Ultima conferenza per Luciano Spalletti. Ultimo appuntamento a Castel Volturno davanti ai giornalisti, alla vigilia dell’ultima giornata di campionato. Il mister parte dai ringraziamenti, dopo essere entrato in sala stampa sulle note del coro “Sarò con te…”: “Ringrazio tutti quelli che ho incontrato in questi due anni per me indimenticabili. Ringrazio un gruppo di calciatori straordinario, una città nata per le grandi passioni come il calcio, i nostri tifosi sparsi in tutto il mondo e tutti i bambini che mi hanno abbracciato con il loro affetto riempiendomi del loro futuro azzurro. Ringrazio tutta la seconda squadra, lo staff tecnico, i medici ed i fisioterapisti, i magazzinieri, i dipendenti ed i collaboratori che hanno lavorato nel Napoli Calcio. Il presidente e la società tutta”.
Spalletti spiega i motivi dell’abbraccio con De Laurentiis? “Non voglio che nell’aria ci sia divisione, non voglio che si scelga tra me e lui. Non ci deve essere qualcuno che annulli l’altro. Abbiamo lavorato tutti benissimo, d’accordo. Questo campionato è stato un trionfo e con quell’abbraccio ho voluto annullare questa insidia che si sente nell’aria”.
L’allenatore se la sente di dare consigli o suggerimenti al suo successore? “Io non ho possibilità di dare consigli agli altri. Si chiedono, se c’è bisogno. Non si vanno a cercare. Non so chi verrà e non dò consigli su chi prendere”.
Cosa porterebbe via da Napoli? “Mi piacerebbe avere tre cose da portare via. Quando abbiamo capito che quest’anno avremmo potuto raggiungere qualcosa di incredibile ho iniziato a dire alla squadra che se fosse accaduto avremmo visto un città esplodere di gioia. E solo ora mi rendo conto di aver parlato per mesi di qualcosa di cui non avevo capito la reale portata. Napoli non va immaginata, perché è molto più della immaginazione. Va vissuta. Io sono sempre stato un pò napoletano ed avevo bisogno di questi due anni per diventarlo del tutto”.
Poi Spalletti dice veramente tre cose che porterebbe via: “Mi porterò dietro un patino per il mare, un cavallo perché mi ricorda i miei calciatori, che hanno trottato come cavalli, ed un crocifisso per la fede. Sono queste le tre cose che porterò via. Trovatemi da chi comprare il cavallo…”.
Ma dopo quale partita ha capito che avrebbe vinto lo Scudetto? “Sono tanti i momenti e non sono mai determinanti. Determinante è avere una mentalità forte, un gruppo di calciatori che sono amici come hanno fatto vedere anche in questi ultimi allenamenti, in cui non si fa niente più di interessante ma ci mettono comunque quell’entusiasmo e quella forza mentale che hanno tenuto per tutto l’anno. E qui si capisce che questa squadra avrà un grande futuro, perché è una squadra giovane ed ha una qualità incredibile”.
Spalletti rivela dell’addio dati ai calciatori: “I calciatori mi hanno fatto un regalo, ci siamo abbracciati. Questa è la cosa più difficile da superare, perché poi viene il pensiero se hai fatto bene o hai fatto male a prendere questa decisione ed in questi giorni, iniziando ad immaginarmi lontano da questa città e da questa gente, ho realizzato quanto sia difficile arrivare a prendere questa decisione. Il cuore e magari anche l’egoismo ti dicono che dovresti continuare, perché lasci una squadra fortissima sotto tutti gli aspetti, una squadra che ha delle basi per costruirci qualsiasi cosa. Ma è proprio l’amore che mi circonda, che mi avvolge in tutto quello che ho in questo momento, è mi ha dato la forza di accettare questa decisione che ho preso”.
Per Spalletti arriverà anche la cittadinanza onoraria di Napoli: “Questo mi emoziona tantissimo. Mi piace essere diventato un cittadino di questa città, mi piace poter pensare che anche tra 10 anni potrei tornare qui ed essere amico di tante persone. Mi piace poter ritornare in quei luoghi in cui ritrovo tutto questo affetto, in tutti i ristoranti dove ho mangiato benissimo”.
Qual’è stato il momento più bello e quello più difficile: “A Udine quando l’arbitro ha fischiato la fine della partita, che ci ha decretato la fine del campionato. L’altro è la sconfitta di Empoli dell’anno scorso, una partita che avevamo in mano e che abbiamo perso”.
Cosa ha provato a fare la società per convincerla a restare? “Dal punto di vista mio è tutto chiaro, poi se si vuole mettere a posto quello che avete scritto voi va bene. C’è stato un momento in cui il Presidente ha detto delle cose a voi e le avete dette a me. Io dissi che avrei voluto che le dicesse prima a me. Dopodiché ci siamo dati appuntamenti. Siamo andati a cena ed in quel momento gli ho detto tutto, abbiamo sistemato tutto in un quarto d’ora. Siamo stati lucidi nel concludere quello che era il motivo della cena. Lì ci siamo lasciati. Ormai ho preso questa decisione perché ho dato tutto quello che avevo e lasciare ora è un autentico atto d’amore. Chi spende tutto quello che è perché ama quello che fa. Non ho più le energie per essere all’altezza di ciò che si ama. Ed allora si lascia, si fanno due passi indietro e si lascia”.
Kvaratskhelia è stato eletto miglior calciatore della Serie A, cosa impensabile a luglio scorso: “Si tornano a ridire molte cose che si sono già dette. Kvara era uno chiacchierato tra gli osservatori. Poi c’era da immaginarselo. E bisognava che fosse dentro il recinto di calciatori da poter prendere per stipendio e per costo. Dovevamo sostituire un calciatore come Insigne che ci aveva fatto vedere delle cose bellissime e dovevamo prenderne uno dalle caratteristiche simili. Giuntoli tirò fuori il suo nome, lo si guarda un pò ma io ho lavorato 5 anni in Russia e qualche domanda lo ho fatta e dissi che per me si poteva prendere. Il Presidente era un pò perplesso per la sua adattabilità al nostro calcio. Mi ha chiamato per due sere di fila. Si usano le varie piattaforme, come Wyscout, per guardarlo per bene ed è stato bravo Giuntoli a portarlo a casa perché era ambito anche da altre società ed è stata brava la società a prenderlo. Poi lui è stato il professionista che poi si è rivelato. Gli ho visto fare delle rincorse che in precedenza non gli avevo mai visto fare. Poi tocca la palla “doce doce” come si dice a Napoli. E’ imprevedibile, crea sconquasso nella difesa avversaria. Sa calciatore con tutti e due i piedi, ha due gambe importanti dal punto di vista di jump. E poi è giovanissimo, sento fare tanti paragoni ma lui è più giovani ed ha tutto dalla sua parte. Grandissimo calciatore e grandissimo campione”.
La Coppa Italia può essere l’unico rammarico? “Io di rammarichi ne ho tanti. Quando sono arrivato il presidente mi ha detto che non me ne frega niente della Coppa Italia e l’abbiamo preso in parola. Per lui contava rientrare tra le prime quattro per rimettere a posto i conti della società. Nel fare questo lui è stato bravo a prendersi delle responsabilità, gli altri presidenti non se le prendono. Siamo riusciti a sistemare tante cose. Di solito si fa tutto in quattro anni, noi abbiamo fatto tutto in due.
Spalletti non fa sconti, non rivela la formazione: “Non lo so, perché Politano e Olivera si sono allenati a parte. Mario Rui, che volevo far giocare, ha avuto un pò di problemi e discontinuità negli ultimi giorni. Mi piacerebbe che quelli che hanno giocato più spesso e che hanno determinato il volume che abbiamo creato siano in campo. Ci sarà da fare delle valutazioni, ma la formazione iniziale sarà molto simile a quella che ha giocato più spesso”.
E’ contemplabile un ritorno a Napoli? “Io non voglio giocare contro il Napoli. Non voglio mettermi una tuta che sia differente da quella del Napoli. E’ una cosa che ho detto subito a De Laurentiis. Si riparte da lì. Poi a fine anno si fa un inventario dei pensieri e si guarda un pò dove siamo. Con il Napoli si gioca sempre in casa. Il tatuaggio è una cicatrice e lo ho fatto sul braccio per averlo sempre sotto gli occhi”.