“Concordo pienamente con gli attori americani in sciopero”, dice Carlo Verdone rispondendo a una domanda dei giovani del Giffoni Film Festival. “L’intelligenza artificiale è la morte del cinema d’autore. Figuratevi se io accetterei di cedere la mia immagine per comparire in un film con la faccia ringiovanita come quando avevo 38 anni. E attenzione agli algoritmi che pretendono addirittura di definire il finale di un’opera, non è giusto, è una paraculata per avere scelte che aggancino i gusti della massa”. Verdone cita Godard, quando disse “addio al linguaggio dell’autore”. “Certe tendenze equivalgono a decretare la morte degli autori, è sacrosanto uno sciopero che chiede di mettere dei paletti. Se nel nostro lavoro devono intervenire algoritmi e intelligenza artificiale è la fine del cinema, dell’arte, delle serie tv, di tutto”, conclude.
Ai giovani giurati che lo applaudono, Verdone ricorda di non smettere mai di sognare e confessa il suo sogno dell’età matura. “Vorrei fare una cosa diversa nel mio lavoro, anche rischiando di avere poco successo. Ma potrei dire di aver mostrato un altro pezzo della mia anima, che il pubblico non conosce”. A Giffoni Verdone presenta, con i coprotagonisti Sangiovanni e Ludovica Martino, la seconda stagione della serie Vita da Carlo, in esclusiva dal 15 settembre su Paramount+. “I miei due libri ad esempio mi rappresentano molto meglio dei film, dove mostro solo una parte di me. Rappresentare me stesso in Vita da Carlo probabilmente è stato un atto di coraggio, ma poi perché devo nascondere le mie fragilità? Non ho nulla di cui di cui vergognarmi, sono ansioso, sono debole… se fa ridere sono anche disposto a vendere queste mie defaillances”, sorride il regista. “Ma almeno è un modo per essere vero. Più passa il tempo più cerco di essere me stesso, si diventa ridicoli se insisti con i personaggi di una volta”.