“Avevo 13 anni. Le ragioni iniziali erano superficiali, una scusa che mi teneva a galla era l’avere attenzioni da parte dei ragazzi. Pensavo, “Se perdo un paio di kg potrei piacergli di più” SE PERDO, OTTENGO DI PIÙ Il tutto è nato con una donna adulta che ho preso come riferimento, da lei giungevano commenti spiacevoli, presi l’idea di allenarmi con l’obiettivo di perdere peso, mangiando meno e allenandomi. Il mito della bellezza era inculcato dentro di me dalla mia famiglia, l’involucro andava bene, l’interno era pieno di vuoto. PERDEVO E MI PIACEVO DI PIÙ NON AVEVO SPAZIO E VOLEVO PERDERNE Perdevo ma avevo molta più fame, ero in un turbine. Mentivo ed ero completamente immersa in una rete di bugie. Ti stai ammalando per ottenere attenzioni non ricevute. La dottoressa mi minacciò di ricoverarmi “ ti imbottirò di proteine” Ero entrata in un reparto di neuropsichiatria infantile Io non ho mai riconosciuto l’anoressia, accoglievo soltanto la bulimia. In ospedale mi ribellavo ma ero controllata, facevo quello che mi dicevano per non restare li. Mi è stato detto che ero manipolatrice, teatrale, sono stata trattata come un oggetto senza umanità. Il mio obiettivo era uscire da li, dimagrire, stare sola Volevo essere guardata ma sparire avevo tutti gli occhi addosso che non mi vedevano: giudici, medici, avvocati. Più mi spaventavano più mi allontanavo, più non sentivo nulla Non mi interessava nulla, non mi interessava vivere, volevo soltanto morire. Vedevo nell’amore una via di uscita ma non avevo il coraggio, procuravo a me stessa un lento suicidio. Le mie parole non venivano ascoltate, messe solo in una diagnosi, io ero invisibile Volevo le cure e attenzioni di mia madre, volevo farla sentire in colpa, la vedevo in incontri “spazio protetto” lei si mostrava come la vittima, rifiutata dal marito e dalla figlia, le urlavo è tutta “colpa tua”, lei non è più venuta. Non aveva interesse Il mio peso minimo è stato 35 kg per 1.64 cm Il peso era la punta dell’iceberg Uscita dall’ospedale avevo perso altri kg Io ho giurato a mio padre che se mi avesse portato li mi sarei uccisa, facemmo un patto mi sarei fermata a 35kg Per me era un continuo comprare cibo, abbuffarmi, andare in farmacia per comprare lassativi, passavo la notte sulla cyclette Mio padre aveva accettato questo patto folle, i medici dicevano che favoriva il mio malessere. Se sei stato in grado di fermarti sei una manipolatrice non hai una malattia, stai manipolando tuo padre, avvolgendolo in un gioco malato. Non era vero , rispettavo il patto per la fiducia in mio padre, non lo avrei mai deluso.
Non vedevano me come persona ma la mia malattia li accecava, trattandomi come malattia non come ragazza. La fiducia di mio padre mi ha permesso di uscire dal vortice dell’anoressia. Le voci che sentivo, le etichette dei medici, erano assordanti, ad un certo punto soltanto mio padre è andato oltre, la sua fiducia era più forte del caos. La Bulimia che è andata avanti sporadicamente, avevo paura di ingrassare ma ero diventata esperta in nutrizione Mi guardavo allo specchio e c’era sempre qualcosa da togliere, contavo le mie ossa e non erano mai troppo evidenti per me Mi vedevo come non ero e nemmeno come sarei voluta essere Io non voglio essere un esempio per nessuno L’amore che va contro la logica mi ha salvata Ho imparato a gestire la paura di ingrassare, l’ho affrontata Ora non ho nessun problema con il cibo, in seguito ad un percorso pieno di sfaccettature Ho iniziato a guarire quando una persona non è andata via, la presenza è stata la mano che mi ha tirata fuori dall’abisso della malattia. Ho capito che ero molto di più della mia immagine, del mio corpo Punivo me stessa per punire L’odio era incontenibile e lo riversavo su me stessa, perché non era accolto In tutto questo caos ho trovato me stessa, ribellandomi La verità mi ha resa libera Se io avessi di fronte una/un ragazza/o con un disturbo alimentare, non le direi nulla ma sarei li pronta ad accoglierla e ascoltarla, le darei spazio Siccome non viene dato spazio, cerca di prendere meno spazio a livello psicofisico Mi rivolgo invece alle persone adulte di non cadere nell’allarmismo ai primi segnali di disagio ma allo stesso tempo essere disposti a vedere e accogliere il dolore di quella persona. Non dare consigli che non avete vissuto sulla pelle. Non essere ciechi davanti al dolore dei figli, iniziare a fare un percorso, non colpevolizzarsi, avere il coraggio di guardarsi dentro. Il dolore di un figlio non è disgiunto da quello dei genitori. Mettetevi in discussione, sii disposto ad imparare da un figlio perché il suo dolore può dirci qualcosa del nostro. Ascoltate i piccoli segnali, nascosti ad occhi distratti. L’anoressia è fame d’amore”
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Giada
Mi auguro le piaccia
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