Un chiaro impegno in difesa del Servizio Sanitario Nazionale pubblico e universale, è quanto chiedono le Organizzazioni sindacali, che rappresentano oltre 120.000 dirigenti medici, veterinari e sanitari dipendenti del SSN e le Associazioni di cittadini e pazienti, a tutte le forze politiche. Il diritto alla salute, principio fondante della Costituzione Italiana, “è seriamente a rischio – secondo quanto si legge nel Manifesto per la salvezza del Servizio Sanitario Pubblico lanciato in occasione della Conferenza Nazionale per la Sanità pubblica -. E’ in atto, da tempo, un processo di destrutturazione del Ssn pubblico che, di fatto, ha minato la sostenibilità, l’equità e l’accesso alle cure, rendendo marginale rispetto alle politiche nazionali un bene inalienabile come la salute degli italiani. Proprio per questo le associazioni di cittadini e pazienti, le rappresentanze professionali avviano una mobilitazione che a partire dalle fiaccolate del 3 maggio, in onore e memoria di Barbara Capovani, attraverso questa iniziativa odierna e le prossime del 15 giugno, porterà ad una Manifestazione Nazionale a settembre a Roma. Appare superfluo – si legge ancora nel Manifesto – ricordare come la tempesta della pandemia Covid-19 abbia accentuato le fragilità del SSN, funzionando da acceleratore di fenomeni esistenti e cambiando definitivamente lo scenario in cui ci muoviamo. L’Italia è fanalino di coda per quanto riguarda la spesa sanitaria in Europa, sia per valori pro-capite a parità di potere d’acquisto, sia come percentuale di Pil, con un gap vertiginoso rispetto a Paesi di riferimento come Francia e Germania”.
Per i promotori dell’iniziativa “il definanziamento pluridecennale riservato al sistema sanitario pubblico e ai suoi dipendenti ha prodotto non solo un continuo restringimento del perimetro pubblico del servizio sanitario, con la progressiva privatizzazione dei servizi sanitari, ma addirittura una crescita esponenziale dell’appalto al privato dei professionisti, sempre più raramente disposti a iniziare o a continuare a lavorare nelle strutture pubbliche, a fronte di stipendi dal potere d’acquisto sempre più basso e di condizioni di lavoro in continuo peggioramento. Ma oltre a finanziamenti adeguati, non possiamo immaginare una sanità senza una seria riforma che affronti sia l’emergenza ospedaliera che territoriale. La crisi degli ospedali non si esaurisce nei Pronto soccorso, unica alternativa alle infinite liste di attesa, sovraffollati di pazienti ma sostenuti da pochi medici e professionisti sanitari allo stremo delle forze – si legge ancora nel Manifesto -. E quella del territorio si manifesta con aree geografiche estese prive di medici di riferimento e di sostegno sociale per pazienti con malattie croniche, spesso non autosufficienti, invalidanti. Queste emergenze, tuttavia, non compaiono tra gli interventi prioritari dell’agenda politica”.
“Il diritto alla salute, che la Costituzione vuole uno e indivisibile, è oggi declinato in 21 modi diversi, causa di quelle diseguaglianze nell’accesso alle cure che costringono i pazienti ai viaggi della speranza lungo il gradiente Sud-Nord, mentre i processi di autonomia differenziata avviati dai Governi Nazionali e dalle Regioni, accentueranno drammaticamente le differenze tra gruppi sociali e aree geografiche, trasformando il diritto alle salute in un bene di lusso che costringerà i cittadini a pagare le cure di tasca propria o a rinunciare all’accesso alle cure quando non potranno permetterselo – spiega ancora il Manifesto -. Oggi il diritto alla salute dei cittadini è strettamente intrecciato al destino professionale di tutti gli operatori sanitari del SSN. Perciò la battaglia in difesa della sanità pubblica è la battaglia di tutti. Solo se saremo uniti potremo vincerla. E’ necessario, quindi, tornare a considerare le risorse stanziate per la salute dei cittadini come un investimento e non come una spesa sacrificabile, che decenni di tagli hanno dimostrato essere una scelta controproducente anche sotto il profilo economico”.
“Noi chiediamo per l’ennesima volta un impegno alle forze politiche e non ci stancheremo mai di farlo. Questa volta però, vogliamo coinvolgere i cittadini che, insieme a noi, sono l’anello terminale di una serie di scelte politiche che sono state fatte in passato e che saranno fatte in futuro”, afferma Guido Quici, presidente della federazione Cimo-Fesmed, “siamo molto preoccupati, è aumentato il fatto che i cittadini non si curano, ma siamo preoccupati anche perchè non si fa prevenzione. Ci sono problemi negli ospedali, nelle emergenze, ci sono fughe di medici, ci sono una serie di aspetti talmente complessi che necessitano di mettersi attorno a un tavolo e definire qual è il futuro della sanità. Se si vuole la sanità pubblica – osserva – allora si sceglie di investire, se si vuole trasformare il tutto in una sanità privata lo dicessero in maniera molto tranquilla e noi ne prenderemo atto. La possibilità di lanciare una manifestazione a settembre è un’idea, io però vorrei aspettare il nostro contratto di lavoro, vorrei anche aspettare di capire come vogliono impostare la futura finanziaria, perchè se non vorranno investire risorse finanziarie diventa d’obbligo organizzare una manifestazione. Noi abbiamo una destrutturazione del Servizio sanitario nazionale, occorre recuperare i posti letto, recuperare l’offerta sanitaria, il personale. La diagnosi siamo tutti in grado di farla, il problema è che manca la terapia che se non ce la da la politica proveremo a darcela noi”.