Maria Langella detta ‘ nanonna e i Paganesi antieroi della Prima Guerra Mondiale
Ieri Marcello Sforza mi ha dato l’onore di leggere in anteprima le bozze di un suo libro che è la risultante di studi lunghi e appassionati sulla Grande Guerra.
E’ un testo molto interessante che sollecita molteplici riflessioni di varia natura. Quello che riveste un’importanza specifica per la comunità paganese è, a mio modesto parere, il “recupero” memoriale dei caduti paganesi nel conflitto che Benedetto XV definì ,con parole quanto mai attuali, un’inutile strage..
Sapevo che avrei trovato notizie di un prozio, Enrico Pepe, ultimo fratello di Francesco , mio nonno paterno.
Nei racconti di mia zia Alfonsina, sua sorella maggiore, la storia di Enrico, nato nel 1898 e morto in guerra nel 1917 era costruita intorno alla madre, Maria Langella, chiamata nanonna dai nipoti , con il raddoppiamento affettivo della sillaba iniziale.
Nannonna e anche zizìa, come in portoghese titìa.
Questa cosa del raddoppiamento in portoghese la scoprii leggendo “ Il resto di niente” di Enzo Striano, un romanzo storico sulla Rivoluzione Napoletana, attraverso la figura di Eleonora Fonseca Pimentel, non so se c’entri, ma credo di sì.
MI colpiva nella narrazione di Zia Alfonsina il fatto che non mi parlasse del fratello partito a 19 anni e mai più tornato dalla guerra. Mai una descrizione fisica, mai una notazione del carattere, nulla.
Solo il racconto della notizia del suo ferimento e del ricovero in un ospedale militare a Cormons.
Cormons, un nome che mi risuonava “cattivo”, non sapevo dove fosse, solo che era lontanissimo.
La madre anziana, che mai si era mossa da Pagani , prese il treno e andò a Cormons.
Non so se trovò il figlio ancora vivo, ma tornò da sola.
Del giovane Enrico rimane una medaglia di bronzo con un nastrino tricolore che conservo in una teca con qualche altro “cimelio” del passato.
Reca una scritta sul recto “ Coniata nel bronzo nemico” e nel verso “ Per l’Unità d’Italia 1918”
Ora , io di questo prozio non sapevo altro che questo. Grazie al lavoro di Marcello so di più.
So che era alto un metro e 63 ( altezza media per i soldati paganesi che risultano bassini, male in arnese e soprattutto analfabeti nella quasi totalità), aveva i capelli lisci e castani come i suoi occhi, il colorito pallido, la dentatura sana e sapeva leggere e scrivere.
Marcello ha fatto un grande lavoro, esiste ora in controluce una immagine di Pagani e dei suoi giovanissimi abitanti, all’epoca regnicoli, che può darci una visione prospettica dell’attuale perdurante arretratezza : una Spoon River locale fatta di povertà e bisogno, di morti in una guerra in cui, per usare le parole dell’autore, “non volevano essere eroi e non lo sono stati”