Sono trascorsi 15 anni ma il tempo non rende il ricordo meno amaro, duro e triste. Marco Pittoni aveva solo 33 anni quando, quel maledetto 6 giugno 2008, morì ucciso in un tentativo di rapina all’ufficio postale di Pagani. Era a capo della tendenza dei carabinieri da circa un anno. Quella mattina, Pittoni era in borghese, con un collega all’interno dell’Ufficio Postale di Corso Ettore Padovano, una chiacchierata con il Direttore, la tragedia dietro l’angolo, perché fecero irruzione alcuni criminali. Pittoni provò a disarmare i delinquenti. Ci fu una colluttazione e dei colpi d’arma da fuoco lo raggiunsero al collo e all’addome. Morì qualche ora dopo all’ospedale di Nocera Inferiore. Il suo ricordo è sempre vivo, la terra che lo ha ospitato non lo dimentica. Domani, 6 giugno, Pagani lo ricorderà ancora una volta: ore 10.00 celebrazione della Santa Messa presso la chiesa del Corpo di Cristo e a seguire la deposizione della composizione floreale alla targa commemorativa posta all’ esterno dell’Ufficio Postale di Corso E. Padovano, luogo del tragico evento.
Alto, magro, profondi occhi scuri, Marco era nato a Sondrio il 30 settembre del 1975, ma la sua giovane vita l’aveva trascorsa in Sardegna, a Giba, nel Sulcis. A 22 anni aveva compiuto la scelta di seguire le orme di suo padre Giovanni, arruolandosi nell’Arma dei Carabinieri. Dieci anni più tardi, nel settembre del 2007, assunse il Comando della Tenenza di Pagani, nel cuore dell’Agro nocerino sarnese, in provincia di Salerno. E fu qui, a Pagani, che, ad appena 33 anni e a pochi mesi dal suo arrivo, si compì il suo tragico destino.
Chiunque abbia avuto modo di conoscerlo quel ragazzo non potrà non conservare nel cuore il ricordo di un uomo giusto. Nonostante i pochi mesi trascorsi nell’Agro e a Pagani, Marco si era fatto notare immediatamente per la passione e la determinazione con cui indossava quella divisa e ogni giorno faceva il suo lavoro. Ma, più di ogni altra qualità, forse era la sua profonda umanità il tratto più marcato della sua personalità. Un’umanità che lo portava ad esercitare le sue funzioni di ufficiale dell’Arma con uno spirito che andava bel oltre le responsabilità del suo ruolo. Accadde così quando volle regalare una bicicletta a un bambino che aveva avuto modo di incontrare durante un intervento di servizio e di cui aveva colto il bisogno di ascolto e accoglienza. Ma accadeva così sempre anche nei suoi numerosi incontri nelle scuole della città o a contatto con la vita vera delle persone che in lui apprezzavano la bontà, la tenerezza, la generosità. Un uomo buono, ecco. Questo era Marco. Un uomo buono, che interpretava con profondità e integralmente il suo ruolo, con fermezza di fronte alla sacralità della Legge ma con lo spirito di chi sa vivere con umanità i suoi valori.
Chiunque abbia avuto modo di conoscerlo quel ragazzo non potrà non conservare nel cuore il ricordo di un uomo giusto. Nonostante i pochi mesi trascorsi nell’Agro e a Pagani, Marco si era fatto notare immediatamente per la passione e la determinazione con cui indossava quella divisa e ogni giorno faceva il suo lavoro. Ma, più di ogni altra qualità, forse era la sua profonda umanità il tratto più marcato della sua personalità. Un’umanità che lo portava ad esercitare le sue funzioni di ufficiale dell’Arma con uno spirito che andava bel oltre le responsabilità del suo ruolo. Accadde così quando volle regalare una bicicletta a un bambino che aveva avuto modo di incontrare durante un intervento di servizio e di cui aveva colto il bisogno di ascolto e accoglienza. Ma accadeva così sempre anche nei suoi numerosi incontri nelle scuole della città o a contatto con la vita vera delle persone che in lui apprezzavano la bontà, la tenerezza, la generosità. Un uomo buono, ecco. Questo era Marco. Un uomo buono, che interpretava con profondità e integralmente il suo ruolo, con fermezza di fronte alla sacralità della Legge ma con lo spirito di chi sa vivere con umanità i suoi valori.