Passano gli anni ma la tradizione resta. La mattina del Primo Maggio, Nocera Inferiore diventa la “capitale” della Festa del Lavoro su tutto il territorio provinciale, con il rito del Corteo che attraversa buona porta della città e il comizio finale, sempre di qualche esponente di una sigla sindacale nazionale. Certo, fino agli anni settanta/ottanta del secolo scorso, era tutta un’altra storia. Erano tantissimi i socialisti che sfoggiavano il garofano all’occhiello ed era notevolissima la presenza comunista-operaia, visibile con la partecipazione al corteo della classiche “forchette”. Oggi tutto è cambiato, mondo del lavoro in primis, ma la tradizione dell’appuntamento a Nocera è rimasta.
Le radici vengono dal passato remoto, l’ha ricordato in qualche suo scritto degli anni scorsi, il sempre preciso Angelo Verrillo. Nel 1902 a Nocera venne alla luce la prima Camera del Lavoro. “Nelle nuove industrie del tempo vigevano ancora le vecchie abitudini che regolavano i rapporti di lavoro nell’epoca feudale: gli operai non avevano alcun diritto, l’orario di lavoro arrivava anche a 12 – 13 ore al giorno, il lavoro minorile era considerato normale (anche di bambini di sette, otto anni), il salario veniva stabilito dai “padroni” e non erano ammesse discussioni. Tra quelli descritti, l’aspetto più sgradevole era certamente il lavoro minorile. Francesco Barbagallo nel libro Napoli Belle Epoque – Edizioni Laterza 2015, descrive con durezza la vita dei piccoli lavoratori: guadagnavano da 17 a 80 centesimi al giorno, andavano a lavorare all’una di notte e smettevamo alle 16.00, 17.00 del giorno successivo e se qualcuno di loro si sedeva per riposare qualche minuto, veniva anche picchiato e maltrattato. A Torre Annunziata, proprio in difesa di quei bambini, nel 1902 fu organizzato uno sciopero generale che durò quasi un mese e bloccò anche le attività del porto. Dalla stessa fonte ho appreso anche che quella lotta durissima ricevette la solidarietà delle organizzazioni sindacali di Napoli, Scafati e Nocera Inferiore. Nella nostra città il primo dirigente del movimento operaio fu, senza ombra di dubbio, Giuseppe Vicidomini. Nato nel 1879, Vicidomini era figlio di un falegname bottaio, da giovane lasciò il seminario dove studiava per dedicarsi al lavoro politico e sindacale. Fondò la Società Operaia dei pastai e mugnai e la Lega dei Cestai e divenne poi il primo Segretario della Camera del Lavoro di Nocera Inferiore. Le prime lotte operaie, agli inizi del ‘900, videro i pastai e mugnai dare vita a scioperi e proteste durissime, che spesso duravano anche alcune settimane, per strappare salari, condizioni e orari di lavoro più rispettosi della dignità umana. Durante gli scioperi, nei pressi dei mulini e dei pastifici si accendeva un fuoco e si cuoceva un pasto caldo. Capitava anche che gli scioperanti venissero caricati e dispersi dai gendarmi. Dopo quelle prime battaglie di civiltà, ne seguirono molte altre. In particolare, mi piace ricordare anche quelle che coinvolsero il proletariato agricolo, formato da braccianti e piccoli contadini. I primi occupavano gli ultimi gradini della scala sociale ed ogni mattina, prima dell’alba, andavano a cercare lavoro alla stazione, venivano esaminati come le bestie, se ne valutava la muscolatura e si decideva chi di loro prendere a lavorare. I secondi, erano spesso assegnatari di piccoli appezzamenti di terra e dovevano cedere ai proprietari latifondisti fino ai 3/4 del prodotto coltivato e raccolto grazie al lavoro durissimo di intere famiglie.”