Venerdì 12 maggio ore 20.45 al Teatro Comunale Diana di Nocera Inferiore, va in scena ‘O CUNTO D’A JATTA per ’&’: la rassegna è firmata da Artenauta Teatro (il progetto ideato dalla direttrice artistica e regista Simona Tortora, con l’organizzazione di Giuseppe Citarella e il patrocinio del Comune di Nocera Inferiore). La performance vede la regia di Antonello Ronga, con protagonisti le attrici e gli attori della Compagnia di Artenauta Teatro.
L’opera riscritta da Ronga si ispira alla famosa fiaba di Giambattista Basile, inserita ne Lo cunto de li cunti (edito tra il 1634 e il 1636 a Napoli). La raccolta, nota anche con il titolo di Pentamerone, era costituita da 50 fiabe, raccontate da 10 novellatrici in 5 giorni, collocate in una cornice che segue il modello del Decameron di Giovanni Boccaccio. Nel 1976 Roberto De Simone realizzò un’opera teatrale in tre atti dal titolo La Gatta Cenerentola, ispirandosi alla fiaba omonima, mescolata con altre versioni, scritte e orali. Alla base c’è il lavoro di ricerca operato dall’autore e dal suo gruppo, la Nuova Compagnia di Canto Popolare, nelle tradizioni orali e musicali del Sud Italia. La grande protagonista è la città di Napoli, città figliastra, vittima del potere di una matrigna perversa e di occupanti stranieri. A questo progetto multistratificato si rifà il lavoro di Antonello Ronga che porta in scena, sul palco del Diana di Nocera Inferiore, 22 attori della Compagnia di Artenauta Teatro.
«Un lungo lavoro che ci ha dato la possibilità di riprendere il contatto con il palco, dopo lo stop dovuto alla pandemia – racconta il regista Ronga – Abbiamo lavorato con grande entusiasmo e impegno, per rendere il ritorno alle scene più scintillante possibile, con l’amore che contraddistingue questo gruppo, soprattutto il suo capitano che è Simona Tortora. Lo sforzo è stato notevole, ci aspettiamo che il pubblico accolga questo amore profuso per la messa in scena».
Note di regia di Antonello Ronga: «Con il suo “Lo cunto de li cunti” Basile dà voce alla vita e alle tradizioni della gente comune di Napoli, per lo scrittore unica depositaria di una preziosa saggezza. L’utilizzo del dialetto è caratterizzato da vere invenzioni lessicali: piega le parole al suo volere, ne storpia il suono per regalare significati inediti ai suoni. Così le parole diventano vere evocando scene di vita crude e colorate, reali in una parola. Dei suoi cinquanta “cunti” forse il più radicato al nostro territorio resta “’O cunto d’a gatta”. Questa messa in scena intende omaggiare quell’universo meraviglioso che è la donna. Le suggestioni e i quadri si susseguono tra amara risata ed una lacrima di gioia, per culminare in un lieto fine in cui la Donna sarà vittoriosa, la nostra terra e i suoi misteri avranno la meglio sulla modernità e sul nuovo che avanza».