Svimez si concentra sulle dinamiche recenti dell’economia campana con particolare riferimento alle attività dei servizi e discute, alla luce delle occasioni offerte dalle risorse disponibili per il rilancio degli investimenti pubblici e privati, le criticità legate alle proposte di autonomia differenziata. La Svimez stima un tasso di crescita del Pil campano nel 2022 del +3,1%, al di sopra della media del Mezzogiorno (+2,9%). Un risultato che dovrebbe dare continuità a una ripartenza post-Covid già più sostenuta nel 2021 in Campania rispetto al resto dell’area meridionale (+6,4% contro 5,9%). Si stima che il contributo del terziario alla crescita del Pil campano nel 2022 si attesti su valori sensibilmente superiori alla media del Sud e del Paese, compensando in tal modo la perdita di valore aggiunto dell’industria manifatturiera: in Campania quasi il 90% della crescita è dovuta ai servizi (pubblici e privati), circa 15 punti in più che nel resto del Paese. Pur con le peculiarità “straordinarie” della congiuntura recente, il commercio, la logistica e la filiera del turismo si confermano attività di traino per l’economia regionale anche nel biennio 2021-22. Si tratta di attività che nell’ultimo ventennio hanno fatto registrare i più alti trend di crescita in termini di valore aggiunto presentando anche indici di specializzazione regionale sempre crescenti. La dinamica favorevole del terziario si è riflessa anche nella ripresa occupazionale. Nel 2022 l’occupazione nei servizi è aumentata del +3,3% (+4,6% nel comparto del commercio, alberghi e ristoranti).
Nel decennio pre pandemia, gli investimenti pubblici in Italia hanno subito un marcato trend calante, più intenso nel Mezzogiorno e ancor di più in Campania. La flessibilità concessa dalla “nuova” Europa ha invertito l’intonazione restrittiva della politica di bilancio per mitigare gli impatti economici e sociali della pandemia. Le necessità di rientro dal “debito Covid” e la spirale inflazionistica hanno cambiato le priorità delle politiche fiscali e monetarie. Gli spazi finanziari per il rilancio degli investimenti vanno ricercati prioritariamente nel quadro delle risorse a valere sul PNRR e sulla politica di coesione: per la Campania circa 40 miliardi di euro da spendere entro il 2029 da mobilitare con una duplice finalità. Da un lato va accompagnato il sistema produttivo regionale per irrobustire la ripresa che, pur se ancora sostenuta, è minacciata dal rialzo dei tassi che pesa su consumi e investimenti, nel Mezzogiorno più che al Centro-Nord. Dall’altro lato, vanno rilanciati gli investimenti pubblici, sciogliendo i nodi che ne rallentano la realizzazione. I comuni campani impiegano circa 5 anni e 1 mese per la realizzazione di una nuova opera, oltre un anno e mezzo in più rispetto agli enti locali delle altre regioni del Mezzogiorno, quasi il doppio in confronto al Centro-Nord. Il ritardo campano si accumula nella fase di progettazione delle opere, fase per la quale trascorrono circa 29 mesi contro i 15 del resto del Sud e i 14 del Centro-Nord.
In tal senso l’autonomia differenziata espone l’intero Paese ai rischi di un indebolimento della capacità competitiva per effetto di una frammentazione inaccettabile delle politiche pubbliche. Dai dati regionali sulla dinamica della spesa complessiva in sanità di fonte Conti Pubblici Territoriali in Campania risulta: una contrazione di oltre il 10% della spesa corrente tra il 2008 e il 2020, il calo più marcato osservato tra le regioni del Mezzogiorno: 1724 per abitante in Campania contro 2010 euro nel Centro-Nord per la spesa corrente: 25 euro contro 72 del Centro-Nord per quella in conto capitale. Con riferimento all’istruzione, significativo è il rapporto tra spesa e studenti, dal quale risulta uno scarto sfavorevole al Sud, dove la spesa per studente è di circa 50 euro annui inferiore rispetto al resto del Paese (5.428 euro per studente contro 5.476). Con una spesa di 5.249 euro per studente, il gap della Campania è ancora più sensibile: 246 euro per studente in meno rispetto alla media delle regioni del Centro-Nord.
“Questo primo report realizzato in collaborazione con Svimez ci consente di rappresentare gli aspetti positivi e quelli negativi che abbiamo di fronte a noi nelle sfide per il rilancio dell’economia della Campania. In primo luogo appare evidente la centralità del terziario avanzato nella nostra regione come capacità di crescita e sviluppo e di traino dell’intero comparto economico rappresentandone come imprese la gran parte del Pil e degli occupati. L’auspicio è che anche le politiche di sviluppo pubblico regionale tengano finalmente conto della necessità, o meglio opportunità, di destinare maggiori risorse economiche e in generale, più attenzione, a questi settori dell’economia. Dall’altro lato purtroppo l’autonomia differenziata e il taglio o comunque il congelamento allo status quo delle risorse per sanità e istruzione spiegano bene perché la Campania in un contesto italiano e meridionale rischi di essere ancora un fanalino di coda“. Lo ha dichiarato il presidente di Confcommercio Campania Pasquale Russo. Dal canto suo Luca Bianchi, direttore generale della Svimez, ha sottolineato che “il primo report Campania fotografa un’economia regionale con un settore terziario dinamico che ha trainato la ripresa post Covid. Ora, in un quadro reso più difficile dall’impatto inflazionistico della crisi ucraina, occorre accompagnare queste tendenze con politiche a favore delle imprese e investimenti infrastrutturali. Sono disponibili da qui al 2029 per la Campania circa 40 miliardi di euro di risorse nazionali ed europee (coesione e PNRR), che non possono essere sprecate e che vanno gestite con un forte coordinamento tra fonti di spesa e soggetti attuatori. Un percorso di ripresa economica e di riduzione dei divari di cittadinanza è però incompatibile con le recenti proposte di attuazione dell’autonomia differenziata. Il report evidenzia chiaramente gli effetti negativi della frammentazione istituzionale sul sistema delle imprese. Si delinea, in sostanza, uno scenario di crescente ‘specialità’ delle regioni a statuto ordinario con una conseguente impossibilità di definire politiche coordinate per la crescita e il rafforzamento del sistema delle imprese. Per le Regioni del Mezzogiorno, e quindi anche per la Campania, a questo quadro di frammentazione si aggiungono gli effetti di una cristallizzazione dei divari di cittadinanza. Per rendere effettivi i diritti non basta definire i Lep, come popone Calderoli, ma occorre garantirne il finanziamento. I divari nell’offerta di servizi nel nostro Paese, sino ad ora cristallizzati dalla spesa storica, si superano solo con un percorso graduale di riequilibrio della spesa con risorse aggiuntive , a meno di non prevedere una redistribuzione, a risorse date, dalle ‘virtuose’ regioni del Nord a quelle del Sud”. Sono intervenuti il presidente di Svimez Adriano Giannola e i parlamentari Gianluca Cantalamessa e Arturo Scotto.