Grande successo per “La buona novella” di De André al Battistero paleocristiano di Santa Maria Maggiore. Tra narrazione, canto e gestualità contemporanee per evocare, però, un tempo antico, il fine settimana scorso è andata in scena “La novella secondo Faber” per la regia di Francesco Pellizzari e Roberto Monte.
Una performance tra musica e teatro, con musiche e testi originali de La buona novella di Fabrizio De André, che riattraversa alcuni momenti della vita di Gesù, grazie anche a personaggi a lui vicini: Anna e Gioacchino (i nonni, genitori di Maria), Maria e Giuseppe (i suoi genitori), le madri dei due ladroni impiccati con lui, Tito e Dimaco, divenute protagoniste insieme ai figli. Ciò che rende unico questo concept album di De André, è il racconto di Cristo uomo attraverso gli occhi di un anarchico – “un innamorato dell’essere umano e nemico del potere, come lo è stato Gesù” – non di certo un esempio di pio cristiano, ma sicuramente un uomo profondo, lontano dalla sterile estetica della fede praticata da molti cattolici. E la chiave di lettura della performance è proprio l’umanità. Lo spettacolo è un viaggio emozionale attraverso i sensi, fatto di gesti, spazi, parole, musica, profumi e silenzi, in cui la narrazione segue fedelmente i brani di De André, intervallati da momenti teatrali e performativi con testi in parte tratti dagli stessi vangeli apocrifi (testi “maledetti” dalla Chiesa perché tendenti a descrivere gli eventi in maniera più “terrena, laica” che divina) che avevano ispirato De André e, in parte ricercati, quali “In nome della madre” di Erri De Luca, “Color del tempo” di Apollinaire e “Caos” di Pasolini.
Possiamo solo riassumere che la narrazione della vita di Gesù, partendo dal Laudate Dominum, si snoda dalla nascita fino alla morte sul Golgota: dall’Infanzia di Maria al Sogno di Maria con l’Annunciazione; dalla maternità inaspettata (l’ave alle donne come te Maria, femmine un giorno e poi madri per sempre) espressa in letizia nell’ Ave Maria, un omaggio alla donna nel momento del concepimento, alla scena del parto, descritta da Erri De Luca; dalla Passione con Maria nella bottega del falegname, dove, apprende la terribile notizia della condanna a morte del figlio al canto straziante delle Tre Madri, che si conclude con le parole di Maria: non fossi stato figlio di Dio, t’avrei ancora per figlio mio. La chiusura è affidata a Laudate Hominem, una ripresa vera e propria del pezzo di apertura, in cui, grazie al cambio di titolo, si sottolinea ancora una volta la natura prettamente umana del Cristo, con una sorta di canto liturgico che incita, appunto, a lodare l’uomo non in quanto figlio di un Dio, ma di un altro uomo (“no, non posso pensarti figlio di Dio, ma figlio dell’uomo, fratello anche mio”).
Come si legge anche dal programma di sala, il progetto teatrale che ha dato vita a questo lavoro ha dovuto necessariamente mettere in comunicazione linguaggi diversi, a partire da quello musicale per arrivare a quello teatrale; pertanto, è costituito da elementi piuttosto eterogenei, che andiamo a presentare. L’anima musicale è sostenuta dai musicisti Alfonso Calandra (chitarra e voce), Enzo Donnarumma (chitarra e voce), Isabella Marmo (flauto traverso e voce), Raffaele Pica (piano/tastiere e voce), Teresa Tedesco (canto e recitazione). L’anima teatrale è affidata agli attori Livio Cuccurullo, Rosaria De Angelis, Teresa Oliva e Francesco Pellizzari tutti provenienti dal gruppo teatrale “Teatro stabile La Locandina” di Pagani (SA). La scenografia è stata interamente curata dal designer Roberto Monte che, insieme a Francesco Pellizzari ma con un sostanziale contributo di ogni artista del gruppo, ne ha curato anche la regia. Preziosissimo il contributo dei tecnici Rosario Brodetto, Renato Giordano, del Service Audio e Luci di Alfonso Pandolfi e l’assemblaggio video di Antonio Veneziano. Il pubblico ha seguito la narrazione in religioso silenzio, quasi avesse paura di contaminare la magia che si era creata grazie all’esibizione del gruppo che ha sapientemente “scandito” parole, suoni, musica, silenzi, movimenti e ha regalato emozioni in nome dell’essenzialità dell’opera e del luogo suggestivo qual è il Battistero paleocristiano del complesso monumentale di Santa Maria Maggiore e, solo alla fine, ha applaudito e si è alzato in piedi per ringraziare gli artisti. Se “Cristo si è fermato ad Eboli” noi, l’abbiamo “ritrovato” l’altra sera al Battistero Paleocristiano.