“Oggi siamo impegnati in una battaglia per la riforma della giustizia. Ho detto e ribadisco che non hanno titolo a parlare in primo luogo dirigenti del Partito Democratico, non ha diritto a parlare chi non ha fatto nulla, per anni, di sostanziale”.
Così il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca commentando la riforma dell’abuso d’ufficio “Non ha diritto a parlare – ha aggiunto De Luca – chi ha assistito al calvario di 5mila persone che in Italia hanno subito procedimenti per abuso in atto d’ufficio e poi risultati innocenti. Non ha diritto a parlare chi non ha capito che l’abuso in atto d’ufficio va eliminato”. “Io – ha aggiunto De Luca – sostengo con forza l’eliminazione che è il presupposto per ragionare in maniera serena. Va cancellato il vizio d’origine dell’abuso in atto d’ufficio, cioè il trasferimento delle materie amministrative sul piano penale, cosa indegna ma accettata, subita e tollerata, per anni”.
Il governatore della Campania ha affrontato l’argomento a margine dell’intitolazione di una sala del Consiglio Regionale a Roberto Racinaro, ex rettore dell’Università di Salerno ed ex consigliere regionale, che uscì assolto dopo un lungo calvario giudiziario.
– “Ricordare Roberto significa combattere a viso aperto per la civiltà del diritto, per affermare il principio che la libertà è un valore sacro che può essere intaccato soltanto per motivi gravissimi. Non come accade ancora oggi per questioni francamente ridicole”. Lo ha affermato il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca commentando la riforma dell’abuso d’ufficio, a margine dell’intitolazione di una sala del Consiglio Regionale in ricordo di Roberto Racinaro, ex rettore dell’Università di Salerno ed ex consigliere regionale, che uscì assolto dopo un lungo calvario giudiziario.
Per De Luca la riforma in corso dell’abuso di atto d’ufficio serve ad “avviare una battaglia di civiltà – ha detto – in questo paese, contro il rapporto malato che si è costituito fra sistema dell’informazione e alcune procure, contro lo squilibrio interno alla magistrature. Vi è un sistema in cui non vengono premiati quei magistrati, che sono la stragrande maggioranza, che coltivano il diritto e hanno un senso della sacralità della propria missione, ma quelli che perdono tempo a fare gossip e pubblicità per promuovere la propria carriera. Dobbiamo fare questa battaglia perché l’Italia entri in un contesto di civiltà del diritto che per larga parte si è perduto. La giustizia è al servizio dei cittadini, non viceversa: questo è il principio che dobbiamo affermare”.