveva sostituito Pititto e fatto ripartire le indagini. Il pm aveva chiesto la condanna all’ergastolo, ma nel luglio del 1999 Hassan viene assolto. Intanto, per una nuova perizia balistica, i colpi mortali sono stati sparati a bruciapelo, da distanza ravvicinata. Quella di Alpi e Hrovatin sarebbe stata quindi un’esecuzione. Il 31 luglio 2003 nasce la Commissione parlamentare d’inchiesta Alpi-Hrovatin. Il presidente è l’avvocato Carlo Taormina. La Commissione dura tre anni, fino al 2006, quando, senza una soluzione unanime, Taormina si fa portavoce della tesi del rapimento fallito e porta avanti un punto di vista che indigna i genitori della vittima. “Ilaria Alpi era lì in vacanza”, e le voci di un’esecuzione sono state messe in giro ad arte, sostiene affermando di essere in possesso di documenti segreti che proverebbero le sue parole. Ufficialmente la Commissione si schiera per l’ipotesi di un tentativo di rapina o di rapimento “conclusosi accidentalmente con la morte delle vittime”. La versione alternativa, invece, ipotizza che la Alpi abbia scoperto un traffico di armi e di rifiuti tossici illegali nel quale erano coinvolti anche l’esercito e altre istituzioni italiane.
Intanto, un anno dopo la chiusura della Commissione, la procura di Roma – il 10 luglio 2007 – chiede l’archiviazione per l’inchiesta sull’omicidio. Il procuratore sostiene che, oltre a quella di Hassan, è impossibile accertare con precisione altre responsabilità. Si tratta di un’ulteriore inchiesta aperta poco dopo la condanna di Hassan e per cui si era ipotizzato il “concorso con ignoti”. Il 14 febbraio 2010, la famiglia Alpi ottiene un’importante vittoria, seppur parziale: il gip Cersosimo boccia la richiesta di archiviazione. Secondo lui, infatti, l’omicidio Alpi era stato appositamente commissionato per evitare che lei e il suo operatore riportassero in Italia quanto scoperto in Somalia. Tre anni dopo, nel 2013, inizia così un altro processo, questa volta a carico di Ali Ahnmed detto “Jelle”. Era stato l’accusatore di Hassan e adesso deve rispondere di calunnia al fine di sviare le indagini. Hassan e la mamma di Ilaria Alpi si costituiscono parte civile. Nel 2015, Jelle si trova in fuga all’estero e afferma: “Hassan è innocente, io neanche c’ero. Mi hanno chiesto di indicare un uomo”.
Il 16 dicembre 2013, su iniziativa di Laura Boldrini, la presidenza della Camera avvia la desecretazione degli atti delle Commissioni d’inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi. Il 14 gennaio 2014, gli avvocati di Hassan ottengono dalla Corte d’Appello di Perugia la riapertura del caso. C’è l’ok della procura, della Rai e della signora Alpi che si erano costituite parti civili. Il processo si conclude nel 2016, esattamente il 19 ottobre, quando la Corte d’Appello di Perugia assolve il somalo che nel frattempo aveva scontato comunque 17 dei 26 anni che gli erano stati inflitti. La madre della giornalista annuncerà l’anno dopo di voler rinunciare alla ricerca della verità perché “ho dovuto assistere alla prova di incapacità data, senza vergogna, per ben 23 anni dalla Giustizia italiana e dai suoi responsabili”. Nel luglio del 2017, la Procura della Repubblica di Roma inoltra una richiesta di archiviazione sul caso dell’omicidio di Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, avvenuti il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia.
Il 17 aprile 2018, durante l’udienza fissata per discutere la richiesta di archiviazione, il pm Maria Rosaria Guglielmi deposita alcune intercettazioni risalenti al 2012, ma trasmesse solo successivamente dalla Procura di Firenze. Si tratta di conversazioni fra persone di origini somale residenti in Italia che, parlando del caso Alpi, affermano: “L’hanno uccisa gli italiani”. Luciana Alpi, al termine della camera di consiglio fissata davanti al giudice Andrea Fanelli, afferma: “Il gip ha fissato una nuova udienza per la discussione e noi faremo di tutto perché questa inchiesta non finisca in archivio. Da troppo tempo siamo in attesa di una verità che non arriva. Andiamo avanti insomma, anche se sono stanca”. L’8 giugno 2018, il pm chiede l’archiviazione delle nuove intercettazioni ritenute sostanzialmente irrilevanti e inutili all’avvio di nuovi accertamenti. Una richiesta però respinta il 26 giugno dal gip di Roma che dispone altri 180 giorni per ulteriori indagini sull’omicidio della giornalista. Una decisione, questa, che arriva appena due settimane dopo la morte di Luciana, la madre di Ilaria, avvenuta il 12 giugno.
Il 6 febbraio 2019, la Procura di Roma chiede una nuova archiviazione dell’indagine relativa all’omicidio della giornalista. Per i magistrati si sono “rivelati privi di consistenza gli elementi pervenuti che apparivano idonei, se non all’identificazione degli autori materiali ovvero dei mandanti dell’omicidio, almeno ad avvalorare la tesi più accreditata del movente che ha portato al gesto efferato o ad esplorare l’ipotesi del depistaggio”. Tuttavia, gli avvocati Carlo Palermo e Giovanni D’Amati, che tutelano gli interessi di Annamaria Riccardi, zia di Ilaria, hanno evidenziato che “dal dicembre 2007 al giugno 2017, sul caso della uccisione di Ilaria Alpi, risultano subentrate numerose nuove risultanze, riportate e commentate ovunque, ma non esaminate dal pm. Ovvero sussistono numerosi e importanti altri fatti che avrebbero dovuto essere esaminati da un organo requirente che si era, come noto, trovato di fronte a eccepite ‘secretazioni’ di fonti, di nomi, di atti: atti, inoltre, che oggi appaiono ancor più rilevanti in considerazione della sola recente formulazione di imputazioni sui depistaggi (formulate dopo la intervenuta revisione del processo dalla Corte d’Appello di Perugia)”. Inoltre, anche le altre parti offese, (Fnsi, Ordine dei giornalisti e Usigrai), hanno chiesto che non venga definitivamente archiviato il caso. Il 4 ottobre del 2019 il gip di Roma Andrea Fanelli rigetta la richiesta di archiviazione e dispone nuove indagini: chiede che venga ascoltato il direttore dell’Aisi al fine di verificare la “persistenza del segreto” sull’identità dell’informatore di cui si fa riferimento in una nota del Sisde del 1997 e richiede alla Procura accertamenti in relazione al ritardo con cui è stata trasmessa, aprile del 2018, da Firenze la trascrizione di una intercettazione tra due cittadini somali in cui i due parlando di quanto avvenuto a Mogadiscio affermano che Ilaria “è stata uccisa dagli italiani”. 29 anni dopo, la voglia di giustizia è aumentata. Disse qualcuno più importante di noi; Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, saranno saziati (non aveva disse ” giustiziati” ma “saziati”, ricordiamocelo sempre)