“Finora ho fatto solo il mio dovere di sindaco di questa città, per il bene di tutta la comunità. Legalità è un bel concetto, ma per avere il rispetto delle regole vanno trasmessi cultura, educazione e senso civico ai giovani”. A dirlo è Ilaria Abagnale, sindaca di Sant’Antonio Abate, nell’ambito dell’evento “Musica e Legalità” organizzato dall’istituto comprensivo “Mosè Mascolo” alla presenza di don Tonino Palmese.
La mattinata di ieri si è aperta con la marcia degli alunni delle scuole cittadine abatesi che, da piazza Libertà, hanno raggiunto in corteo il Parco Naturale, dove si è tenuto un incontro-dibattito, inserito nel calendario di eventi del “Mese della Cultura Abatese”.
L’evento ha visto la partecipazione di Ilaria Abagnale, sindaca di Sant’Antonio Abate; don Tonino Palmese, presidente della fondazione Polis; Francesco Soviero, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Salerno; il maggiore Carlo Venturini, comandante della compagnia carabinieri di Castellammare di Stabia; Pasquale Del Prete, presidente della Fai Antiracket Ercolano; Francesco Saverio Patrizio, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo “Mosè Mascolo”, con gli alunni che hanno posto diverse domande ai presenti. L’incontro è stato aperto dagli alunni che hanno ricordato anche la strage di Capaci.
“Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno lottato per il bene di tutti noi – ha aggiunto Ilaria Abagnale – e, insieme alle loro scorte, hanno sacrificato la propria vita per gli ideali di giustizia e legalità. In certi momenti, quando si lotta contro qualcosa di più grande, si trova il coraggio di dire “io non ci sto” e si va avanti. Dopo può subentrare la paura, ma per fortuna lo Stato c’è e a Sant’Antonio Abate ne abbiamo avuto la prova”.
“Le mafie – ha ricordato don Tonino Palmese – nascono dove manca la cultura, dove c’è chi alimenta quel modo di vivere e quel modo di esserci. Se a 17 anni un ragazzo è già in galera e si definisce “in carriera” ci sono cause e responsabilità più complesse dietro. Ci sono tanti “io non ho niente da vedere” detti: dalla famiglia, dalla scuola, dai servizi sociali, dalla stessa chiesa, dalla politica. In tanti dicono “io non ho niente da vedere”, intanto per quel ragazzo si sono aperte le porte del carcere”.
“Qui in questi territori si vive male perché c’è una sottocultura che sviluppa violenza e sopraffazione – è l’idea del magistrato Francesco Soviero – e l’esempio più vicino è quello di Sant’Anastasia, dove due ragazzini in dieci minuti si procurano le armi e sparano in piazza, ferendo anche una bambina. Tutto parte dai ragazzi e su di loro va fatto un lavoro importante”.
Pasquale Del Prete, invece, ha portato l’esempio del “modello Ercolano” che ha combattuto il racket e messo in ginocchio i clan ercolanesi: “La camorra è forte perché agisce in gruppo. Così, noi imprenditori e commercianti l’abbiamo contrastata con la stessa arma, semplicemente unendoci anche noi in gruppo e denunciando tutti insieme e compatti. Quel modello è fondato sulla fiducia degli altri, delle forze dell’ordine, della magistratura, un lavoro di squadra che ancora oggi porta frutti. La fiammella che accende la speranza è solo una: la denuncia”.